Franco Fortunato – Luoghi e non-luoghi. Itinerari Immaginari
La Galleria della Tartaruga presenta per la prima volta l’artista Franco Fortunato in una sua mostra personale che si compone di ventiquattro dipinti ad olio e tempere dedicati ai “Luoghi e non-luoghi – Itinerari Immaginari” come impone il titolo della mostra voluto dall’autore stesso.
Comunicato stampa
La Galleria della Tartaruga presenta per la prima volta l’artista Franco Fortunato in una sua mostra personale che si compone di ventiquattro dipinti ad olio e tempere dedicati ai “Luoghi e non-luoghi – Itinerari Immaginari” come impone il titolo della mostra voluto dall’autore stesso.
La pittura di Fortunato è costruita sulla fuga dalla realtà e sulla poesia come fondamento.
Scrive infatti Massimo Duranti: “ Non è facile dare un senso razionale alla continua fuga (ammesso che sia tale) dal suo tempo e dal linguaggio, più che della poetica - quella non epidermicamente percepibile, certo – della pittura di Franco Fortunato. Forse ha ragione Jorge Luis Borges che in Metamorfosi della tartaruga, tratto da Altre inquisizioni, sentenzia che “L’arte vuole sempre irrealtà invisibili”; e allora è evidente che l’artista romano si “costringe” a rendere percepibili cose e situazioni che sono lontane dalla realtà, almeno da quella che conosciamo.”
E poi continua così: “In realtà, approfondendo il discorso, subentra il dato che appare il più cogente e reale nel dipingere di Fortunato: la poesia. Cogenza dichiarata, che appare opportuno dilatare senza indugio alla letteratura, sintetizzabile nel concetto di parola “alta”. Parla spesso infatti senza distinzione di Pasolini e di Calvino, di Gadda, Melville, Bukowski, Pessoa, Tabucchi, fino a Luzi e Caproni. E’ insomma un divoratore di parole che sono per lui le sole pulsioni forti del suo narrare per immagini pittoriche. Il legame stretto è dunque con i versi e i racconti, attraverso i quali torna – a suo dire – alla realtà in un percorso a ritroso. E la poesia, seppure parla di realtà visibili, come abbiamo visto, conduce a quelle invisibili, sognabili e fantasticabili.”
E concludendo: “Analizzando il linguaggio di Fortunato tuttavia, a un certo punto, si sente la necessità di approfondire maggiormente un discorso sulla maniera. Non tanto quella che tornò di moda negli anni Ottanta e che sconfinava nella pura citazione, alla quale l’artista romano non aderì, bensì la “sua maniera”. Uno stile che ha precisi canoni di linguaggio e di poetica: una curiosa combinazione di stili figurativi realisti, ispirati da un fantasticare che ripercorre anche strade linguistiche proprie di certo surrealismo e della tradizione secolare di pittura fantastica, supportati da un’abilità compositiva pittoricamente calligrafica, che gli viene da un talento innato coltivato autonomamente, il tutto giocato su una manciata di temi e motivi ricorrenti che a volte si mettono in sinergia.”