Federica Mutti – Mostra macrocefala

Informazioni Evento

Luogo
PLACENTIA ARTE
Via Giovanni Battista Scalabrini 116, Piacenza, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

dal mercoledì al sabato 16.00 – 19.00 e su appuntamento

Vernissage
22/10/2016

ore 18

Artisti
Federica Mutti
Generi
arte contemporanea, personale

Mostra macrocefala è l’apologia di un’indagine fortemente cerebrale, del fare arte praticamente ma secondo vie speculative.

Comunicato stampa

Di fronte alla macrocefalia del proprio operato, ci si spaventa.
Come si è giunti ad un simile strabordare?
Ci si soffermi sul costo della testa che ci è toccata in sorte.
Come ce la potremo permettere?

PLACENTIA ARTE è lieta di presentare la mostra personale di Federica Mutti, che prosegue la propria analisi sul rapporto tra costruzione teorica e formalizzazione iconica.
Mostra macrocefala è l’apologia di un’indagine fortemente cerebrale, del fare arte praticamente ma secondo vie speculative. È una mostra che si auto-denuncia in quanto eccessivamente obbediente al capo, che si autoanalizza: Nove poesie macrocefale extra fondenti, una raccolta di analisi teoriche in versi, traccia l’architettura dell’intero percorso, custodendone i capisaldi, gli snodi più complessi e profondi, attraverso una forma che si auspica extra fondente – “incredibilmente facile a sciogliersi in bocca”, come si legge sul retro della copertina.

Mostra macrocefala segue la sperimentazione da parte dell’artista di una “mostra teorica” – quasi totalmente aniconica – concretizzatasi nella recente personale Sull’opera temperata (Ars arte+libri, Bergamo, 2016), della quale eredita alcuni elementi fondanti: Mano d’artista con il relativo dito-pettine e I corpi degli artisti temperati ci salutano caramente si innestano nell’apparato del progetto inedito, tracciandone alcune linee guida. Se da un lato si afferma la possibilità di una ricerca cerebrale, dall’altro la mostra nella sua formalizzazione diviene un dispositivo nel quale, di fronte ai tentativi del capo di prevalere, il corpo poi avanza sempre. Pur assumendo la consolidata diatriba tra mente e viscere nell’ambito della creazione come bacino teorico d’appartenenza, tutte le speculazioni di partenza, le analisi in versi e le costruzioni teoriche si traducono così in forme iconiche. Ne deriva un accumulo di riflessioni visive sulle modalità di scambio tra pubblico e privato, tra pensiero e immagine, tra chi esibisce e chi fruisce. Sono rapporti che si riconfigurano in continuazione, modulandosi di volta in volta secondo le implicazioni variabili di testa e corpo.

L’inginocchiatoio-pulpito è il novello palcoscenico: rimanda ad orazioni intime che diventano confessioni plateali, e viceversa. Sono le forme dello spettacolo contemporaneo, o di spettacoli assimilati di cui si hanno ineluttabili reminiscenze.
Ci si misura con le manie di onnipotenza che derivano dalla produzione e dalla riproduzione.
Lo scontro si estende, si contrappongono la riconoscibilità della forma e la comprensibilità dell’immagine.
Mostra macrocefala adotta forme che insinuano il dubbio: si può dire d’aver compreso o ci si sente appagati dall’aver riconosciuto appena? Iconografie riconoscibili conducono a sentimenti di familiarità verso immagini mai incontrate prima.
Una minuscola scultura di testa chiude la Mostra macrocefala.
Capetto incorpora le fondamenta dell’intera mostra: una “solo testa” di reminiscenza classica si erge su una zolletta di zucchero. Si arroga il diritto di eludere le viscere.
Ma poi si avvale della riproduzione che è documentazione, certificazione e/o celebrazione di presenza. E si fa immagine, e si fanno immagini.
Il corpo poi avanza sempre.