Professione artista. E, per stipendio, un rotolino di soldi infilato nella tasca dei jeans
Da una parte le norme europee, il riconoscimento del lavoro dell’artista, con tutti i crismi che una professione comporta. Dall’altra la realtà (italiana), fatta di zone d’ombra più o meno intensa. Maddalena Fragnito ne parla e ci costruisce progetto un progetto. Altro che evasione (fiscale)!
“Invitiamo lo Stato italiano a sviluppare o applicare un quadro giuridico e istituzionale al fine di sostenere la creazione artistica, mediante l’adozione o l’attuazione di una serie di misure coerenti e globali che riguardino la situazione contrattuale, la sicurezza sociale, l’assicurazione malattia, la tassazione diretta e indiretta e la conformità alle norme europee; sottolineiamo che occorre prendere in considerazione la natura atipica dei metodi di lavoro dell’artista; sottolineiamo inoltre che occorre prendere in considerazione la natura atipica e precaria di tutte le professioni artistiche; incoraggiamo lo Stato italiano a sviluppare la definizione di contratti di formazione o di qualificazione nelle professioni artistiche; proponiamo pertanto allo Stato italiano di agevolare il riconoscimento dell’esperienza professionale degli artisti”.
Ha il tono di un manifesto d’alternativa politica, ma soprattutto vuol essere una sfida all’agonia di un sistema. Gli input culturalmente bellicosi saranno ulteriormente sviluppati dal lavoro in progress di Maddalena Fragnito (Milano 1980), visual artist impegnata nella realizzazione de Lo spettacolo che tutti vogliono.
Abbiamo assistito a un’anticipazione dell’interessante progetto pochi giorni fa Milano, nel corso della tavola rotonda Natura – Donna – Impresa – verso Expo 2015. Maddalena Fragnito ha proiettato un video (primo passo dello spettacolo in progress) ideato e realizzato con Emanuele Braga (della compagnia di teatro fisico Balletto Civile) girato nel Teatro Due di Parma. Mentre scorrevano le immagini (ispirate a una recente protesta che ha visto l’occupazione di sedi istituzionali nel Wisconsin contro i tagli della spesa sociale), Fragnito ha letto un testo tratto dallo Statuto Sociale degli Artisti redatto dal Parlamento Europeo nel 2007.
Come incipit del video, una panoramica a 360 gradi su luoghi spogli, poi man mano il riempirsi degli spazi di persone e azioni. “Immagini dissonanti di bivacchi e sacchi a pelo tra mura istituzionali, come forma di protesta e tentativo collettivo di rimettere in piedi l’apparato statale in modo partecipato”.
A stridere maggiormente tra i principi dello Statuto europeo e la realtà messa in risalto dall’artista, una questione su tutte: il primo riconosce “nel fare arte, una professione”; di contro, la quotidianità, con esperienze a dir poco opposte.
“In questi ultimi anni”, ha stigmatizzato Maddalena Fragnito, “mi sono un po’ allontanata dai percorsi convenzionali dell’arte contemporanea per tante ragioni, tra cui quella di sentirmi molto in imbarazzo e poco coerente nel promuovere il mio lavoro all’interno di meccanismi spesso in totale contraddizione con le tematiche che rappresentavo. Un esempio per tutti: un progetto sull’evasione fiscale fatto all’interno di una galleria che di fatto non mi avrebbe mai pagato in altri modi, se non infilandomi rotolini di soldi nella tasca posteriore dei jeans. Queste cose non sono generalizzabili, descrivono però un modo di fare comune nel mondo dell’arte. E qualcuno direbbe: ‘Ti è andata bene!’, visto che in molti altri casi il rotolino non lo vedi neanche e, inutile dire, difficile reclamarlo”. E poi non si dica che Artribune non mette a disposizione dei lettori argomenti di cui dibattere quiggiù nei commenti…
Caterina Misuraca
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