A Sandbox in the Desert
Una collettiva certo non basta per rendicontare al pubblico la ricerca di un artista, che risulta spesso costretta nel linguaggio della mostra e assoggettata al discorso curatoriale.
Comunicato stampa
A Sandbox in the Desert inaugurerà sabato primo ottobre alle 18.00 presso la Galleria A+B contemporary art di Brescia. Nella collettiva espongono Niccolò Morgan Gandolfi, Silvia Hell e Simon Laureyns.
Una collettiva certo non basta per rendicontare al pubblico la ricerca di un artista, che risulta spesso costretta nel linguaggio della mostra e assoggettata al discorso curatoriale. A Sandbox in the Desert è l’ultima tappa di un percorso che ha provato a reagire a questo limite. Nel corso di un anno, un ciclo di tre collettive ha coinvolto i medesimi tre artisti e il curatore Gabriele Tosi a ripetere la produzione di una mostra sempre diversa, per lavori, tematiche e allestimento.
Nel dicembre scorso, Even a Birch Can Be Real aveva raccontato i contesti d’azione degli autori. L’allestimento ricordava una composizione metafisica dove si palesava la volontà di avvicinare elementi provenienti da scenari apparentemente distanti e indipendenti: contesti urbani, esplorazioni naturali e rapporti personali si fondevano in un palcoscenico comune, capace di raccontare uno spaccato sorprendentemente esaustivo sulle pratiche esistenziali del mondo attuale.
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In aprile SLASH si occupava di come ogni azione sia capace di interrompere la narrazione, di aprirne una nuova che insista su qualcosa di più grande della sua origine dimensionale. Cosa raccontavano, ci si era domandati, i lavori di Gandolfi, Hell e Laureyns di come e quando le loro pratiche interagiscono attivamente col mondo. Si sono elencate le performance invisibili che ogni artista compie nel suo operare, si è scoperto un buio che nel suo nascondere regala un contorno e un’alternativa alla nitidezza imposta dalla luce, si è ascoltato il riverbero delle azioni, si è rivalutata la solitudine come una forma di contatto con l’altro.
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A Sandbox in the Desert si occupa di memoria e cambiamento, di dilatazioni e stratificazione, di orizzonte e di verticalità; dell’atto di descrivere una cornice di sabbia in mezzo a un deserto, di pescare nella storia della materia gli indizi di cosa sia prezioso, di viaggiare per sopravvivere senza le illusorie assicurazioni di ciò che già conosciamo, di erigere i segni del cambiamento come unica struttura indenne al tempo reale. Questo ciò che sarà esposto in A Sandbox in the Desert, una collettiva dove ogni artista lavorerà, ancora una volta, su formati e mezzi non ancora mostrati all’interno del progetto. A Sandbox in The desert come l’esercizio del corpo libero, dove passato e futuro riescono, ancora, ad incontrarsi e mostrare una profondità.