Silvia Leveroni Calvi – D’ocra e ombra
Torinese di nascita, francese d’adozione, l’artista presenta per la prima volta il suo lavoro a Torino in una mostra che è un excursus della sua poetica e della sua ricerca pittorica.
Comunicato stampa
Inaugura a Torino il 13 ottobre alle ore 18, presso la galleria Febo e Dafne, la personale “D’ocra e ombra” di Silvia Leveroni Calvi. Torinese di nascita, francese d’adozione, l’artista presenta per la prima volta il suo lavoro a Torino in una mostra che è un excursus della sua poetica e della sua ricerca pittorica. Fino al 29 ottobre 2016.
Silvia Leveroni Calvi espone per la prima volta a Torino presentando le Chaises, con cui si è distinta sulla scena artistica contemporanea, e alcune opere che sono frutto della sua ricerca pittorica più recente.
Nei lavori di questa autrice italo-francese, che con tocchi lievi e veloci della spatola materializza atmosfere dai cromatismi crepuscolari, forma e colore esprimono la fugacità di uno stato effimero entro quello che Michel Simon ha definito un “universo minerale” in cui si respirano “Les Harmonies du Soir care a Baudelaire", ma anche a Franz Liszt. In quella stessa dimensione carica di emozioni, Muri e campiture con geometrie evanescenti diventano astrazioni di luce e polvere, immagini scaturite da quell’élan vital che anima l’estro creativo di Silvia Leveroni Calvi. Sono pitture intrise di lirismo, le sue – non a caso accompagnate dai versi di André du Bouchet e Gaël Coupé in due personali del 2009 e presentate nella mostra “Ut pictura poesis” al Centre culturel “Juliette Drouet” di Fougères nel 2011.
I dipinti esposti in questa mostra rivelano l’assimilazione, da parte dell’artista, del Wabi-sabi (侘寂) – estetica giapponese legata a un ideale di saggezza basato sull’accoglimento della transitorietà, incompletezza e imperfezione delle cose. Lo stile che esprime questa visione del mondo si estrinseca nella semplicità e sobrietà delle forme oltre che nell’uso di materiali naturali per creare manufatti a cui la patina del tempo conferisce un aspetto di trascendenza. Non a caso Gaël Coupé ha rimarcato come l’artista “imprime alla sua opera una temporalità materiale sensibile” così che “noi stessi vediamo ciò che lei ha scelto di rendere visibile” attraverso immagini in cui “l’astratto e il figurativo talvolta si fondono”. È questo ciò che si osserva, ad esempio, in Vaso, Ciotola e nei delicati Germogli. Anche in questi lavori sono le terre uste, gialle, brune o bigie frammiste al gesso alabastrino a dar forma e colore a una pittura materica e al tempo stesso impalpabile, rarefatta. Una pittura che nell'astrazione cattura geometrie e nell'alterità restituisce visioni di oggetti quotidiani riflettendone l'aura, per dirla con parole di Walter Benjamin.
Chaises bianco argento o plumbee, ma sempre vuote in uno spazio-tempo sospeso, sembrano attendere l'arrivo del La Signorina Felicita ovvero la Felicità al Meleto di Guido Gozzano, del quale ricorre quest’anno il centenario della morte. Nel suo componimento più famoso egli scriveva: “In molti mesti e pochi sogni lieti, / solo pellegrinai col mio rimpianto / fra le siepi, le vigne, i castagneti / quasi d'argento fatti nell'incanto; / e al cancello sostai del camposanto / come s'usa nei libri dei poeti”. Il Cancello fissato dall'artista sulla tela del suo dittico asimmetrico in una sorta di trompe l’oeil parrebbe essere il portale d'accesso a una dimensione, oltre il visibile, in cui permangono emozioni, parole appena sussurrate e profumi di un giardino ove si è fatta sera.
Silvia Leveroni Calvi
Torinese di nascita, Silvia Leveroni Calvi manifesta il suo amore per la natura coniugando arte e scienza. Forte dell’esperienza di ricercatrice laureatasi all’Università di Torino, Facoltà di Scienze Agrarie, si avvicina alle arti visive in seguito a scelte esistenziali che la portano a stabilirsi in Francia e all’incontro con Geneviève Asse. Studia storia dell’arte presso l’Università di Villejean e frequenta corsi di disegno, pittura e decorazione d’interni per poi completare la sua formazione artistica nei laboratori di Patrick Letendre.
Esordisce professionalmente nel decennio scorso inaugurando a Rennes, nel cuore della Bretagna, il suo studio d’artista – l’Atelier “5 Hoche”. In quel momento significativo i pastelli e gli oli su tavola della sua primeva produzione artistica, influenzata dall’Impressionismo, hanno già “ceduto il passo” alle pitture realizzate con una tecnica che prevede l’uso di pigmenti naturali, gesso e olio su tela di lino. Si tratta di una tecnica elaborata muovendo dall’affresco, ma sostituendo il gesso all’intonaco di calce e polvere di marmo per inglobare il pigmento nello strato pittorico e cristallizzare così una immagine che è della “stessa sostanza dei sogni” di William Shakespeare. Autori contemporanei affermati quali Giampaolo Talani e la spagnola Marissa Calbet, per citarne solo alcuni, hanno declinato la propria ricerca artistica reinterpretando la tecnica della pittura a fresco su supporti mobili (tela o tavola).
Dal 2008 Silvia Leveroni Calvi ha esposto quale artista professionista in diverse mostre collettive e personali oltre a quelle testé menzionate, soprattutto a Rennes – presso l’Orangerie du Thabor, la Galerie Antre Temps, il Cabinet Bescond Associés, l’Espace Journées des Métiers d’Art e nel proprio atelier – ma anche alla Galerie Espace Expo di Betton e al Fort National di Saint-Malo.
Guardando alla fotografia, in particolare alla fotografia numerica, agli inizi di questo decennio ha intrapreso una ricerca artistica che l’ha portata a realizzare i suoi “clichés peints”. Del 2012 sono le sue prime figurazioni – de “La chaise et bien d’autres” – che paiono silhouettes proiettate su fondi indistinti, irregolari, come nelle calotipie dei Pittorialisti. Del 2015 sono le Marine dai toni grigio-azzurri dei silicati naturali di Bretagna, usati come pigmenti anche in alcune composizioni più recenti.
Hanno scritto di lei: Yves Buëssel du Bourg, Gaêl Codé, Gaël Coupé, Daniel Leuwers, Patrick Maillet, Mathilde Mignon, Michel Simon e Melanie Zefferino.