Luca Barbiero – Resurgam
Protagoniste della prima mostra persona-le di Luca Barbiero [Varese, 1991] in uno spazio museale sono due sculture in mar-mo, esemplificative della specificità di un linguaggio con cui l’autore traduce la sua ricerca plastica.
Comunicato stampa
Protagoniste della prima mostra persona-le di Luca Barbiero [Varese, 1991] in uno spazio museale sono due sculture in mar-mo, esemplificative della specificità di un linguaggio con cui l’autore traduce la sua ricerca plastica.
Nelle mani di Barbiero, il marmo (mate-riale che tradizionalmente si potrebbe considerare come “imposto” a uno sculto-re) fonde due principi essenziali: la rap-presentazione in forma “monumentale” di un oggetto comune e lo strumento, asser-tivo e limpido nella sua traduzione, del-l’ironia che interviene alterando lo status quo delle cose, per sovvertirne ordine e significato ma anche per estenderne l’in-terpretazione.
L’abilità nello scolpire è immediatamente deducibile dalla precisa restituzione di porzioni ed elementi di realtà che instil-lano nell’oggetto-scultura quel suo gra-diente “monumentale”, acquisendo un’au-ra di sacralità definita dall’idea stessa di scultura. Barbiero non riproduce stanca-mente modelli preesistenti, cerca bensì di impegnare la sua opera a farsi tramite di riflessioni e considerazioni che superino l’identità delle “cose”; agendo per sottili metafore (attraverso quello schietto atteg-giamento ironico che non è vuoto diver-tissement) Barbiero erode la parvenza di immagini che conosciamo già. La stra-vaganza, l’impossibile, l’inusuale trasbor-dano un senso ora maturo e pronto per aprire lo sguardo a riflessioni che non trascurano i valori etici ed estetici asso-ciati all’uomo, alla filosofia, alla bellezza…
Post fata resurgam è una benna, quella comunemente montata sugli escavatori, che viene riproposta in marmo e in scala reale. Nel titolo dell’opera (traducibile in “risorgerò alla fine dei tempi”) annotiamo quel pensiero che l’oggetto ci aveva già parzialmente introdotto e suggerito: il tema della buca-fossa, il loculo estremo dove le nostre spoglie mortali attendono quell’ineffabile vita dopo la morte. L’azio-ne, connotante l’attrezzo da cantiere edile, porta inevitabilmente l’idea dello “scavare una buca” ad estendere la propria visione a un evento simbolico.
In relazione alla benna troviamo l’opera Tam Tam, un tavolo da gioco perfetta-mente funzionante, sempre in marmo, che riproduce le forme di una bara. Impe-gnando un unico giocatore alla volta, Tam Tam è una partita che si gioca con la Morte. Di fatto, l’opera ci ricorda che sia-mo soli davanti all’imperscrutabile desti-no che ci attende.
Entrambe le sculture di Barbiero ci obbli-gano a una presa di coscienza e a una con-sapevolezza di un'esistenza dopo la morte, come suggerito nel Vangelo di Matteo. Nella metafora della buca/bara, l’artista non intende sotterrare le nostre speranze, ci aiuta semmai a elaborare pensieri che cerchiamo di allontanare e rimuovere dal-la nostra esperienza quotidiana.
Gli eventi ultramondani si insinuano allo-ra in questi oggetti che non rimangano semplici ritratti di un qualcosa congelato nella pietra: nei suoi soggetti Barbiero cerca di esorcizzare quel mandamento che appartiene alla dimensione accademica-mente scultorea, affinché un sapere an-tico possa ri-modulare la propria attuali-tà.