Di pagina in pagina
La mostra raccoglie la ricerca “narrativa” condotta con il linguaggio della pittura, della scultura e della fotografia da quattordici artisti di diversa provenienza e sensibilità.
Comunicato stampa
Sabato 7 maggio 2016, alle ore 19.30, presso la Galleria SPAZIOSEI di Monopoli sarà inaugurata la collettiva “Di pagina in pagina”, a cura di Mina TARANTINO, con il patrocinio della Città di Monopoli.
La mostra raccoglie la ricerca “narrativa” condotta con il linguaggio della pittura, della scultura e della fotografia da quattordici artisti di diversa provenienza e sensibilità: Fabio BONANNI, Vito CAPONE, Antonio CICCHELLI, Michele DEPALMA, Mario DI CANDIA, Enzo GUARICCI, Giovanni JOB, Maria LAI, Luigi MASTROMAURO, Mauro A. MEZZINA, Pippo PATRUNO, Teresa POLLIDORI, Annamaria SUPPA, Franco TARANTINO consentiranno al visitatore di superare il ruolo di mero osservatore, sfogliando, toccando ed esplorando le pagine delle proprie opere.
Così scrive il critico d’arte Maria VINELLA nella presentazione per il catalogo: «Arte intesa come narrazione, racconto, testo poetico. Scrittura del reale e dell’illusorio, del fantastico e dell’onirico. Pagine visive in forma di libro d’artista, grafie creative, tavole parolibere, sculture da leggere, appunti di viaggio … Frasi-parole-segni-disegni ideati da artisti che scrivono con il colore, con la luce, con la materia, con la forma. Architetture, nature, visioni, invenzioni, alchimie, figure racchiuse simbolicamente nelle eccentriche pagine che diventano opere.
Come accade nella Moleskine di Fabio Bonanni che nell’opera “Il tempo colora” affianca a un dipinto a olio (un’immobile visione marina) la mitica agenda, i cui fogli diventano psicogeografie generate da una fitta trama di suggestioni grafiche che “misurano” il tempo. Antonio Cicchelli nell’installazione “Lo spazio della mente” costruisce mediante complessi disegni a graffito, cera, pastelli e china, ambienti immaginari e luoghi impossibili, strutture architettoniche inesatte, inadatte, inesistenti, contestualmente aperte e chiuse, da abitare con lo sguardo rivolto al futuro.
Il maestro Michele Depalma presenta opere pittoriche animate da un meditato astrattismo alimentato da una sottile vena lirica, a volte animata da rapide geometrie ed emozioni cromatiche. Tracce di una ricerca visiva rigorosa fatta di solida tradizione e innovativa sperimentazione. Sono un dolente omaggio alle problematiche dei migranti e ai loro tragici viaggi verso “l’altrove” le opere a tecnica mista su legno di Mario Di Candia che – tra rime poetiche, lacerti figurali, inserti lignei di recupero, pennellate corpose e trasparenze acquose – testimonia le memorie marine di “diari mai scritti”. Luigi Mastromauro con i lavori del ciclo “Lettere d’amore” propone scritture su carta trattata e dal sapore antico, rivitalizzato da giocose gocce di colore, tratteggi ombreggiati, bruciature sottili, disegni esili, fili che cuciono i ricordi.
Mauro Antonio Mezzina esegue tagli e fenditure per segnare abissi e vette nella materia scultorea (ferro zincato su legno nero) che definisce orizzonti, panorami, lontananze. Nei segni che affondano all’interno dei volumi e nelle saldature che intramano le superfici, lo scultore crea pagine di paesaggi indefiniti. Pippo Patruno, seguendo l’affermazione di Klee – secondo cui scrivere e disegnare sono atti fondamentalmente simili – coniuga in una acuta risoluzione concettuale il linguaggio scritto e la forma geometrica, la parola e il disegno, entrambi generati dal pensiero.
Carlo Simone con l’opera “Human Miracles” (tecnica mista con ingobbio ocraceo o caolinico) definisce una narrazione visionaria – in alcuni dettagli rammenta il Giardino delle delizie di Bosch – che si dispiega sovvertendo proporzioni anatomiche, innesti figurali, vertiginosi scenari. Parole e immagini si sposano felicemente nelle opere di Franco Tarantino che, muovendo dal terreno fecondo della Nuova Figurazione, esprime una pittura cromaticamente seducente e magica nelle soluzioni iconografiche. Come in questa occasione espositiva, dove l’allusione personale diventa messaggio universale.
E ancora, di pagina in pagina: i candidi ricami della carta scolpita dei libri d’artista di Vito Capone; le stupefacenti sculture-libro realizzate con materiali insoliti da Enzo Guaricci (come in “Codice dei codici”, ironicamente ricoperto da codici a barre); i ricchi appunti d’arte raccolti da Annamaria Suppa dal ’89 ad oggi. I preziosi libri visivi di Teresa Pollidori e di Giovanni Job, dove le pagine si snodano accogliendo lunghe scritture emotive. I meravigliosi quaderni d’artista ricoperti di tessuto e custoditi in scrigni di legno di Maria Lai.»