Punti di vista: tre artiste giapponesi a confronto
Un percorso nell’arte contemporanea giapponese, a cui si uniscono contaminazioni tecniche ed espressive dovute ai contatti delle tre artiste con l’arte europea e in particolare con quella italiana.
Comunicato stampa
Dal 29 marzo all’11 aprile Simultanea Spazi d’Arte, realtà curatoriale ideata e diretta da Roberta Fiorini e Daniela Pronestì, ospita la mostra Punti di vista: tre artiste giapponesi a confronto. Le opere di Tsubasa Fukusaki, Mika Hoshi e Chihiro Taki invitano ad un percorso nell’arte contemporanea giapponese, a cui si uniscono contaminazioni tecniche ed espressive dovute ai contatti delle tre artiste con l’arte europea e in particolare con quella italiana. Diverse per stile e per formazione, Mika, Chihiro e Tsubasa hanno in comune un periodo di studio a Firenze che ha permesso loro di approfondire la conoscenza della pittura italiana. Il risultato di questa contaminazione tra culture sono opere che legano ad una visione tipicamente nipponica del mondo naturale e della figura umana una sensibilità pittorica e disegnativa che dialoga con i grandi esempi dell’arte occidentale.
Nei disegni di Tsubasa Fukusaki, giovane artista iscritta all’Accademia di Belle Arti di Firenze, il regno animale offre lo spunto per trascrivere in chiave fantastica il tema naturalistico. I suoi animali possono dirsi ibridi nati da strani esperimenti: conigli con le ali, orsi maculati come ghepardi, gatti vestiti come bambole da salotto. Combinazioni visionarie che nascondono dietro un sorriso velato d’ironia una riflessione sul rapporto tra naturale e artificiale nel nostro tempo: la tecnologia non si limita più solo a perfezionare la natura, ma addirittura a sostituirla, riproducendo artificialmente i suoi prodotti. E’ così che il mondo naturale, brutalmente sfruttato dall’uomo, perde la sua sacralità e divinizzazione. I dipinti di Miha Hoshi, realizzati su carta giapponese o su tela, evocano visioni e atmosfere ispirate ad un concetto ben radicato nella cultura nipponica, il “wabi sabi”. Un principio estetico secondo cui la bellezza non è ciò che permane nello spazio e nel tempo o ciò che risponde ad un’ideale di perfezione e d’immutabilità della forma come in Occidente, ma è una condizione inscritta nel naturale evolversi dei fenomeni naturali, nel passaggio del tempo e nei suoi effetti sull’uomo e sulla natura. Come spiega l’artista, il significato del “wabi sabi” è racchiuso nei fiori di ciliegio che raggiungono il massimo della loro bellezza al momento della piena fioritura, il quale però coincide anche con l’inizio della loro caduta. In altre parole, la bellezza si esprime non a prescindere ma in funzione della sua caducità, che la lega al tempo in un perenne alternarsi di morte e rinascita. Un concetto reso con immagini di straordinaria forza evocativa che vanno dal paesaggio naturale alla figura umana per comunicare un’idea di bellezza che si regge sulla complementarietà degli opposti: staticità e movimento, perfezione ed imperfezione, attimo ed eterno, ombra e luce. Un equilibrio raggiunto sia sul piano compositivo che su quello cromatico, spaziando dalla tempera grassa, tecnica appresa dall’artista durante i suoi studi fiorentini, alla foglia d’argento applicata su tela. Chihiro Taki, anche lei studentessa all’Accademia di Belle Arti di Firenze, espone un ciclo di disegni ispirati al mondo della natura e alcune installazioni realizzate in legno dipinto. Nelle opere disegnate, il soggetto si sviluppa senza soluzione di continuità da un foglio ad un altro per immortalare i movimenti di una figura che corre o di un insetto che vola. Una continuità che coinvolge anche lo spazio bianco del foglio, ponendolo come una dimensione generativa da cui nascono idea, azione e segno. Le opere sono accompagnate da un video che “anima” i disegni montandoli in successione veloce, proprio come i fotogrammi di un cartone animato (anime) giapponese. Per quanto riguarda le installazioni, si va dal recupero di un mobile d’epoca che l’artista ha trasformato in un piccolo “teatro” popolato di figure ad un’opera interattiva che riconosce la presenza dell’osservatore grazie alla presenza di un sensore.