Henri Matisse
Un uomo innamorato dei colori. Una vita trascorsa nel tentativo di esprimere la sua gioia di vivere oltre la realtà
Tra gli esponenti delle Avanguardie del XX secolo, Henri Matisse fu uno dei maestri più importanti. Pittore, illustratore, incisore, e persino scultore. Tante le declinazioni, ma uno il centro della sua ricerca artistica: il colore.
- Notizie biografiche di Henri Matisse
- Matisse e i Fauves: l’Espressionismo francese
- Il pensiero artistico di Henri Matisse
- Le tecniche artistiche di Henri Matisse
- Jazz di Henri Matisse
- La Cappella del Rosario di Henri Matisse a Vence
- Le Opere principali di Henri Matisse
- Henri Matisse dove trovarlo nei musei
- Bibliografia
Notizie biografiche di Henri Matisse
I primi passi verso la pittura del colore
La giovinezza e la scoperta dell’arte
Henri Matisse (Le Cateau-Cambrésis, 1869 – Nizza, 1954) nacque da una famiglia di commercianti, in un piccolo paese di provincia della Francia nord-orientale. Dopo gli studi in legge a Parigi, ottenuto il diploma, lavorò come impiegato nella sua città natale. Neppure il tempo di prendere la mano con le pratiche, e scoprì la sua vera passione: l’arte.
Accadde intorno ai vent’anni, mentre era a letto convalescente, dopo un’operazione di appendicite. Per passare le giornate, la madre gli aveva regalato una scatola di colori. Copiare qualche immagine bastò per fargli comprendere che la sua strada era ben lontana dalla scrivania d’ufficio, quanto al paesino di provincia.
La formazione artistica a Parigi
Nel 1891, abbandonato il lavoro da impiegato, Matisse si recò a Parigi, con l’intento di diventare pittore professionista. Prima di tentare il concorso di ingresso alla celebre École des Beaux-Arts, passò per l’Académie Julian, seguendo una prima formazione “conservativa”. Approccio, quest’ultimo, molto diverso da quello dei nomi che avevano da poco rivoluzionato la scena parigina, quali gli Impressionisti e i Post-Impressionisti, come Cézanne e Van Gogh, e Gaugin.
Nel 1892 cominciò a seguire le lezioni del simbolista Gustave Moreau, che lo incoraggiò a sperimentare e ricercare un suo stile personale.
L’incontro con John Peter Russell
Deciso a migliorare, lasciò la capitale per recarsi in Bretagna, presso il pittore John Peter Russell, che lo introdusse all’Impressionismo. Una tappa a Londra per ammirare le opere di William Turner, e una in Corsica, dove rimase affascinato dai colori del Sud, completarono la sua formazione.
Nel frattempo, Matisse ebbe una figlia, Marguerite, da una delle sue modelle. La prima donna centrale della sua vita fu però Amélie, sposata nel 1998.
“Russell fu il mio maestro, e Russell mi insegnò la teoria del colore”Henri Matisse
La nascita del Fauvismo
Gli insuccessi
Con la svolta del nuovo secolo, Matisse partecipò al suo primo Salon des Indépendants (1901), e a una serie di altre esposizioni condivise con quel gruppo di artisti che si era formato durante le lezioni di Moreau. Il successo finanziario, però, faticava ad arrivare, tanto che la moglie aprì un negozio di vestiti per racimolare qualche guadagno aggiuntivo.
I Fauves al Salon del 1905
Durante l’estate passata a dipingere a Collioure (nel Sud della Francia), assieme all’amico André Derain, si accentuò nelle sue opere l’enfasi del colore. È di questo periodo La finestra aperta: una rappresentazione dei sentimenti provati dall’artista, e non della realtà. Il culmine di questa nuova tendenza fu svelato (e criticato) al pubblico al Salon d’Automne del 1905. È questa la data che segnò la nascita del movimento dei Fauves (belve selvagge), di cui Matisse fu il principale esponente.
Parigi dopo il Fauvismo
I grandi collezionisti di Matisse e l’amicizia con Picasso
Tra i sostenitori del Fauvismo ci fu la borghesia illuminata parigina. Prima tra tutti Gertrude Stein, nel cui salotto Matisse conobbe Pablo Picasso. Da quell’incontro nacque un’amicizia, caratterizzata prima dai contrasti competitivi tipici della giovinezza, e poi da un rispetto profondo e duraturo.
Altro grande acquirente (nonché amico) dell’artista fu il collezionista russo Sergej Ščukin, per cui realizzò il celebre dipinto La danza (1909).
L’Académie Matisse e il successo negli Stati Uniti
Tra il 1911 e il 1917, convinto dai suoi amici, Matisse si cimentò nell’insegnamento, aprendo a Parigi l’Académie Matisse: una scuola per giovani artisti senza fini di lucro. L’esperimento fu di breve durata; troppo era il tempo sottratto alla produzione per poter continuare.
In quel periodo, la sua fama sbarcò oltreoceano, con due dipinti esposti al New York Armory Show: la prima grande mostra di arte moderna negli Stati Uniti.
Il continente americano vedrà un altro suo importante lavoro una ventina di anni dopo, quando realizzerà per Albert Barnes una copia della Danza (La Danza II) in forma di murales per la sua Fondazione a Philadelphia.
I viaggi per il mondo
Matisse amava viaggiare. Lo si intuisce guardando alle mete in cui si recò negli anni: il Marocco, l’Algeria, arrivando fino a Tahiti. Immancabile l’Italia, dove lo colpì la Cappella degli Scrovegni di Giotto. E i luoghi visitati si riflettevano nelle sue opere. Gli sfondi cominciarono a essere popolati da arabeschi orientaleggianti, le odalische divennero le protagoniste delle tele degli anni ’20.
Nel Sud della Francia: Nizza e la malattia
Fin dall’epoca del suo viaggio in Corsica, la luce e i colori del Sud del Mediterraneo lo avevano affascinato. Soggiornò spesso a Nizza, luogo in cui conobbe Lydia: la giovane assistente russa, che lo avrebbe accompagnato fino alla fine. Gli incarichi che le furono affidati nel tempo (ben oltre la sfera lavorativa), spinsero la moglie Amélie a chiedere la separazione, malgrado non ci fossero sviluppi amorosi.
Nel 1940, ormai settantenne, Matisse fu operato d’urgenza per una grave malattia intestinale, che lo relegò per sempre alla sedia a rotelle.
I collage e le illustrazioni
Durante l’operazione, il pittore aveva creduto di morire. Considerò gli anni successivi come un “privilegio”, passato a lavorare intensamente, per quel che il suo corpo gli poteva permettere. Incapace di tenere in mano il pennello, inventò la tecnica dei papiers-découpés, simili ai collage. Pur con questi limiti, attraversò la Seconda Guerra Mondiale producendo numerose opere, ottenute ritagliando le forme direttamente nel colore. Sono di quegli anni anche le illustrazioni grafiche di una decina di volumi, tra poesia e letteratura, tra cui testi di Baudelaire o di Mallarmé.
Il progetto della Cappella del Rosario
L’ultimo grande lavoro che impegnò Matisse fino alla morte (1954) fu la progettazione e realizzazione della Cappella del Rosario a Vence, in Costa Azzurra. Commissionata dalle suore domenicane, la chiesetta porta ancora oggi il segno della gioia di vivere che caratterizzò tutta la vita dell’artista.
Matisse e i Fauves: l’Espressionismo francese
Il termine Espressionismo
Tra le Avanguardie novecentesche riunite sotto il cappello di “Espressionismo”, il primo fu quello francese (noto come Fauvismo), di cui Matisse è considerato il principale esponente. Come suggerisce il nome, l’elemento chiave del movimento era l’espressione dei propri stati d’animo attraverso il mezzo artistico. Perse importanza la percezione ottica della realtà, lasciando il posto all’introspezione e alle emozioni.
Le radici del movimento
Alle radici artistiche del Fauvismo compare per primo il Puntinismo francese di Seurat e Signac, accanto alle campiture di colori vivaci di Paul Gaugin. Ulteriore spinta a questa Avanguardia espressionista venne da Van Gogh, Munch, e dall’inglese William Turner.
Il termine Fauvismo
Per apprezzare a pieno il significato del termine Fauves (letteralmente belve), ci si affida a un aneddoto legato al Salon d’Automne del 1905. In quell’occasione, Matisse e i suoi compagni (futuri membri del movimento) esposero le loro tele rivoluzionarie, provocando lo scandalo del pubblico presente. Tra i vari commenti, rimase nella storia quello del critico Louis Vauxcelles, a cui si deve Fauves. Pare che la sua espressione fosse scaturita da un curioso (e contrastante) accostamento tra le opere dai colori violenti di quei pittori, e un busto classico posto al centro della sala espositiva. “Un Donatello tra le belve” – disse. Belve, non per aggressività di soggetti, ma di toni cromatici.
Chi furono i Fauves
Che Matisse fosse il padre del movimento, è assodato. Assieme a lui, però, sono da ricordare gli altri artisti che esposero al celebre Salon D’Automne del 1905:
- André Derain
- Maurice de Vlaminck
- Kees Van Dongen
- Raoul Dufy
La ricerca dei Fauves
I Fauvisti, Matisse per primo, miravano a sperimentare le potenzialità espressive dei colori. Una ricerca incentrata sul loro utilizzo in modo giocoso e gioioso. Spregiudicato. Al di là della corrispondenza con il reale, questi pittori impiegavano tinte forti e in contrasto tra loro, senza rispettare alcuna regola prestabilita.
Il pensiero artistico di Henri Matisse
La joie de vivre
Tutta la produzione di Matisse può dirsi caratterizzata da un sentimento di gioia perenne. I colori sgargianti, le tematiche bucoliche, i sensuali corpi femminili, trasmettono positività. È raro trovare cenni alla morte o alla malattia. Eppure, la sua vita non fu tutta di spensieratezza. A seguito dell’operazione, non abbandonò più la sedia a rotelle. Con conseguenti limitazioni fisiche e manuali. Il che era problematico, per uno come lui, dedito al lavoro assiduo e ininterrotto. La sua forza di volontà, però, lo aiutò a perseverare nella pittura, adattando i metodi alle circostanze. Quando non poté più reggere un pennello, passò a esprimere la gioia con i ritagli di carte colorate.
“Ho scelto di custodire dentro di me tormenti e inquietudini per poter trasmettere solamente la bellezza del mondo e la gioia del dipingere.”Henri Matisse
Semplificare fino a disegnare come un bambino
Durante gli ultimi anni, Matisse realizzò l’obiettivo di tutta la sua vita: arrivare all’essenzialità della forma. Una semplificazione così pura, da sembrare infantile. I papiers découpés si leggono come il risultato di una ritrovata ingenuità, in cui è il colore a dare significato alle forme.
Arabeschi, odalische e fascino per l’esotico
Grazie ai suoi viaggi in Marocco, in Algeria e a Tahiti, Matisse si appassionò alle culture extraeuropee, riportandone l’influenza nelle sue opere. Ispirato dai motivi decorativi delle stoffe e dei tappeti marocchini, cominciò a riempire i suoi sfondi di arabeschi, racemi e ripetizioni geometriche.
Le tecniche artistiche di Henri Matisse
Il colore è protagonista e definisce lo spazio
Abolendo le regole della prospettiva geometrica utilizzata fino a quel momento, Matisse rese il colore protagonista della scena. È proprio il colore a definire lo spazio; uno spazio non reale, bensì delle emozioni e della sensibilità. Se già Gaugin aveva reso la prospettiva con il colore, Matisse raggiunse una semplificazione ulteriore, sfruttandone al massimo le possibilità espressive.
Campiture piatte e contorni netti
Per Matisse, i colori avevano tra loro pari importanza. Ciò che contava era la vena antinaturalistica, nonché massima brillantezza. Sono da leggere come espressione della gioia di vivere che sempre accompagnò le opere del pittore. Ne derivano figure semplificate, con contorni netti, neri, e campiture piatte, lontane dalla realtà.
“Matisse è un mago. Il suo uso del colore è prodigioso.”Pablo Picasso
Papiers découpés
Solo in parte simile ai papiers collés di Picasso, la tecnica dei papiers découpés fu un’invenzione di Matisse. Come spesso accade con le idee più geniali, il pittore fece di necessità virtù. Già si è detto come, dopo l’operazione, muoversi e dipingere con il pennello sulla tela era diventato complicato. Così pensò di aggirare l’ostacolo, sostituendo alla pittura fresca decine di cartoncini colorati. Prima le sue aiutanti li pitturavano a tempera, seguendo i suoi ordini cromatici, poi Matisse le ritagliava. Armato di grandi forbici da sarto, delineava i contorni affondando le lame nella carta. Un’unica linea continua; un pensiero a lungo meditato che prendeva forma “dentro al colore”. Non era infatti un ritaglio improvvisato, ma una forma studiata con numerosi bozzetti, in cui l’artista eliminava a poco a poco il superfluo. L’obiettivo era sempre quello: arrivare all’essenziale per mezzo del puro colore.
“Il papier découpé mi permette di disegnare dentro il colore.” Henri Matisse
Jazz di Henri Matisse
Il libro illustrato
Venti tavole a colori, frutto di carta colorata, grandi forbici da sarto e colla. Questo è il cuore delle pagine di Jazz: la raccolta di pensieri e papiers-découpés pubblicata da Matisse con l’editore Tériade.
Il tema del circo
Il titolo originale della raccolta era “Circo”. Da qui si intuisce il tema: le emozioni e i protagonisti che animano gli spettacoli circensi. Gioia e giocosità, tipiche di quella ricerca dell’essenzialità infantile che caratterizzò la produzione di Matisse. Ogni tavola racconta una scena legata al circo. Ci sono i domatori, gli elefanti, i trapezisti, e persino i lanciatori di coltelli.
La gioia di vivere malgrado la Guerra
Dietro tanta gioia cromatica e apparenza di ingenuità, però, c’era pur sempre la Guerra che infuriava alla finestra. Gli anni di produzione furono proprio quelli centrali del conflitto; con questa consapevolezza, le illustrazioni assumono un doppio significato. Il cuore rosso del celebre Icaro diventa una ferita mortale inflitta da uno sparo. Gli elefanti addomesticati, costretti a eseguire gli ordini e, ricordano i traumi subiti dalla figlia di Matisse, Marguerite, brutalmente torturata dai Nazisti.
Le illustrazioni di Jazz
Tra le venti tavole, alcune delle più interessanti:
- Icaro. Il giovane dalle ali di cera che fallì nel suo sogno di volare è anche il simbolo dei trapezisti. In francese icarisme sta per gli esercizi al trapezio; la connessione semantica è immediata. La drammaticità della caduta dell’eroe mitico, e le stelle sul cielo che sembrano spari, ricordano la Guerra.
- Ritratto di un domatore del circo. Questo ritratto ha un profilo curioso per due motivi. Primo: se lo si ribalta, diventa quello di un mangiatore di spade. E secondo: si dice che corrispondesse al volto del generale Charles De Gaulle.
- L’incubo dell’elefante bianco. L’elefante è in bilico su una palla bianca. Attorno, le sciabolate rosse rappresentano gli incubi del povero animale, costretto a fare spettacolo per divertire la gente. Questo senso di cattività, presente anche in altre scene, richiama la figlia torturata.
La Cappella del Rosario di Henri Matisse a Vence
La storia della Cappella del Rosario
L’inizio del progetto
Durante la Guerra, Matisse fu costretto ad abbandonare Nizza, per rifugiarsi in una villa di campagna, nei pressi di Vence (in Provenza). Poco distante c’era un convento di suore domenicane, che gestivano una casa di cura. Tra queste vi era Suor Jacques-Marie (al secolo Monique Bourgeois), che era stata modella dell’artista, prima di rispondere alla sua vocazione. Fu proprio lei, nel 1947, a chiedergli di curare il progetto della loro cappella in costruzione. Le bastò mostrare al pittore uno schizzo di una delle possibili vetrate, e lui si innamorò dell’idea.
La realizzazione
La malattia e le limitazioni della carrozzina non scoraggiarono l’artista: in quattro anni il lavoro fu pronto. Con l’aiuto delle sue assistenti e modelle, Matisse riuscì a disegnare ogni aspetto della cappella: gli esterni, gli interni, e persino i paramenti dell’altare e dei sacerdoti.
L’inaugurazione della Cappella
L’inaugurazione avvenne il 25 giugno 1951; Matisse, però, non riuscì a parteciparvi. Inviò al suo posto il figlio Pierre, scusandosi con il parroco per la sua assenza dovuta agli ovvi motivi di salute.
Il capolavoro di Henri Matisse per la Cappella del Rosario
La struttura della Cappella
La cappella è una costruzione molto semplice, bianca, dal tetto di tegole blu e bianche. Lunghi finestroni verticali lasciano entrare la luce chiara della Costa Azzurra; una croce di ferro battuto ne sormonta la cima.
I disegni sulle pareti interne della Cappella
All’interno, i muri candidi accolgono le immagini sacre dipinte da Henri Matisse sulle maioliche bianche. Compare la Vergine con il bambino, delineata con un unico tratto continuo; nei pressi dell’altare c’è un monumentale San Domenico. Una Via Crucis essenziale e spirituale conclude la rassegna, distanziandosi dalle rappresentazioni canoniche.
Le vetrate della Cappella
La luce entra da fessure alte e sottili, tingendosi di giallo, verde e blu oltremare. Le immagini che decorano le vetrate sono filodendri: piante che abbondavano rigogliose attorno villa di Matisse a Vence.
Dei tre colori, solamente il giallo è smerigliato, e ostacola perciò il passaggio della luce. Ne risulta un’atmosfera dorata che “blocca la mente dello spettatore e lo trattiene dentro la cappella” – come diceva l’artista. Al giallo, e a nessun altro, è affidato l’importante compito di immergere i fedeli nel mistero.
La religiosità di Henri Matisse
Anche un ateo può dipingere il sacro
Matisse era essenzialmente ateo. Questo, in principio, causò qualche difficoltà nell’accettazione del suo aiuto. Se dal canto suo la scarsa religiosità cristiana non era un ostacolo; per la Madre Superiora del convento la situazione era più ardua da mandare giù. Per fortuna giunse a fare da mediatrice suor Jacques-Marie, che si impegnò a creare un dialogo tra le parti. Il successo finale fu anche merito suo.
Luce che rigenera l’anima
Pur nel rispetto della tradizione cristiana, Matisse inserì nella cappella una sua visione personale della trascendenza divina. Per mezzo della luce, legò la dimensione fisica a quella canoniche. I raggi del sole che penetrano dalle vetrate si elevano a luce dello spirito. Il tutto attraverso il potere del colore.
Le Opere principali di Henri Matisse
- La tavola imbandita (1897), Collezione privata, Stavros S. Niarcos
- Lusso, calma e voluttà (Luxe, calme et volupté) (1904), Museo d’Orsay, Parigi
- Madame Matisse (Ritratto con la riga verde) (1905), Statens Museum for Kunst, Copenaghen
- Donna con cappello (1905), Museum of Modern Art, San Francisco
- Finestra aperta, (1905), National Gallery of Art, Washington
- Gioia di vivere (Matisse) (1906), Barnes Foundation, Merion
- Nudo blu, ricordo di Biskra (1907), Baltimore Museum of Art, Baltimora
- La stanza rossa, (1908), Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo
- Conversazione, (1908), Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo
- La danza (1909), prima versione, Museum of Modern Art, New York
- La danza (1910), seconda versione, Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo
- Musica (1910), Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo
- L’Atelier rosso (1911), The Museum of Modern Art, New York
- I pesci rossi, (1912), Museo Puškin, Mosca
- Nudo rosa (1935), Museum of Art, Baltimora
- Signora in blu (1937), Philadelphia Museum of Art, Filadelfia
- La camicetta rumena (1940), Centre Pompidou, Parigi
- Jazz (1947), libro d’artista, papier découpé
- La tristezza del re (1952), Centre Pompidou, Parigi
- La gitana (1905), Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou, Parigi
Henri Matisse dove trovarlo nei musei
Musei in Italia
Museo del Novecento di Milano
Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli di Torino
Museo Baroffio e del Santuario del Sacro Monte di Varese
Musei all’estero
Musei Vaticani, della Città del Vaticano
Musée Matisse di Nizza
Ermitage di San Pietroburgo
Bibliografia
Henri Matisse, Gioia di Vivere, a cura di Giorgio Agnisola, Donzelli Editore, Roma, 2022
Gloria Fossi, Matisse, collana Art e Dossier, Giunti, Firenze, 2017