Da Salisburgo al successo. Intervista a Cecilia Bartoli
In attesa della nuova edizione del Festival di Pentecoste a Salisburgo, abbiamo intervistato il suo direttore Cecilia Bartoli, che nelle prossima rassegna interpreterà un ruolo tutto maschile. Ispirato al poema ariostesco per eccellenza.
Nonostante la sua folgorante carriera, sia artistica sia manageriale (dirige il Festival di Pentecoste di Salisburgo dal 2012 e il suo incarico è stato esteso al 2021), Cecilia Bartoli è rimasta la semplice ragazza che incontrammo alla metà degli Anni Ottanta, quando aveva all’incirca vent’anni, in un palchetto laterale del Teatro dell’Opera di Roma e con cui tra un atto e l’altro conversammo amabilmente. Ha interpretato principalmente personaggi femminili; all’inizio del prossimo Festival di Pentecoste di Salisburgo, dal 2 al 5 giugno 2017, vestirà per la prima volta i pantaloni.
Sarà il giovane, e melanconico, eroe ariostesco Ariodante di Georg Friedrich Händel, su adattamento anonimo di un libretto italiano di Antonio Salvi, vagamente ispirato all’omonimo episodio dell’Orlando Furioso. Ariodante, che verrà ripresa nella seconda parte del Festival Estivo di Salisburgo, dal 21 luglio al 30 agosto, è l’opera con cui nel 1734 il Covent Garden di Londra (teatro sino ad allora destinato a spettacoli “leggeri”) si aprì alla lirica, a conclusione di una complessa vicenda in cui i “nobili” si riappropriarono del King’s Theatre dove operava Händel con la sua compagnia.
“Con Ariodante”, afferma Cecilia Bartoli, “intraprendo un viaggio romantico nel sogno attraverso un prisma di poeti, come Ariosto e Ossian, così come Alice si immerge nello specchio magico del Paese delle Meraviglie. Queste escursioni attraverso paesaggi incantati, in fondo, ci avvicinano al nostro io più profondo. È un viaggio fino in Scozia”. Ma non nella Scozia quale meta popolare di vacanze, neanche nella Scozia dominata dalle discussioni scottanti e in cerca di un’identità moderna, bensì in un mondo magico, romantico e mistico, un viaggio a ritroso nel tempo. Nel Settecento e forse nell’Ottocento?
La seconda opera in cartellone al Festival di Pentecoste – La Donna del Lago di Gioacchino Rossini – si svolge anch’essa in una Scozia mitica ma carica di presagi pre-romantici, nonché, al pari di Ariodante, densa di melanconia. Il Festival include anche un attesissimo concerto su Le Eroine di Händel. Abbiamo chiesto tutti i dettagli al suo direttore.
Cosa significa per lei Salisburgo?
Una città speciale in cui l’arte in generale e la musica in particolare sembrano essere parte integrante della vita quotidiana, dei bisogni di ogni giorno della popolazione. Ho grande affetto e stima per Salisburgo. È il “cibo per l’anima” che si respira e avverte. Per questo motivo riesco a esprimere il meglio di me in questa città.
Cosa significa per lei Händel?
Uno scrittore mio amico mi ha detto che Händel aveva un’enorme collezione di arte, alcune centinaia di quadri, con enfasi sui nudi femminili. La sensualità musicale di Händel deriva dalla sensualità nel visivo o forse ciascun quadro ha una corrispondenza in una delle sue arie. L’arte del più alto calibro e della maggiore profondità emotiva, unitamente alla gioia dei sensi, un pizzico di serietà e una buona dose di humour. Questo è il modo in cui vedo il “mio Händel”.
Quali sono le ragioni che l’hanno indotta a scegliere Ariodante?
Attorno al 1733, Händel si accorse che sulla piazza di Londra aveva un forte competitore, Nicola Porpora, con la sua pop star Farinelli. Una competizione tale che avrebbe portato al dissesto delle due compagnie. Händel ce la mise tutta e creò due capolavori assoluti, Alcina e Ariodante, che nulla avevano a che vedere con la routine della composizione barocca. Ariodante è perfettamente in linea con i criteri del Festival: mostrare capolavori del passato in un nuovo contesto. In aggiunta, questo capolavoro non è mai stato rappresentato a Salisburgo. Infine, mi interessava interpretare per la prima volta un personaggio maschile, dopo tutti quei ruoli di donne sofferenti e a volte morenti.
Il regista Christoph Loy ha diretto a Salisburgo Theodora di Händel, Armida di Haydn, La Donna senz’Ombra di Strauss. Lei ha lavorato con lui a Zurigo in Alcina di Händel. Quali sono le sue caratteristiche?
Cristoph è un grande esteta che non si perde negli aspetti superficiali, ma cerca quelli più profondi. È un regista preciso e intelligente. Non esclude la sensualità e lo humour. È un mago che sa trasferire la vita interiore dei personaggi in azione scenica e affascina il pubblico.
Quale sarà l’accento della nuova produzione?
Siamo in un ambiente nordico. Il giovane Ariodante avrà un kilt, il tipico gonnellino scozzese, sopra l’armatura. Ci saranno anche tante sorprese.
Creare un nuovo ensemble musicale è certamente una delle soddisfazioni maggiori per un artista. Un sogno che lei ha realizzato con Les Musiciens du Prince, il cui mecenate è il Principe Alberto II di Monaco. Cosa si aspetta da questa orchestra?
Ritengo che sia stato un grande dono potermi dedicare alla musica in questo periodo. Mi obbliga a trattare questo prezioso privilegio con cura e responsabilità. Grandi istituzioni culturali, e specialmente le orchestre specializzate, sono lottano continuamente per sopravvivere in una fase in cui si riducono i finanziamenti sia pubblici sia privati. Ricevere un supporto “principesco” è davvero meraviglioso. Fa rinascere l’idea dell’interazione tra la musica di Corte e le orchestre di Corte. Sono stata recentemente nominata “Musico di Corte”. Rispondo: “Evviva Salisburgo! Evviva Monaco!”.
La Süddeutsche Zeitung ha di recente scritto che si tratta di un complesso con solisti eccellenti. Ha qualcosa da aggiungere?
L’esito della nostra prima tournée europea è stato inatteso e straordinario. È importante che Les Musiciens du Prince non venissero percepiti come un ensemble che avesse come scopo principale quello di fornire i suoni richiesti dalla diva. Sono orchestrali stupendi, che si esibiscono come solisti. Il programma è stato concepito deliberatamente per arricchire i concerti alternando arie con brani strumentali per solisti.
Dove trova tanta energia?
Forse è un fattore genetico. Non ho mai conosciuta una donna energica come mia nonna.
Giuseppe Pennisi e Patrice Poupon
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