Case veneziane. Per artisti. Vol. 2
Dopo Palazzo Carminati, il nostro breve tour veneziano targato Bevilacqua La Masa arriva agli Atelier della Giudecca. Siamo all’interno del chiostro di Cosma e Damiano. Proprio qui lavorano altri giovani artisti. Galleristi, dealer e talent-scout, drizzate le antenne.
Nebojša Despotovic e Aleksander Velišček sono due giovani pittori, rispettivamente d’origine serba e slovena, formatisi all’Accademia di Belle Arti di Venezia e impegnati in una ricerca sul tema della memoria e dell’identità collettiva. Nebojša Despotovic dal punto di vista formale ricerca, attraverso una precisa riduzione all’essenziale, i tratti distintivi di un volto, di una scena e di un ricordo, per cogliere quegli elementi che possono diventare parte di una possibile memoria in cui ognuno potrebbe – inconsapevolmente – riconoscersi. All’opposto, il lavoro di Aleksander Velišček parte dalla raffigurazione di immagini ed eventi appartenenti alla storia dei Balcani. Questi simboli vengono tradotti in una narrazione pittorica che esalta il carattere di sogno di cui era composto l’immaginario nazionale jugoslavo e, con sottile ironia e gusto per la provocazione, producono una riflessione sulla Slovenia nell’era della globalizzazione, tra apertura dei confini e yugonostalgia.
Andrea Napolitano è un videomaker professionista e performer multimediale. I suoi lavori creano spazi virtuali attraverso la manipolazione di software audio-video. Nel suo studio sviluppa ambienti immersivi composti da bit e frame in cui si visualizzano suoni prodotti dall’interazione degli spettatori con lo spazio espositivo e le macchine, controllate live dall’artista.
Per Nico Angiuli e Serena Vestrucci la domanda sembra essere: che fare? Legando e opponendo al tema del “lavoro” la propria attività e produzione fattuale, i due artisti progettano uno spazio e un tempo in cui agire e assumere un ruolo nel mondo. I progetti di Nico Angiuli documentano il mondo del lavoro, raccontandolo attraverso un diario di esperienza come fattorino, o seguendo la gestualità dei mestieri contadini attraverso la loro evoluzione nel corso della rivoluzione industriale. La mappatura prodotta dall’artista viene raccolta in un video, in cui le gestualità sono ricreate attraverso delle precise coreografie. La stessa volontà di ricerca, analisi e documentazione di un gesto si verifica, capovolta, nei lavori in collaborazione con il suo alter ego, Pino Pascali: la continuazione della sua poetica diventa progetto di lavoro, ripetendone le opere e mimandone i gesti. L’operazione di reincarnazione viene costantemente documentata, fino ad essere messa in scena al Premio Lum realizzando un atelier composto da opere mai realizzate provenienti da un taccuino dell’artista scomparso negli anni ’70.
La ricerca di Serena Vestrucci invece consiste in una operazione in cui il tempo fisico è messo in relazione con il tempo individuale. Demandando a oggetti inanimati o persone la realizzazione e il compimento delle opere, l’artista si riserva solo l’ultima parola, interrompendo o congiungendo le due temporalità. Recentemente ha vinto il Premio Stonefly 2011 grazie a una installazione di cui è rimasta traccia nel suo studio, realizzata con l’ausilio di macchine composte da pennarelli colorati: “Si tratta di strutture in grado di disegnare durante l’assenza dell’artista, in modo da comporre la geografia cromatica di una passeggiata. Il disegno ottenuto simboleggia graficamente il tempo trascorso e, al mio ritorno, mi trovo dinanzi una mappa sempre nuova, costellata di caleidoscopiche macchioline che segnano la traiettoria immaginaria della mia giornata”.
Tommaso Zanini
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