Arina Endo & Gianluca Malgeri – Homo Ludens
Magazzino annuncia la mostra frutto della collaborazione tra l’artista giapponese Arina Endo (1983, vive e lavora tra Firenze e Berlino) e Gianluca Malgeri (1974, vive e lavora tra Firenze e Berlino). Per la sua terza mostra personale in galleria, Malgeri ha infatti deciso di invitare Endo per realizzare un progetto a quattro mani.
Comunicato stampa
E’ con grande piacere che Magazzino annuncia la mostra frutto della collaborazione tra l’artista giapponese Arina Endo (1983, vive e lavora tra Firenze e Berlino) e Gianluca Malgeri (1974, vive e lavora tra Firenze e Berlino). Per la sua terza mostra personale in galleria, Malgeri ha infatti deciso di invitare Endo per realizzare un progetto a quattro mani. La collaborazione tra i due artisti è già sfociata, nel 2015, nella mostra Edge of Chaos in cui Endo e Malgeri hanno esposto per la prima volta le sculture della serie Expelled from Paradise, ispirate alla ‘città dei balocchi’, e prosegue in quest’occasione con la presentazione di un progetto di mostra ispirato alla rilettura del Pinocchio da parte di Carmelo Bene, e alla metafora “dell’eroico rifiuto alla crescita”.
L‘idea di “città dei balocchi” collegata alla storia di Pinocchio, nasce a Berlino da riflessioni generate dall’osservazione della città stessa, luogo in cui si può scordare il senso della crescita e allontanarsi dall’ordine sociale. Ovviamente si tratta di una visione fuorviante legata a un’utopia – la città dei balocchi non può che essere un luogo mentale; la serie Expelled from Paradise esposta a Venezia quest’anno è proprio lo sviluppo di questa idea e si accosta alla ricerca – materiale e metaforica – sul luogo da gioco.
Il “monito a decrescere”, come definiva Carmelo Bene la “situazione Pinocchio”, si configura nel lavoro di Malgeri ed Endo in una meticolosa e articolata costruzione. Homo Ludens è anche citazione dell’omonimo trattato di Huizinga, in cui si definisce il gioco necessario fondamento dell’organizzazione sociale e della civiltà. Attraverso il gioco, comune anche al regno animale, l’uomo passa dalla fase naturale e istintiva, a quella culturale. La storia di Pinocchio dimostra in qualche modo il senso di questo cambiamento, la consapevolezza delle regole legata alla crescita e, di contro, “il grande sogno infantile, la ribellione e la fuga” (Manganelli). Il rispetto delle esigenze sociali è la chiave della conversione di Pinocchio al ragazzo per bene; “il venir meno al naso, è l’attimo del consegnarsi definitivamente all’obbedienza” (Bene).
La ricerca dei due artisti si articola in una visione tanto grandiosa quanto intimista: è la metafora di un’innocenza messa da parte nella ricerca/imposizione dello “stare al mondo”, che prevede l’attenersi alle convenzioni sociali, e allo stesso tempo, il rifiuto di una condizione adulta, di una “…crescita insensata, civile e disumana”. E dunque la “città dei balocchi” diventa luogo interiore, dove rinunciare per sempre alla maturità e alla regola imposta; allo stesso tempo “Pinocchio” ci appare come enorme contenitore di una città fantastica, burattino che diventa gioco, un quasi-monumento all’innocenza, all’irriverenza e anarchia intrinseca nell’atto creativo.
Gianluca Malgeri (Reggio Calabria 1974, vive e lavora tra Berlino e Firenze). Nel suo lavoro attua spesso una archeografia, ovvero riscrive alcune immagini fondamentali della nostra cultura reinserendole in un contesto di suggestioni spurie: il mito di Apollo e Dafne che si trasforma in una sala di trofei di caccia; la supposta relazione clandestina tra il sultano Abdul Aziz ed Eugenia di Montijo speculata nelle architetture Ottomane; i relitti di stufe trasformati in anfore e torri orientali che sembrano riemergere da uno strano passato. Tra le mostre personali, ricordiamo quelle da Magazzino (2007, 2011), alla galleria GaleriArtist di Istanbul (2011, 2012), Apollo and Daphne (2009, white rabbit, Berlino) mentre tra le collettive Edge of Chaos (2015, Casa Donati, Venezia) ItAliens (2009, Ambasciata Italiana in Germania), The Naturalists (2013, Castelluccio di Pienza, a cura di Peter Benson Miller).
Arina Endo (Hyogo, Giappone 1983, vive e lavora tra Berlino e Firenze). Dopo essersi diplomata al Dipartimento di Architettura e Design dell’Istituto per la Tecnologia di Kyoto, si trasferisce a Firenze dove si specializza in arti grafiche alla scuola internazionale Il Bisonte e frequenta l’Accademia di Belle Arti. La produzione di Arina Endo è caratterizzata da una meticolosa attenzione al dettaglio, da uno sguardo volto alle forme, ai pattern, e alle geometrie della natura, riprodotte con meticolosa diligenza tecnica, e con la raffinata e sobria eleganza propria dell’estetica giapponese. Ha esposto il suo lavoro in Italia, India, Turchia e Germania.