Barbara Salvucci – Ink
Barbara Salvucci presenta i suoi ultimi lavori al Museo Carlo Bilotti, Aranciera di Villa Borghese, in una mostra dal titolo “INK”.
Comunicato stampa
Barbara Salvucci presenta i suoi ultimi lavori al Museo Carlo Bilotti, Aranciera di Villa Borghese, in una mostra dal titolo “INK”.
Dopo la sua prima personale del 2002, presentata all’Accademia di Ungheria, dove ha esibito le sue trame in ferro di grandi dimensioni, l’artista romana ha proseguito la sua ricerca ampliandola nel trattare materie estremamente resistenti che rende malleabili grazie ad una particolare manipolazione. A questa seguono numerose altre personali e collettive nei più importanti musei e gallerie italiane e internazionali, che la portano a conseguire importanti premi e riconoscimenti e che la vedono partecipe anche alla 55 Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia al Padiglione Italia.
Nell’attuale mostra curata da Mariagrazia Tolomeo, l’artista affronta ancora il tema della trasformazione, presentando un’“isola di zinco”, magica nella sua potenza e resa leggerissima dalle trasparenze che la attraversano, quasi a inseguirne le venature. Sulle pareti del Museo Bilotti si liberano le forme realizzate a china. Come dice la curatrice Tolomeo: “Il gesto metodico, ossessivo, monastico, utilizzato dall’artista per arrivare a penetrare all’interno dei suoi materiali, è stato possibile attraverso un lavoro che è stato anche di alcuni artisti degli anni Settanta, dai quali si distanzia per una personale leggerezza e felicità delle forme. Barbara consegna alla materia il dono di rivelarci non solo il mistero del genere umano ma quello della creatività dell’universo”.
Infatti, il lavoro della Salvucci privilegia, insieme alla grandi trame di ferro sulle quali opera con una precisa tecnica manuale, anche le resine colorate, rendendole trasparenti. La resina diventa uno degli elementi primari con i quali realizza la maggior parte della sua produzione. Parallelamente alla scultura, esegue opere grafiche prevalentemente ad inchiostro di china su stoffa - che inserisce in cornice - ma libere di volteggiare sulla parete.
Sostanze lavorate con una grande maestria in modo da ottenere un armonioso equilibrio, a prova che la sua arte, come sostiene Tolomeo, procede con ostinazione a manipolare materiali resistenti per renderli “vivi” e senza peso.
Alcune citazioni dell’artista:
Filo di ferro (dal 1998)
Le sculture di filo di ferro si curvano quasi a negare la sostanza della materia con cui sono state realizzate. La loro vita si espande nelle ombre. Che potrebbero restare lì, fissate in un'eternità misteriosa grazie a un incantesimo dello sguardo, anche se gli innumerevoli fili che le proiettano spiccassero davvero quel volo a cui anelano senza sosta.
Linee di filo di ferro che creano volumi, pieni e vuoti evocano la leggerezza della materia. Il peso è negato dalle ombre che proiettano, da un racconto fatto di linee che si flettono e si intrecciano, si toccano, si abbracciano per brillare. La materia usata come segno, come una matita che disegna nell'aria. Risultato di una ossessione che insegue la leggerezza. Opere che non descrivono né definiscono, dove il gesto e il segno prevalgono e sono l'essenza stessa, come avviene nel giardino zen, luogo di concentrazione, di contemplazione, di un meditare silenzioso.
Disegni (dal 1998) incisioni (dal 1990)
I disegni, che non sono ormai quei bozzetti preparatori per le sculture di filo di ferro, hanno avuto nel tempo una vita autonoma e definita, incastonano e intrecciano linee che navigano in uno spazio, quello del foglio bianco, quasi diventato liquido.
Evocano la leggerezza del volo, dei tessuti al vento.
Evocano diverse forme; fiori, interni, amanti che non si toccano.
Resine (dal 1999)
Resine testimoni di un tempo trascorso, tracce di un passato e segni di memoria.
Lastre di resina che tutto bloccano suggerendo brani di amori dimenticati in una danza di anime perdute ma leggere.
Tessuti ed elementi naturali immersi nella materia al suo stato liquido - prima di solidificarsi - galleggiano in vasche di plastica fino a quando tale materia non cambia la sua condizione. L'opera è pronta.
Ho bloccato nel tempo, consegnandoli alla storia come fossili, gli elementi di un vissuto intimo, indice di una passionalità sofferta ormai prigioniera di un malinconico passato.
Tre sono i colori che costituiscono tale passione; nero, bianco, rosso.
L'essenza di ogni colore e di ogni luce, il nero che assorbe la luce e non la restituisce.
Evoca il caos, il nulla, la tristezza, l'angoscia e l'incoscienza.
Il bianco, il colore di chi sta per mutare condizione. Puro e senza altre variazioni se non quelle di brillantezza od opacità, operando sulla nostra anima come il silenzio assoluto, è il colore del passaggio, è l'espressione delle trasformazioni dell'essere.
Ed infine il rosso, l'unica punta di rosso.
Colore del fuoco e del sangue, strettamente legato al principio di vita.
È segreto. È il mistero vitale nascosto nel fondo delle tenebre e degli oceani primordiali. È il colore dell'anima, della libido, del cuore.
È l'espressione dell'ambivalenza da cui proviene tutto il suo potere affascinante.