Jacek Ludwig Scarso – Little Man Saga
Jacek Ludwig Scarso costruisce la sua Saga narrando alcune vicende che avvengono nell’universo coerente dei suoi piccoli uomini, uomini comuni.
Comunicato stampa
“Every man wants to be a macho macho man
to have the kind of body, always in demand
Jogging in the mornings, go man go
works out in the health spa, muscles glow
You can best believe that, he's a macho man
ready to get down with, anyone he can”
Village People - Macho man
Macho-macho man, I wanna be a macho man.. è un ritornello che risuona conosciuto alle nostre orecchie e appartiene all’ironica canzone dei Village People di fine anni settanta, ancora oggi attuale. Spesso il termine macho ci viene proposto in maniera accattivante e sarcastica per indicare l’uomo virile, atletico e forte, così com’è nell’immaginario collettivo che la società ci propina descrivendolo come un moderno Dio mitologico.
Ebbene, Little Man Saga sfida in maniera ammiccante questo immaginario collettivo, riportando gli Dei in terra ed esaltandone l’ambiguità. Jacek Ludwig Scarso costruisce la sua Saga narrando alcune vicende che avvengono nell’universo coerente dei suoi piccoli uomini, uomini comuni. I suoi little men affrontano le loro vicissitudini all’interno della cornice del quadro, nei limiti temporali della narrazione video e nello spazio fisico di un’installazione. Talvolta sono angeli, ma non santi, come nella serie The Guardians, sono atleti, ma vulnerabili, come li possiamo ammirare nel ciclo The Macho Messiah, sono ragazzi con aspirazioni di onnipotenza disattese come nell’intenso video Julius oppure impiegati un po’ incasinati e reticenti, quasi dei moderni Bartleby, nel progetto Little Man Saga, che dà anche il titolo alla mostra. Vulnerabili dunque, a volte sprovveduti.
Un’esposizione inconsueta per visione stilistica e culturale che affronta la tematica del super-uomo con un taglio che predilige la potenza evocativa dell’immagine. Strutturata tra foto, video e installazioni, Little man Saga è un documento umano, una mostra pungente che è una polemica audace, sferzante e abilmente giocosa con cui si mette in discussione quella particolare visione che barrica gli uomini dietro l’immobile paravento di una definizione.
In questo scenario l’artista agisce come un vero e proprio direttore artistico, qual è nella vita, accompagnando la recitazione degli attori lungo tutta la sua produzione. Lo spazio scenico è privo di orpelli, tutto si realizza attraverso un abile gioco di luci e di chiaro/scuri quasi caravaggeschi, a conferire ai lavori, statici o in movimento, un’atmosfera surreale.
Jacek dirige una scena che si svolge all’interno della galleria, la trasforma, la canalizza in un dialogo continuo e dinamico con lo spettatore. Si fa custode e narratore allo stesso tempo, con la scrittura traccia un canovaccio indelebile sulle opere, ma, come succede a teatro, il pubblico diventa platea avocando a sé l'opportunità della scelta.
Un flusso ininterrotto di sensazioni, un impianto narrativo coerente, domande volutamente sospese, metafore e simbolismi sapientemente equilibrati sono i super-poteri che l’artista possiede per far entrare il visitatore nel suo universo immaginario ricco di emozioni, ideali e spiritualità.
(Testo di Gaia Conti)