Ex-voto
Loom Gallery, in collaborazione con Accademia di belle arti di Brera presenta Ex-Voto; mostra collettiva degli studenti laureandi del corso di anatomia artistica, diretto da Letizia Cariello.
Comunicato stampa
Loom Gallery, in collaborazione con Accademia di belle arti di Brera presenta Ex-Voto; mostra collettiva degli studenti laureandi del corso di anatomia artistica, diretto da Letizia Cariello.
Ex-voto: il corpo dell’artista - il corpo dello spettatore - il corpo dell’opera. Gli studenti del corso di anatomia hanno lavorato per due cicli d’incontri su questo tema; la domanda è sempre rivolta al corpo e non a caso si tratta di un corso di anatomia: perché è il corpo, il dare, il corpo; il fare il corpo; il cercare un corpo, il tema intorno al quale si sono misurati gli studenti. È stato chiesto loro coraggio, molto coraggio. Hanno avuto coraggio perché parlare di corpo implica parlare della morte.
Non solo la morte temuta del corpo umano, ma la morte dell’opera. Cos’hanno in comune un ex-voto e un’ opera se non l’essere oggetti che, citando il corpo, si caricano di un valore extra materiale ? Incamerando l’assoluto nella presenza tangibile, rappresentano un ponte effimero eppure reale (il solo reale) a una dimensione della realtà raggiungibile solo attraverso gli strumenti dell’intuizione.
Le opere di Simone Natalizio, Tommaso Lugoboni, Valentina Daga, Marta Scanu, Ginevra Ghiaroni, Luca Laurora, Isabella Camodeca, Deo gratias, sono tutte diverse fra loro. Sono scuola nel senso vero del termine. Non sono repliche applicazione di una modalità imposta o, peggio, ammansita dall’acquiescenza. Sono voci di ciascuno e dunque sono voci diverse, per una volta. Appartengono in un senso superiore al loro tempo eppure suonano lunghezze d’onda di anime, che senza furbizie si sono immerse nelle stesse letture (Immagine di sé e Schema corporeo di Paul Schilder e gli scritti di Teresa d’Avila, per citarne un paio), riemergendo e avendo nuotato mari interiori diversi.
Un ex-voto per Simone Natalizio é un impegno; per Tommaso Lugoboni un trasmettere il sacro alle altre persone; un ex-voto vive di un’emozione per Valentina Daga; é un segno irriducibile per Marta Scanu; il ritmo di una preghiera per Ginevra Ghiaroni; confrontarsi con le proprie fragilità per Luca Laurora. Per Isabella Camodeca un ex-voto è un oggetto energetico.
Tutte queste sintesi in parole non sarebbero state possibili se questi giovani artisti non avessero accolto l’invito ad esporsi al rischio di esplorare tanto il linguaggio quanto la tenuta delle loro immagini interiori. E questo si può fare solo mettendo in gioco il proprio corpo come valvola mediatrice. Come passaggio continuo - una sorta di tornello - fra la presenza corporea delle loro opere e la presenza sottintesa degli spettatori di oggi e di domani. Ecco una sorta di nuova body art che, superato il tempo della messa in scena letterale del corpo dell’artista, scende nella profondità recondita della genesi di un’opera che finisce con l’avere per tema la sintesi della dimensione dell’arte: offerta, richiesta, oblazione, ringraziamento.
Sono strisce di carta grigio grafite che limitano uno spazio dal suo passaggio (Valentina Daga); disegni su taccuini di strutture che si emancipano dalle ruote di martirio delle sante (Marta Scanu); sviluppi su cartapesta di una performance tradizionale (Ginevra Ghiaroni); calchi dello spazio occupato da un abbraccio aperto (Luca Laurora); oggetti simbolici quasi liturgici allineati su una sorta di altare minimale (Isabella Camodeca); una performance affidata a liquidi che si compongono lungo una parete resa pura dalla trasparenza del plexiglas, ma non per questo meno sacrificale (Simone Natalizio) o, infine, tele assolute di una geometria tanto rigorosa quanto arcaica o forse archetipica (Tommaso Lugoboni).
In questa sorta di via crucis se c’è uno spazio importante, uno spazio rigorosamente rispettato che emerge nella sua evidenza tangibile, oltre la nostra consapevolezza concettuale, è proprio lo spazio riservato al corpo dello spettatore che qui, nel rigore di ciascun percorso, finalmente ritrova la sua presenza centrale, quella del destinatario mondo a cui si spedisce la prima delle molte lettere che verranno scritte.
Il quadro, avrebbe detto Paul Klee, allora è finito, perché il quadro é finito quando il quadro ti guarda.
Letizia Cariello