Gianni Colognese – La passione nello sguardo
Per la prima volta questo spazio artistico ha l’opportunità di confrontarsi con un autore, non contemporaneo eppure a nostro parere ancora attualissimo, testimone di una delle più proficue e felici epoche della pittura italiana.
Comunicato stampa
Per la prima volta questo spazio artistico ha l’opportunità di confrontarsi con un autore, non contemporaneo eppure a nostro parere ancora attualissimo, testimone di una delle più proficue e felici epoche della pittura italiana. Insieme ai lavori degli amici più famosi (parliamo di Sironi, De Chirico, Severini, Carrà, Tozzi, Campigli, Modigliani, Jacob, Utrillo) con cui aveva rapporti strettissimi di amicizia e di scambio artistico, prima a Parigi e poi a Milano, le opere di Colognese non sono certamente seconde per qualità e capacità alla lettura di una società in grande fermento che ha attraversato tutto il Grande Secolo, appena conclusosi.
Grazie alle opere messe a disposizione dalla famiglia che hanno permesso la realizzazione di questa personale e con un perfetto sincronismo con la recentissima riscoperta per le opere su carta (si veda il sorprendente successo ottenuto dalla prima edizione della Fiera Internazionale dedicata alle opere su carta di Lugano - wopart.eu - ) gli schizzi del taccuino da disegno di Gianni Colognese, gli studi su carta, fatti spesso di tratti veloci, magari vergati sul retro di un menu di un ristorante o di un pacchetto di sigarette, sono mostrati per la prima volta al pubblico.
Perché Gianni Colognese a RossoSegnale? Perché Gianni Colognese lo si sarebbe potuto, teoricamente, veder inforcare la sua bicicletta da corsa, fuori da questa vecchia casa del 1911, a lui famigliare, per raggiungere la “bassa” o qualche “roggia”, armato del suo spirito curioso e poetico e tracciare il percorso di un lavoro solitario. Oppure trovarlo seduto in poltrona a bersi un grappa nel bovindo, in contemplazione del giardino, per coglierne con tocchi rapidi, precisi, leggeri, sul suo inseparabile blocco, l’atmosfera più intima e solitaria di una luce calante durante l’alternarsi delle stagioni.
Una visione romantica, fatta di soffi sottili, leggeri profumi agresti, fumosi e intensi afrori dei locali parigini, decisi effluvi dai quartieri milanesi, colonie speziate di personaggi circensi o voluttuose fragranze femminili, viene “emanata” in maniera particolarmente felice dai disegni e dagli schizzi che sono esposti in questa mostra.
Dalle parole della critica dell’epoca arriva il senso più profondo del lavoro di questo grande artista, dimenticato dal turbinio dei nuovi linguaggi dell’arte contemporanea, quel senso straordinario frutto della solitudine del suo lavoro, testimone vera e tangibile della sua essenza di artista, cui non serviva piegarsi e inchinarsi alla promozione di sè stesso:
“…sottobraccio con lui e con la sua gentile tenerezza di pittore, davanti ad un suo quadro, l’uomo della città percorre un mondo piccolo e remoto, che è a due passi da noi, ma di cui la sua pittura, ci dà la dolce sommessa rivelazione.”
Per queste ragioni, con grande orgoglio, ri-presentiamo le opere di Gianni Colognese.
CADENZA DI SGUARDI SU CARTA: ITINERARI PITTORICI DI GIANNI COLOGNESE
di Pierangelo Davite
Il percorso artistico di Gianni Colognese, milanese, formatosi a Parigi negli anni venti del novecento, nel celebre “Groupe des Italiens à Paris”, è intessuto di atmosfere e scenari semplici ma profondi, leggeri ma esistenziali, precisati in un andamento espressivo che si accorda al cubista, ritrattista, paesaggista.
Una forma elegiaca di pittura dove un soffio di luce marezzata anima, come una brezza, le cose in colori alonati dall’ombra in un silenzio nascosto dalla natura.
Come se l’artista camminasse all’aria aperta, con uno sguardo prensile, incantato dal colore e dalle visioni, devotamente dedicato al quotidiano, alla ferialità, per catturare i movimenti di una luce errante che si effonde tra le immagini di cose e persone nel vasto scrigno della realtà.
Ogni creazione sembra evocare un richiamo spirituale tra pienezza dell’istante, serenità della memoria, pacatezza dell’attrazione, quiete senza tempo che precede e affianca la riflessione umana affinatasi nell’osservare l’esistente.
Tracciando concisamente le linee principali della mostra pare giusto osservare che l’apice stilistico e la passione estetica di Colognese fissino non tanto gli oggetti o le immagini del mondo quanto la loro presenza, con accento inconfondibile ed unica voce, nell’emozione di un luogo o nell’espressività compositiva di un viso o destino umano.
Gli Italiani di Parigi di Raffaele Carrieri (1932)
“… gli italiani di Parigi, dimenticano pennelli e tavolozza…per vivere insieme una notte mediterranea di fronte a un monumentale piatto di spaghetti al Dente. De Chirico fra un piatto e l’altro fuma mezzi toscani, Severini, con gran scorno dei presenti, beve acqua invece che vino, Campigli, esteta della tavola, disserta sulla trippa alla fiorentina, di cui è specialista… Tozzi viviseziona un pollo con delicatezza, Colognese dopo il primo piatto si disseta alla grappa del Piave…”
Giovanni Colognese di Guglielmo Volontario (1995)
“Colognese è uno spazialista: tende alla simultaneità spazio-temporale…eliminando quindi la cristallizzazione del movimento. E’ un cubismo per nulla “scientifico”, che si è lasciato dietro l’analisi e si propone come diagnosi di un’epoca, quindi aperto - come già l’avevano preceduto Braque e Juan Gris - alle sensazioni individuali, alle ombreggiature e incrostazioni materiche, quindi a un’emozionalità di colori accesi, spesso puri, intesi a elaborare una certa qual euritmia cromatica”
Gianni Colognese di Goffredo Ginocchio (1930)
“Ricordo una figura di giovane donna - un piccolo quadro - seduta in abbandono, con le mani in grembo…. il volto, gli occhi, le mani, e il corpo sono espressioni compiute in sé… in quel quadro erano disegnati nei contorni…. Disarmonia? Frammentarismo? No, No! Magnifica armonia di solitudini che colpivano un tema unico…. soltanto la “solitudine” perché in quella solitudine “si può avere la sensazione del pensiero senza pensare”
Colognese di Orio Vergani (1959)
“Nato in una città che ha la campagna meno pittoresca del mondo, in questa campagna egli scopri la bellezza umile e profonda, perché verso di essa il suo cuore è amoroso e riconoscente…… maestro di una poesia pittorica dai sottili e intensi profumi, che trasferisce sulla tela, l’incanto di una passeggiata fra soffi leggere del vento della primavera”
Colognese di Massimo Carrà (1984)
“… il suo abbandonarsi alle suggestioni, di una luce fra gli alberi, di un tono inattesa nel cielo: ed era come se lui cercasse la risposta, in quella luce, in quel tono, ad una domanda improvvisa della stessa coscienza di pittore.”