Silvia Mariotti – Dawn on a dark sublime
Il titolo è un riferimento al ricordo, al rammentare, al fare luce attraverso la ricerca artistica su un soggetto notturno.
Comunicato stampa
Il progetto DAWN ON A DARK SUBLIME dell’artista Silvia Mariotti indaga un fenomeno naturale straordinario, che si contraddistingue per una forte connotazione storica – l’artista ha scelto infatti di fotografare le foibe: caverne verticali, abissi, grandi inghiottitoi dell’Istria e del Carso. Le FOIBE sono un soggetto controverso sia nel dibattito pubblico e sia nella mostra personale di SILVIA MARIOTTI in cui nozioni sublimi sulla natura si intrecciano al pensiero storico. Fotografie, video, sculture e installazioni sonore trasmettono al visitatore un duplice sublime terrore: la magnificenza della natura raffigurata che agisce sulla percezione, ma che implica anche risvolti storici. Il titolo è un riferimento al ricordo, al rammentare, al fare luce attraverso la ricerca artistica su un soggetto notturno - infatti DAWN è l’alba che gradualmente conduce alla luce.
Si tratta di un lavoro inedito, per la prima volta presentato negli spazi della Galleria A plus A, costituito da quindici opere, tra sculture, fotografie, video e installazioni sonore, risultato dello studio che da oltre due anni SILVIA MARIOTTI sta conducendo su questo argomento. Opere che l’artista ha sviluppato direttamente sul territorio andando alla ricerca di grotte abbandonate da decenni e note solo alle popolazioni locali.
Illustri predecessori hanno tentato delle imprese analoghe, FELIX NADAR è stato il primo a spingersi nel 1861 con una fotocamera nel sottosuolo di Parigi, anticipando i suoi colleghi con la sua iniziativa di scattare fotografie nella rete fognaria e nelle catacombe di una grande metropoli. Per la prima volta veniva attribuito all’obiettivo la capacità di effettuare scoperte, era nata l’arte della fotografia e il progetto fotografico e scultoreo di Silvia Mariotti è proprio come l’impresa di Nadar – una sublime scoperta.
Le FOIBE sono diventate negli ultimi decenni un simbolo della storia più recente DELL’ITALIA E DELL’ISTRIA. Come il vaso di pandora, queste grotte sembrano contenere per l’immaginario collettivo tutti i mali del ventesimo secolo. Esse sono diventate il catalizzatore dell’odio etnico, di crimini di guerra contro gli italiani e contro la popolazione locale, dell’esperienza dell’esilio e del grande trauma della nazione creatosi tra due guerre mondiali. Ma queste caverne sono anche fenomeni naturali. Le foibe non parlano soltanto della storia europea del 20esimo secolo, ma di una natura e una geologia millenaria e di tutta una serie di suggestioni letterarie, psicologiche, teologiche, mitologiche ed estetiche.
JULES VERNE, per esempio, visitando la cittadina istriana di Pisino e il fiume Foiba che scorre a valle, ha immaginato una realtà parallela all’interno della cavità terrestre, in cui i protagonisti del suo famoso romanzo d’avventura Viaggio al centro della terra scoprono al centro del pianeta un mondo in cui esistono mari sotterranei e irradiazioni elettriche, quasi appartenessero alla preistoria o universi alieni.
La mostra di SILVIA MARIOTTI, non è solamente una rivisitazione della storia recente, ma vuole essere anche una rivelazione di un fenomeno naturale unico nel suo genere. Nell’opera dell’artista italiana tutte queste accezioni si manifestano agli occhi del visitatore che apprende a destreggiarsi con una molteplicità di livelli di lettura capaci di aprire a interpretazioni e ad ampliare gli orizzonti spesso limitati dai traumi storici. Le opere in mostra richiedono soprattutto uno sguardo e un ricordo individuale del visitatore, poiché la dimensione del ricordo è qualcosa che riguarda soprattutto l’individuo. È proprio questa la magia del SUBLIME: nonostante riguardi una sfera INTIMA ha la forza di aprire l’accesso a una dimensione più autentica della natura e della storia.
SILVIA MARIOTTI è nata a Fano nel 1980, vive e lavora a Milano. Utilizza principalmente la fotografia per interrogare l’habitat che ci circonda, individuando i nessi esistenti tra ciò che è artificiale e naturale. L’occhio fotomeccanico si sofferma su atmosfere sfuggenti, elementi anomali o situazioni enigmatiche; si sforza di isolare lo sguardo dal clamore della vita, ostinandosi a rallentare il ritmo sincopato per afferrare quelle schegge che – se prese singolarmente – costituiscono la trama dell’esistenza, costellata da desideri e nostalgie, equilibri e antinomie, luci e ombre. In tutte le opere, Silvia Mariotti cerca di fare esperienza dei luoghi e delle persone per meglio riflettere sulla situazione ambientale e sociale in cui viviamo.
La mostra è cura di Aurora Fonda e Sandro Pignotti, e l'accompagna un catalogo con testi critici di Paolo Fonda, Rebecca Moccia, Sandro Pignotti e Marta Verginella e rimarrà aperta fino al giorno del ricordo il 10 febbraio 2016.
Dopo la mostra a Venezia, nella primavera 2016, Silvia Mariotti realizzerà un progetto per Villa Manin di Passariano estendendo la sua ricerca agli eventi della Prima Guerra Mondiale.