Sonata a tre
Bernard Heidsieck (Parigi, 1922-2014), Jacques Spacagna (Parigi, 1936-1990), Jean Dupuy (Moulins, 1925): tre testimoni delle ultime utopie avanguardistiche, come sono state la Poesia Sonora, il Lettrismo, Fluxus.
Comunicato stampa
Bernard Heidsieck (Parigi, 1922-2014), Jacques Spacagna (Parigi, 1936-1990), Jean Dupuy (Moulins, 1925): tre testimoni delle ultime utopie avanguardistiche, come sono state la Poesia Sonora, il Lettrismo, Fluxus. Tre autori che hanno indagato il valore della parola nelle sue potenzialità implicite, quando questa ha perso il suo significato ed è rimasta come puro suono, scintilla musicale. Il loro intervento è contro il modernistico prevalere del testo scritto e stampato, per rivendicare orgogliosamente l'oralità e la ricerca fonetico-sonora quale recupero e rilancio del potere arcaico del verbo, a partire dalla grande tradizione omerica o aedica.
L'opera di Heidsieck richiama la sperimentazione del Futurismo (“Le parole in libertà” di Marinetti, “I rumori plastici” di Balla). Ma si spinge ancora più avanti: in poesia rompe alla lettera la lingua; nel collage mescola frammenti verbali e visivi. L'obiettivo è quello di creare un progetto poetico, aperto alle più diverse intenzioni linguistiche e performative. Nei nove lavori su carta presenti in mostra si intrecciano testi e bande magnetiche, tracciati grafici e microcircuiti: è la visualizzazione di una sonorità virtuale, di una strumentazione elettronica che dilata “Il potere della parola”. Spacagna cerca la dimensione prima e primaria di ogni espressione umana. Come faceva Isidore Isou, scompone la parola e separa le lettere tra di loro. Ma soprattutto riempie le sue opere di una fittissima trama di segni policromi. Sia nelle grandi tele che in quelle più piccole (basate su una stampa serigrafica) ricorre ad una grafia sub-letterale, che si rifà a lingue sconosciute, inventate, ancestrali. Dupuy, da buon esponente di Fluxus, fa regredire ogni oggetto e ogni azione all'infanzia del sapere. “L'importante è che le cose siano quelle che sono”: frasi semplici, riflessioni giocose, divertissement. Qui, lo sono le tavolette di legno con ciottoli e particelle sillabiche. Soprattutto lo sono il monitor di un vecchio televisore con sopra scritto “Video ergo sum” e The Heir, un manichino con occhio bendato posto davanti ad una tela con “frasi alla deriva”.
Tutti e tre gli artisti più che scrivere, compongono, come se le loro parole fossero pronte a generare letture, respiri, esperienze sonore. E non è un caso che la sera dell'inaugurazione il performer Mauro Dal Fior reciti uno dei poemi più noti di Heidsieck, Vaduz: un testo esilarante, dove la capitale di uno stato microscopico finisce per diventare il centro stesso del mondo.