Roberto Giriolo – Era Vulgaris
“Era Vulgaris” è la prima ricca ed esaustiva personale dell’artista calabrese Roberto Giriolo.
Comunicato stampa
"Era Vulgaris" è la prima ricca ed esaustiva personale dell'artista calabrese Roberto Giriolo. La mostra, ideata e curata da Valentina Tebala, presenta più di trenta opere dell'omonimo ciclo dell'artista, mettendo in rilievo i concetti, le soluzioni e i linguaggi creativi che stanno alla base della sua indagine formale e della sua ricerca concettuale e comportamentale. Roberto Giriolo, nato come pittore e disegnatore, si serve di tecniche e media spesso molto differenti: dal collage e i classici strumenti pittorici al più disparato e curioso readymade, fino alle installazioni site specific, passando per le immagini della cultura di massa recuperate da giornali, pubblicità o cataloghi di moda. Ma punto fermo e centrale del suo lavoro è l’Uomo e l’habitat contemporaneo in cui vive, nell’Era vulgaris: “l’era della standardizzazione e della sterilizzazione culturale”.
Giriolo pone l’uomo al centro del suo destino, raccontandone le gesta e gli affanni che nel tempo lo hanno annichilito e reso quell’ominide evoluto, ma che pare regredire nelle attitudini al rango più meschino del volgo: quando egli giunge a sacrificare ogni responsabilità e dignità intellettuale, perdendo la libertà di pensiero, parole e azioni, in favore di una più comoda omologazione di massa. Così l’artista si serve della locuzione Era vulgaris – non da ultimo subendo il fascino del lemma latino, come ironico omaggio o commemorazione delle radici della civiltà occidentale – per esprimere l’aspirazione della sua ricerca alla denuncia netta e democratica di un Occidente capitalistico ingordo, di una globalizzazione nociva alle diversità culturali e ambientali, verso una riflessione libera e consapevole sulle contraddizioni della società odierna.
Un lavoro politico, finanche scomodo ed ingombrante, che nel panorama artistico italiano si inserisce in questo senso tra quelle piuttosto isolate ricerche impegnate in un ragionamento critico forte e incidente rispetto al contesto in cui si inserisce: il mondo contemporaneo e gli umani che lo abitano. Ricorrendo a pennellate e cromie esplosive ereditate da un certo Espressionismo e Graffitismo americano, e ai giochi di senso e parole sulle scie Dada e Pop, l’artista interpreta le grandi tele pittoriche o le tavole in legno, gli acquarelli o le stampe digitali, fino alle installazioni, al libro o ai prototipi d’artista.
L'ARTISTA
Roberto Giriolo, nato nel 1974 a Cataforìo (RC) dove attualmente vive e lavora, è un artista multidisciplinare, principalmente pittore e disegnatore. Le sue opere sono state esposte in Italia e in Europa, in occasioni di importanti eventi come: Arte e dintorni, Sezione Calabria della 54. Biennale d’Arte di Venezia, Villa G: Zerbi, RC (2011); Fuoriluogo, Galleria Technè Contemporary Art, RC (2012); Greguerias Mediterranea Opera 30, Università Mediterranea, RC (2012); De rerum natura, Galleria Monogramma, Roma (2012); Donne e resistenza, Museo della ‘ndrangheta, RC (2013); Fiart, VI ed. Fiera Internazionale d’Arte Contemporanea, Granada, Spagna (2015), e numerosi altri.
Scrive di lui la curatrice su SmallZine: "Le contraddizioni della società contemporanea, Giriolo le dichiara e le affronta a colpi di colore e a chiare lettere [...] integrando sulla tela parole o messaggi esplicativi-educativi intrisi di amara e dissacrante ironia, corredati da numerosi segni grafici e sagome in cui il nero – un non-colore che per l’artista è sinonimo di assoluta libertà espressiva – regna sovrano. [...] sopra di tutti, c’è evidentemente Jean-Michel Basquiat, il linguaggio immediato e polemico del Graffitismo e la cultura Underground, con un tocco di Pop. Sì, perché a fare capolino sulle tele – così come sulle tavole o i collages – di Giriolo, troviamo freccette, mappe, cartelli stradali, missili, pompe di benzina e altri oggetti di uso quotidiano, nonché il ripescaggio di personaggi e simboli moderni importanti e pop(olari) come Saddam Hussein o la Statua della libertà, alternata ai Bronzi di Riace, fino alla figura ricorrente del teschio [...] Un assemblaggio frenetico di colori e immagini che compongono e illustrano la civiltà vulgaris in una sintesi formale tuttavia equilibrata, suprema e drammatica".