Città del Grand Tour dall’Ermitage
Apre al pubblico, presso Palazzo Cucchiari, sede della Fondazione Giorgio Conti a Carrara, la mostra Città del Grand Tour dall’Ermitage e paesaggi Apuani da collezioni Italiane, a cura di Sergej Androsov e Massimo Bertozzi.
Comunicato stampa
Città del Grand Tour dall'Ermitage
e paesaggi Apuani da collezioni Italiane
a cura di Sergej Androsov e Massimo Bertozzi
dal 9 luglio al 23 ottobre 2016
Carrara, Palazzo Cucchiari- Fondazione Giorgio Conti
Via Cucchiari 1
Orari: da Martedì a Giovedì: 10:00 – 12:00 / 17:00 – 22:00
Venerdì, Sabato e Domenica: 10:00 – 12:00 / 17:00 – 23:30
Lunedi chiuso
Biglietti
Intero con audioguida : € 10,00
Ridotto con audioguida: € 8,00 (per visitatori fino a 25 anni, oltre i 65 anni e per soci Touring);
Gratuito con audioguida (per giovani fino a 8 anni accompagnati da familiari, un accompagnatore per ogni gruppo, due accompagnatori per ogni gruppo scolastico, portatori di handicap ed accompagnatore, giornalisti iscritti all’albo,)
GRUPPI
Adulti con audioguida : € 8,00 ( per gruppi da 10 persone e fino ad un massimo di 30 persone, esclusa la prenotazione)
Adulti con audioguida : € 6,00 ( per gruppi superiori a 30 persone, esclusa la prenotazione)
Scuole : € 4,00 (per i gruppi scuola non é fornita l'audioguida,)
La biglietteria chiude un’ora prima.
Info: 0585 72355
www.palazzocucchiari.it; www.fondazionegiorgioconti.it;
www.grandtourcarrara.it;
Apre al pubblico sabato 9 luglio, presso Palazzo Cucchiari, sede della Fondazione Giorgio Conti a Carrara, la mostra Città del Grand Tour dall'Ermitage e paesaggi Apuani da collezioni Italiane, a cura di Sergej Androsov e Massimo Bertozzi.
Per l’occasione saranno esposte una quarantina di opere, dipinti, disegni e acquerelli provenienti dal Museo dell’ Ermitage di San Pietroburgo e da collezioni pubbliche e private italiane.
Con questo evento la Fondazione Giorgio Conti conferma la collaborazione con l’istituzione museale di San Pietroburgo iniziata lo scorso anno.
Per secoli la conoscenza dell'Italia, del suo straordinario patrimonio artistico e della sua civiltà millenaria, ma anche delle qualità naturali ed umane di un paese bello e complicato, è stata una parte significativa della formazione culturale delle élite di tutta Europa; per questo il Voyage of Italy è stato, tra lo scorcio finale del XVII e la prima metà del XIX secolo, un'esperienza, da compiere almeno una volta nella vita, per i rampolli delle principali famiglie europee, sia appartenenti alle aristocrazie nobiliari che alle nascenti borghesie commerciali e finanziarie. Fino a diventare una vera e propria mania per tutti quei ceti sociali che se potevano permettere.
Il Grand Tour era dunque molto di più di un semplice viaggio turistico: era un periodo di straordinaria formazione a contatto con una storia e una cultura eccezionali. Ogni uomo di cultura europeo sognava di fare almeno un viaggio in Italia, per le testimonianze del passato classico, greco e romano, per gli splendidi paesaggi bucolici, per apprezzare un modo di vivere quasi spensierato, dove le difficoltà quotidiane venivano stemperate da una infinità di feste e da innumerevoli occasioni di intrattenimento e di spettacolo..
Roma era la meta principale, ma il viaggio, sia all'andata che al ritorno, era scandito dalle soste, più o meno prolungate, nelle principali città disseminate lungo il percorso, con deviazioni obbligatorie almeno a Venezia, Firenze, Napoli.
Un ruolo importante, sia nell'individuazione dei percorsi, sia nella scelta delle cose da vedere e da mandare a futura memoria, fu svolto in ogni epoca dagli studiosi e dai mercanti d'arte, e poi dai pittori, in grado di produrre immagini, non solo dei monumenti ma anche degli avvenimenti che caratterizzavano il viaggio in Italia, singolo e personale di ciascun viaggiatore.
Per questa mostra sono state selezionate alcune delle vedute tradizionali del Viaggio in Italia, riunite insieme come una galleria di “ritratti” di luoghi, dell’immaginazione e della memoria, attenti dunque non solo alla fisionomia del paesaggio italiano, ma anche al carattere degli uomini che quel paesaggio hanno costruito, e in grado così di alimentare quelle suggestioni psicologiche che l’immagine dell’Italia conferisce al carattere degli italiani, soprattutto fuori d’Italia, almeno nel pensiero di coloro che avevano potuto vederla una sola volta, ma intendevano ricordarla per sempre.
Così ai dipinti di alcuni dei “pionieri” del Grand Tour, come i fiamminghi Jan Miel e Hendrik Frans van Lint, l’olandese Johannes Lingelbach, il tedesco Philipp Hackert, il francese Hubert Robert, veri e propri punti di riferimento, nelle varie epoche, delle comitive straniere in visita a Roma o a Napoli, si accostano quelli di una nutrita schiera di vedutisti italiani, da Giovanni Paolo Panini a Ippolito Caffi, da Giulio Carlini ad Angelo Inganni, fino alla svolta naturalista di Giovanni Fontanesi.
Attraverso questi dipinti la mostra riassume per intero quell’immagine dell’Italia, accattivante e sorprendente, che i pittori riproducevano perché più a lungo potesse durare in effigie e non solo nel ricordo, almeno di quei forestieri che potevano permettersi di caricare sulle spese di viaggio, anche questo tipo di prezioso souvenir.
Ecco così le più apprezzate cartoline italiane: dal Panorama con l’Arco di Tito di Hendrik Frans van Lint alla veduta del Colosseo di Hubert Robert, dalla Veduta del Golfo di Baia di Carlo Bonavia alla Veduta di Roma e Castel Sant’Angelo di Ippolito Caffi, dalla Veduta del Canal Grande di Antonio de Pian alla Piazza del Duomo di Milano di Angelo Inganni.
Ma anche le curiosità delle tradizioni locali e dello strano stile di vita degli italiani: il Ciarlatano di Jan Miel, il caotico Mercato in Piazza di Iohannes Lingelbach; e poi le feste, da quella sfarzosa davanti al Palazzo del Quirinale di Antonio Cioci, al rumoroso carnevale veneziano, nel Concerto in Gondola di Friedrich Paul Nerly, alla festa privata a cui sembra disporsi La famiglia Tolstoj a Venezia, nel dipinto di Giulio Carlini.
Ma poi Roma rimaneva pur sempre la capitale della cristianità, ed ecco allora l’allusiva Predica di San Paolo, in mezzo alle rovine dell’antica Roma di Giovanni Paolo Panini, e poi la devozione popolare e visionaria, nella Preghiera alla vergine Maria di Joseph Severn o la devozione più raccolta e composta Nella chiesa S. Maria della pace di Anselmo Gianfanti.
Alle vedute classiche del Grand Tour, la mostra affianca una sezione sulla “scoperta” del paesaggio apuano, con opere dal Museo Civico di Reggio Emilia, dall’Archivio di Stato di Massa, dalla Provincia di Massa-Carrara e da collezioni private, inteso a rappresentare una dei tanti luoghi ameni, per cui l’Italia fu da sempre considerata il giardino d’Europa.
Un territorio la cui naturalezza ha suscitato forti impressioni già negli antichi viaggiatori, da Francesco Petrarca a Michel de Montaigne, si impone all’attenzione dei viaggiatori moderni, grazie al panorama delle sue montagne, che formano l’orizzonte, lontano o vicino, di un ampio territorio, da Firenze a Lucca a Pisa, oltre che per la costa ligure o alto tirrenica, da Lerici, con il suo Golfo dei Poeti, fino a Livorno. Insomma un panorama attrattivo non solo per i viaggiatori itineranti, ma anche per i gli abituali frequentatori delle vicine città d’arte o della prospiciente riviera.
Le prime vedute del territorio apuano sono dovute così a viaggiatori stranieri alloggiati nei dintorni, come l’ammiraglio inglese William Paget, o la sua connazionale Elisabeth Fanshawe, o alla pittrice e scrittrice svizzera Julie Goldenberger, che finirà per stabilirsi da queste parti e che a Carrara trascorrerà gli ultimi anni della sua vita.
Ma sono dovute anche a pittori professionisti, come il massese Saverio Salvioni, che nei primi anni dell’Ottocento dipingerà a lungo gli ampi panorami delle cave carraresi, o come, a testimoniare il cambiamento di interesse per l’immagine del territorio, o l’emiliano Giovanni Fontanesi, che ai panorami liguri-apuani ha dedicato una buona parte della sua produzione. Il percorso espositivo si conclude con il dipinto di Antonio Puccinelli “Michelangelo alle cave”(1860-1865), perfetta sintesi dell’opera di un artista fedele al Purismo dei suoi maestri (Bezzuoli e Minardi) nel racconto della “pittura di storia”, ma che intorno alle Apuane aderisce a un modo nuovo di guardare alle suggestioni sentimentali del paesaggio.