Buone prospettive2
Il Goethe-Institut Mailand e l’Institut français Milano presentano insieme Buone prospettive² – giovane fotografia tedesca e francese, alla sua seconda edizione.
Comunicato stampa
Il Goethe-Institut Mailand e l’Institut français Milano presentano insieme Buone prospettive² - giovane fotografia tedesca e francese, alla sua seconda edizione. L’evento è dedicato ai vincitori di due concorsi fotografici nazionali, gute aussichten 2015/2016 e Regards sans Limites. L’edizione è curata da gute aussichten – junge deutsche fototgrafie e da CCAM - Centre Culturel André Malraux, Scène Nationale di Vandoeuvre.
Dal 22 gennaio al 25 febbraio 2016, Galleria Institut français Milano, corso Magenta 63. Inaugurazione giovedì 21 gennaio.
Gli artisti esordienti sono: per la Germania Aras Götken, Lars Hübner, Felix Hüffelmann, Kyung-Nyu Hyun, Kolja Linowitzki, Jewgeni Roppel, Gregor Schmidt, Kamil Sobolewski e Maja Wirkus; mentre per la Francia Mike Bourscheid, Delphine Gatinois, Guillaume Greff e Sylvie Guillaume per la seconda edizione, e Collectif Caravane, Oliver Clément, Amandine Turri Hoelken e Émilie Vialet in anteprima per la terza edizione del concorso.
gute aussichten – junge deutsche fotografie (buone prospettive -giovane fotografia tedesca), è stato fondato nel 2004 da Josefine Raab e Stefan Becht, Neustadt - Germania. Al 12esimo anno dalla sua fondazione ha raggiunto una vasta gamma contenutistica, estetica e formale. Una sorprendente varietà di idee, riflessioni, strategie fotografiche, realizzazioni mediali, che ben descrive lo status quo dell’attuale giovane fotografia in Germania. 9 i vincitori tra i 104 partecipanti al concorso provenienti da 36 importanti istituzioni accademiche e tecniche. I loro lavori sono già esposti in anteprima al Museo della Città di Dresda e arriveranno direttamente a Milano, per poi fare tappa prima in Svizzera e poi a Mexico City in mostre dedicate. Una giuria composta da personaggi di spicco del mondo dell’arte, della cultura e dei media, ha scelto i migliori portfolio per presentarli in iniziative e mostre nazionali e internazionali.
Regards sans Limites / Blicke ohne Grenzen (sguardi senza limiti), la borsa di studio, alla sua terza edizione, a sostegno di giovani fotografi della Grande Région - la Grande Regione Transfrontaliera, l’area geografico-culturale formata da Renania-Palatinato, Saar (Germania), Lorena (Francia), Vallonia (Belgio) e Gran Ducato di Lussemburgo. Quattro sono di volta in volta i giovani vincitori che vengono selezionati tra i circa 50 partecipanti al concorso. A Milano per la prima volta verranno presentate le opere di Guillaume Greff e Sylvie Guillaume per l’edizione 2012 e le opere di Oliver Clément e Émilie Vialet in digitale per l’edizione 2014, insieme a quelle dei colleghi dalla Germania. Regards sans Limites è organizzato dalla Saarländisches Kunstlerhaus Saarbrucken e.V., lo Stadtmuseum Kaiserslautern, CNA – Centre National de l’Audiovisuel (Dudelange) e la Galerie Robert Doisneau du CCAM – Scène nationale de Vandoeuvre In partenariato con l’ACB - Scène nationale de Bar-Le-Duc e il Goethe-Institut Nancy. Sostegno finanziario : Région Lorraine — Ministère de la Culture et de la Communication, DRAC Lorraine — Ministère de l’Éducation, de la Science et la Culture du Land de Rhénanie-Palatinat — Ministère de l’Éducation et de la Culture du Land de la Sarre — Ministère de la Culture du Grand-Duché de Luxembourg.
GIOVANE FOTOGRAFIA TEDESCA
Quo vadis, pianeta? – riflessione e utopia. Migrazioni, cambiamento climatico, globalizzazione, crescita demografica ed equa distribuzione delle risorse, sfruttamento delle risorse ed equilibri geopolitici. La direzione del nostro “percorso di viaggio” è tutt’altro che lineare e prevedibile. Il motivo di sottofondo sul quale si sono mossi i lavori dei fotografi premiati da gute aussichten. Melodie polifone dalle quali è risultato un concerto con diramazioni individuali in risposta alla domanda: come si va avanti, mondo? Al famoso topos phanta rei, i fotografi hanno risposto con le loro riflessioni e i loro lavori, tra di loro le opere di:
Kyung-Nyu Hyun (Kunsthochschule für Medien, Köln) “Nahrungsaufnahme” un gioco di parole tra “scatti fotografici sul cibo” e “assunzione di cibo”, 812 foto. Un quadro divertente quanto preoccupante. Per un anno intero, giorno per giorno, la fotografa ha documentato con il cellulare la propria alimentazione, fotografando in modo sistematico i cibi in tavola. Ne è nato come per gioco un diario visuale da leggersi come uno psicogramma della consumatrice, che rivela nel dettaglio le sue abitudini e i luoghi da lei frequentati. Al di là del divertimento superficiale delle foto postate su Facebook & Co, ci si ritrova all’interno di una osservazione socioculturale sui rituali della società digitale, la cui vita reale sempre più si sposta in un’orbita del tutto virtuale. Piatti gustosi degenerano infatti in Nahrungsaufnahmen, altrettanto sfuggenti come la produzione e il consumo di foto… tutto disponibile in un unico clic.
Kolja Linowitzki (Universität der Künste, Berlin) “Digits of Light” un nuovo territorio di esplorazione, la ricerca di una “immagine” nuova. Il fotografo sperimentando con la luce e nuovi materiali fotografici, sviluppa mezzi di produzione propri: un’apparecchiatura che genera immagini fabbricata dall’insieme di un ingranditore adattato, uno smartphone e una piattaforma girevole automatica. Il risultato: da una esposizione di luce prolungata per ore sono sorte variazioni nella camera oscura della luce digitale su carta fotografica analogica la cui ricchezza di forme sfumate apre a un universo dell’immagine completamente nuovo, ogni soggetto è un unicum.
Gregor Schmidt (HTW, Hochschule für Technik und Wirtschaft, Berlin) “Waiting for Qatar”, l’Emirato del Qatar guarda in avanti, a un futuro splendente. La sua abilità lo ha reso monarca assoluto del paese e vuole far partecipe anche il suo popolo della propria lungimirante visione delle benedizioni della Modernità. Lo stato del Golfo, che con l’assegnazione dei mondiali di calcio 2020 ha versato svariati milioni di dollari alla FIFA, e che è sospettato di finanziare con i proventi del petrolio i commando terroristici, nella sua “Visione 2030” vuole essere moderno e sociale: da uno stato petrolifero governato in modo autoritario a una società della conoscenza e del sapere. Il fotografo ha viaggiato per il paese e le sue foto parlano di potere e ambizione, della predilezione degli arabi per i cavalli e per tutto ciò che conferisce prestigio, ma anche di lavoratori immigrati e parate militari in grande stile.
Kamil Sobolewski (Ostkreuzschule für Fotografie, Berlin) “Rattenkönig” (il re dei ratti), alla ricerca dei suoi soggetti il fotografo si cimenta in un viaggio attraverso il suo io interiore, anche se non poche delle sue foto sono state scattate al di fuori. I motivi in bianco e nero, di piccolo formato, mostrano una serie metamorfica di stati del sentimento e della coscienza. Da queste foto cariche di energia e afflato esistenziale risulta un miscuglio di caparbietà, rassegnazione, aggressione, lotta, delicatezza, che ricorda film come come “De rouille et d’os” del francese Jacques Audiard. La lotta delle sue figure per cercare di gestire se stessi e la propria vita.
Maja Wirkus (Kunsthochschule, Kassel) con “Praesens II Präsens” ci conduce in un paesaggio astratto. L’interesse fotografico dell’artista si rivolge allo spazio come prodotto architettonico. Come e in che condizioni si genera lo spazio, come lo si può tradurre in immagine fotografica? Il materiale di partenza della sua serie fotografica è costituito da fotografie proprie e da materiale di archivio sul Modernismo polacco. Da questa combinazione risultano collage di forme frammentate e stratificate, scomposte ed estratte. A questi “frattali”, stampati su pergamena, si sovrappongono e si integrano oggetti nello spazio. Fragilità, trasformazione e fugacità dei materiali fotografici, rispecchiano il processo di costante cambiamento di valori nel quale ci coinvolge la fotografa. Di conseguenza ciò che viene definito con “Praesens II Präsens”, diventa nello stadio successivo un imperfetto.
GIOVANE FOTOGRAFIA FRANCESE
Guillaume Greff, nato nella Lorena, vive a Parigi. Con „Rhin“ il fotografo ha scelto un approccio documentaristico, ha seguito per tutti i suoi 1300 km il corso del Reno, dalle sorgenti nei Grigioni alla foce nel mare del Nord. Ma anziché documentare lo scorrere del fiume, gli ha voltato le spalle e si è dedicato a ciò che lo incornicia: le coste, le cittadine, il paesaggio. Nel continuo scorrere il fiume forma e informa di sé ogni cosa, e sono proprio queste le tracce che il fotografo ritrae nei suoi scatti, alla ricerca dello “spirito” del Reno, delle sue tradizioni, influenze, culture che si sono generate e vivono al suo fianco. “Il Reno è un fiume di cui tutti scrivono, ma che rimane inesplorato, che tutto il mondo visita e nessuno conosce, di cui si prende nota di passaggio e che si dimentica in fretta, su cui si posa lo sguardo ma che non entra nell’anima…”. L’unità stilistica di questo progetto fa da contrappeso alla frammentarietà geografica di questo fiume.
Sylvie Guillaume, originaria della Saar, vive a Nancy. “Restes à venir”, simile a un diario nel quale realtà e fantasia coesistono una accanto all’altra, descrive un percorso attraverso i ricordi d’infanzia. “Che cosa ne è dei luoghi noti e familiari alla mia infanzia? Della “realtà” dei miei ricordi?”. Dopo vent’anni la fotografa guarda indietro e mette a confronto la percezione dei luoghi e degli spazi del suo momento presente con i ricordi. Un’autobiografia dalla doppia cronologia che contiene presente e passato, una strana eco che trasforma immagini a volte poco appariscenti in strumenti della rimembranza. Persone, luoghi di ieri e di oggi, si mescolano in una nuova storia, una fiction dallo sguardo retrospettivo. La serie fotografica selezionata da Sylvie Guillaume sottolinea l’aspetto di frammentarietà e generalità dei ricordi.
Oliver Clèment, anch’egli originario della Saar, vive e lavora nella Mosella. Per produrre “Permanent present, chronicles from the french texas” viaggia attraverso quelle aree dell’est della Francia che alcuni politici francesi avevano soprannominato “French Texas” a seguito dello sviluppo industriale degli anni Sessanta. Il fotografo, ispirandosi alla filosofia di Walter Benjamin, la cui attenzione si rivolgeva al passato, a ciò che non ritorna, e secondo cui “è possibile decifrare la fisionomia della verità da isolati dettagli”, concentra il suo sguardo non tanto su edifici e strutture architettoniche, quanto piuttosto su frammenti e tessiture visuali, testimoni silenziosi di una passata utopia modernista. È un linguaggio per immagini in cui la documentazione del visibile si intreccia con un piano poetico-narrativo che trascende il soggetto.
Èmilie Vialet, francese di nascita, risiede e lavora in Alsazia Lorena. “The Eternal” dirige l’occhio dell’obiettivo al rapporto tra uomo e natura, alla contraddizione tra la volontà di domare e di dare forma alla natura e la nostalgia di una natura intonsa e primigenia. Anche là dove l’uomo ricostruisce artificialmente il paesaggio naturale, si manifesta il desiderio di delimitare, di addomesticare. I primi zoo sono nati in Europa e con loro le prime imitazioni in cemento della natura, ricostruzioni fedeli dell’ambiente selvaggio, senza tempo, geografia o stagioni, un dipinto vivente. L’intento della fotografa è cercare di analizzare i punti deboli e le fratture di queste imitazioni e di reinterpretarle in modo ambivalente, nel tentativo di decifrare il nostro complesso rapporto con la natura selvaggia e l’imitazione di essa.
Come i parchi e i giardini anche gli zoo sono momenti in cui si nasconde una sorta di proiezione dell’eternità. L’eternità di una natura duratura, ricopiata in modo indifferente. Gli animali sono sempre lì, anch’essi senza tempo: la natura perfetta.