Jacopo Pagin – Numen
Pagin inserisce stili rappresentativi che appartengono a sistemi di significati passati, in un mondo incapace di riviverli.
Comunicato stampa
“Nel lat. numen: il nome di una potenza non configurata e ovunque diffusa”
Numen vuole essere un'apertura del qui e ora verso la storia delle immagini.
Gli idoli, da quelli tribali e primitivi, ai miti classici e alle figure sacre della tradizione cristiana e orientale, fino alle star della cultura contemporanea come David Bowie, sono qui reinterpretati per confondersi in un caos che spezza la linearità storica. Pagin inserisce stili rappresentativi che appartengono a sistemi di significati passati, in un mondo incapace di riviverli.
I suoi idoli sono pervasi da un senso di nostalgia, la loro essenza primitiva duale e simbolica è intrappolata, impossibilitata a una ricongiunzione. Pagin è un uomo contemporaneo desacralizzato, che vive il terrore della demitizzazione e sostiene che “sul cammino della razionalità non è possibile affermare alcunché sull'abisso più profondo del reale”. Nell'ossessione per il tempo e per la storia, sono inseriti i numi raccolti dall'artista volti a spezzare ogni tentativo di dimostrazione del legame logico; in essi la realtà appare sospesa in un crepuscolo simile a un sogno.
Operando con il cut-up Pagin preleva differenti elementi che chiama “relitti etnici e archeologie divine” e li ri-combina. Legando queste immagini a elementi della sfera contemporanea egli crea e assembla nuove figure vestite di nuovi significati.
In quest’ottica il lavoro di Pagin si configura come un intimo tentativo di ricostituire la “sacralità” del soggetto pittorico, ripercorrendo e interrogando la storia della rappresentazione: dalla pittura tradizionale, caratterizzata dal chiaroscuro dei corpi e dalla mimesi, passando per il readymade, fino a installazioni sul concetto stesso di opera d’arte.
Di riflesso, le tecniche e i materiali utilizzati sono tra i più disparati: si alternano olio a pasta e a velatura, segno grafico con inchiostro nero realizzato con la tecnica del monotipo, collage di carte ed altri materiali come sabbia e foglie d'oro, applicazioni, dripping e ampie macchie di vernice di stampo informale. A queste tecniche Pagin affianca l'utilizzo di materiali industriali quali magneti, linoleum, pvc, nylon, latta e oggetti prelevati dalla natura. L’artista traccia associazioni di stampo surrealista tra campiture pop e pennellate cangianti figlie dell'era digitale che delineano mondi archeologico-tropicali.
Numen si esibisce in un'estetica originale ed esotica, varia ma definita che, attraverso ironia ed erotismo, si lancia ad affrontare le iconografie classiche. Il pubblico sarà parte integrante della mostra, poiché avrà la possibilità di mettersi in gioco attraverso installazioni interattive volte ad assottigliare drasticamente la distanza tra opera e spettatore.
Ne “Il vero drink del Tritone”, 2016 (Olio su tela), nonostante l’esotica vegetazione nasconda il volto del soggetto, il busto e la posizione delle mani sono il segno dell’identità divina del protagonista – un tritone Cristico. L’iconica nuova figura, racchiusa da un’aura, è in procinto di ricevere il battesimo: una goccia di Vera Bevanda che scende sotto forma di misterioso liquido psichedelico. L’azzurro, steso in modo piatto e in contrasto col chiaroscuro del busto, imita gli schermi tramite i quali l’uomo oggi, ha accesso a quelle immagini che giacciono svuotate dai loro significati simbolici.
La sperimentazione di Pagin prosegue con tre “Pitture Magnetiche”, 2016 (50 oli su carta applicata a foglio magnetico e lastre di metallo smaltato) esposte per la prima volta in Numen. Indagando in modo ludico i concetti di installazione e performance, questo lavoro invade lo spazio e chiede partecipazione per completarsi. Con la Pittura Magnetica la distanza tra pubblico e artista è quasi azzerata, anzi, i due soggetti s’intrecciano poiché ognuno, ha la possibilità di comporre il proprio quadro definendone la composizione e se vuole, il significato ultimo. Le pitture magnetiche sono al tempo stesso quadri bidimensionali, composti da elementi pittorici piatti e durevoli (le calamite dipinte), ed installazioni temporanee. Il carattere effimero, oltre a riflettersi nella definizione latina di Numen, sfida la tradizione pittorica caratterizzata da bidimensionalità e staticità.
Con “San Sebastiano”, 2015, Pagin compie un'operazione tipica dell'arte concettuale: prende un elemento industriale di facile reperibilità e vi interviene con un'azione minima che ne sconvolge utilità e senso. Partendo da un soggetto tipico della secolare tradizione artistica occidentale, l’artista indaga le modalità contemporanee di produzione artistica. Proiettando e tagliando un grande foglio di pvc con stampa finto marmo, la riconoscibile silhouette di un San Sebastiano di Tiziano, rivolge uno sguardo ironico al readymade. L'artista interroga l’efficacia delle rivoluzioni di cui la storia dell’arte è stata oggetto.
Una serie di dipinti verticali si lega alla caratteristica figura del totem, la sacra scultura pellerossa composta da teste animali alle quali venivano attribuiti poteri di protezione. Il veloce accesso alle informazioni permette all'uomo di studiare e quindi riconoscere il fascino di culture passate e lontane, nonostante ciò, il potere simbolico legato ai segni di queste culture resta inaccessibile. Pagin impila “reperti” di ogni epoca in maniera apparentemente casuale per accentuare il vuoto di senso in cui queste immagini sono cadute. Tramite tecniche differenti applicate a tele grezze, egli erge numi dalle forme mutevoli sospesi in un corto-circuito temporale.
I due kanji giapponesi del dittico “Samurai e Divertimento”, 2016 (Collage e olio su tela) sono rispettivamente accompagnati da una fiamma e un’incudine, e da un cherubino grottesco con un cappello da poliziotto che mostra una smisurata lingua libidinosa. I kanji, così accoppiati, diventano segno della dualità della morale umana: dovere e piacere, integrità e dissolutezza, castità e libidine.
I disegni a penna e pantone di Pagin, possono essere considerati come la sua produzione più autentica e non ragionata, poiché eseguiti senza un progetto preciso. Sono frutto dell'immaginazione libera e della spensieratezza, tecnica e studio sono in secondo piano per garantire un alto tasso di onestà a favore degli impulsi. L’erotico e l’istinto carnale ne emergono sovrani a ricordarci che l’uomo è da sempre soggetto e allo stesso tempo creatore di due forze diverse, quella terrena e quella ultraterrena.
A cura di
Carola Cometto
Jacopo Pagin è un artista visivo e sonoro nato a Vicenza il 25 dicembre 1988 che ha frequentato l'Accademia di Belle Arti di Venezia. Numen è la quinta personale dell'artista, la prima a Milano.
Carola Cometto é un’artist manager e curatrice nata a Cuneo il 20 Novembre 1989. Dopo un Master in arte contemporanea al Sotheby’s Institute di New York ed esperienze professionali estere tra cui Gagosian Gallery e Guggenheim Collection, decide di promuovere artisti emergenti con mostre temporanee tra Milano, New York, Los Angeles e Londra.