Latododici – 1
In mostra, centoventi opere di piccolo formato incorniciate in una frame/installazione: un primo possibile punto che non chiuda, ma apra prospettive, sul primo anno del progetto di ricerca delle due giovani ma consapevoli artiste, unificato e sostanziato dalla convergenza di dimensioni (formato quadrato di dodici centimetri per lato), atmosfere estetiche ed emotive (distesi cromatismi e armonioso sentire), modalità operative (scatti essenziali da cellulare) e formalizzazione finale (curati packaging di qualità artigianale in materiali naturali).
Comunicato stampa
KROMÌA è lieta di presentare “1 .”, la prima personale napoletana del duo fotografico Latododici (Chiara Arturo e Cristina Cusani).
In mostra, centoventi opere di piccolo formato incorniciate in una frame/installazione: un primo possibile punto che non chiuda, ma apra prospettive, sul primo anno del progetto di ricerca delle due giovani ma consapevoli artiste, unificato e sostanziato dalla convergenza di dimensioni (formato quadrato di dodici centimetri per lato), atmosfere estetiche ed emotive (distesi cromatismi e armonioso sentire), modalità operative (scatti essenziali da cellulare) e formalizzazione finale (curati packaging di qualità artigianale in materiali naturali).
Completano la mostra, oltre ad alcuni esempi dei diversi packaging finali delle opere, un pieghevole a fisarmonica con una serie inedita del duo su Napoli e un libro rilegato a mano con la totalità delle opere realizzate finora da Latododici.
Dal testo critico di Diana Gianquitto (curatrice della mostra, con la direzione artistica di Donatella Saccani): «La sostenibile profondità dell’essere. Lieve non è necessariamente superficie. Ma, etimologicamente, è agile, rapido. Capace di saltare al di là, oltrepassare - nell’antica consapevolezza della sua radice sanscrita lagh - in un sol balzo leggero il feticismo cerebrale in cui troppo tristemente l’Occidente spesso, onanisticamente, si consola dalla sua paura di sentire. Levità, non superficialità, sono le gocce di visione di Latododici: porzioni di tempo e di mondo, angoli di percezione rubati da cellulare, da uno sguardo di tecnologia ormai così intima e quotidiana da aver dimenticato da tanto vanaglorie futuristiche, per posarsi confidenziale e tenera come bruma sul mondo, impalpabile, discreta, e lasciarlo poi un po’ più personale di come lo si era trovato. Recuperando autenticità e immediatezza, le apparizioni ottiche di Chiara Arturo e Cristina Cusani sono sintesi, appunti o, meglio, intuizioni pregne di potenzialità. Potenzialità, più che per futuri sviluppi progettuali, per aperture percettive. Non incompiuti abbozzi, ma nuclei energetici. Intuizioni bergsoniane o aristoteliche, modo di arrivare alle cose direttamente, senza passare attraverso una pedante o diacronica analisi. Partendo induttivamente dal basso di ogni giorno e ogni respiro, dalle myricae che sbocciano ogni istante negli occhi e nel cuore. […] Ogni giorno, come il primo. Il primo del presente. Ed ecco quindi 1 .: non mettere un punto_dove finisce l’ora, ma fare un punto_finora. Abbracciando, non rinchiudendo, la caleidoscopica molteplicità delle centoventi opere a oggi nate in una cornice/installazione che come frame/gestalt permetta l’autocoscienza, consenta di imbibirsi nel midollo dell’esperienza di ricerca appena fatta rivedendovisi come in uno specchio, rendendola a sua volta nuovo elemento, modulo, mattoncino costruttivo, microcosmo per nuovi macrocosmi. Del resto, di lievi, impalpabili, agili e incessantemente mobili atomi, da Democrito in poi, è composto in ogni sua profondità il mondo. Così come, da Dante in poi, “al vento nelle foglie lievi / si perdea la sentenza di sibilla”».