Pasquale Nero Galante – … di Terra di Mare di Luce
Pasquale Nero Galante espone i suoi quadri a Carovigno, paese di origine, luogo di separazione.
Comunicato stampa
Potrebbe essere la storia di un ritorno, o quella di una nostalgia sopita e che oggi trova appiglio in un veloce, fuggevole, scorcio agostano. Pasquale Nero Galante espone i suoi quadri a Carovigno, paese di origine, luogo di separazione. Nato e cresciuto qui, in questo territorio di malìe antiche e poi di declino e contraddizioni, il giovane, il pittore, ha vissuto dapprima la percezione di un reciproco rifiuto; ha dunque lasciato questi luoghi, ha cercato altrove la vita e la bellezza che qui sembravano essere ed essergli negate, dimentiche. È stata una lunga lontananza, e non solo e non tanto fisica. Ma è stata una distanza di crescita, una distanza salutare e in qualche modo salvifica. Oggi Nero Galante è qui, una presenza non solo e non tanto fisica, è qui con tutto il suo essere ormai pienamente uomo e artista, è qui a far vedere che in fondo, a ben guardare, da qui non si è mai mosso. Allora questa non è la storia di un ritorno, né quella di una remota commozione, è la storia di una consapevolezza.
La pittura segue la memoria, che è qualcosa più del ricordo, è l’esperienza di vite singole e intrecciate, è la visione di una terra popolata di olivi e pini, è respiro di un mare vicino e dentro, è il riverbero di una luce mai ferma che brucia fino al nero gli occhi. È la bellezza che sta in queste cose, bellezza che bisogna conquistare, scoprire, desiderare perché in gran parte, spesso, è smarrita per gli stessi uomini e donne che l’hanno creata e che la vivono, piegata e avvilita da un processo storico che è una Storia mai scritta, Storia del Mezzogiorno.
Galante con questi suoi lavori sviluppa un tema d’amore, che è anche dolore, ma orgoglio, coscienza e fascino delle radici profonde e vive che lo sostengono, e lo fa alla sua maniera, con la gradazione di toni dal bianco ai bruni al nero, e con la ripresa isolata e assoluta del soggetto, gli alberi che son la terra, l’infinito confondersi di linee fra orizzonti e mare, e luce nei volti di anziani e neonati, nei loro volti solcati da differenti rughe, o forse uguali.