Dall’Archivio Viafarini. Intervista con Simone Monsi
Il ciclo di conversazioni tra Progetto /77 e alcuni degli artisti incontrati nell’ambito del progetto “Portfolio Review Re-enactment”, in collaborazione con Viafarini, stavolta cede la parola a Simone Monsi, impegnato in un’indagine sul legame tra strumenti digitali e creatività.
Il lavoro di Simone Monsi (Fiorenzuola d’Arda, 1988) esplora la sensibilità delle culture giovanili e la loro rappresentazione su piattaforme di microblogging, dalle quali estrapola immagini e contenuti virali. Il blog diventa metodo per indicizzare collezioni dinamiche composte di popolari frasi melanconiche, fermi immagine di Evangelion e gif porno; mentre la scultura, l’installazione e i social network sono momenti di un unico processo che porta le opere a diventare esse stesse immagini virali una volta ripostate online. Ha da poco concluso un MFA alla Goldsmiths University di Londra e ha partecipato alla 16a Quadriennale di Roma. In occasione del Degree show in scena lo scorso luglio presso l’ateneo londinese, Monsi ha presentato una grande installazione composta da tre elementi: i Transparent word banners, una serie di frasi sentimentali fra le più banali e popolari di Tumblr, realizzate con letterine di plexiglass semitrasparente e appese al muro come dei festoni di compleanno; I’m tired of being myself! I’m so tired of being young!, due poster, uno di Shinji e uno di Rei, protagonisti adolescenti di Neon Genesis Evangelion; e CAPITOLO FINALE: Let’s Forget About It Let’s Go Forward – From Meaning To Intensity, il ventiseiesimo episodio di Mani!! I Love Holding Hands – It’s okay for me to be here!, quattro sculture tappezzate di immagini di tramonti e dalle quali fuoriescono piccoli tentacoli.
I tre lavori interagiscono fra di loro rimandando ai reciproci immaginari e creando nuove connessioni. Puoi raccontarci dell’installazione nel suo complesso?
Al Degree show volevo fossero presenti gli elementi che erano stati centrali nella mia ricerca degli ultimi due anni. Pensavo che a fianco di lavori appena prodotti fosse importante mostrare anche lavori meno recenti, che però dessero una sensazione di continuità nella produzione; in particolare mi riferisco ai banners, che avevo già esposto singolarmente in altre occasioni, ma che al Degree show avrebbero avuto visibilità come un corpo di lavori completo e coerente.
Quali aspetti hai preso in considerazione?
Lo show era anche autobiografico. Il capitolo finale di un percorso, appunto. Pensavo ai tre lavori come a tre momenti della mia ricerca: per me i banners rappresentano l’inizio del mio interesse nel collezionare frammenti decontestualizzati dalla dashboard di Tumblr; le manone, invece, erano il punto raggiunto in quel momento nella mia indagine sulla funzione delle mani nell’era “post-slide to unlock”; mentre i poster mi piace pensarli come un semino che potrebbe germogliare nel mio lavoro futuro, o meglio, un punto dal quale ripartire introducendo nuove idee: Shinji e Rei che parlano con le parole di Bifo Berardi, una presa di coscienza dello stato attuale del dibattito attorno al tema del “post-workerism”, e un’apertura verso alternative al nostro presente del capitale digitale e post-globale. E poi, a parte tutto, era anche un modo per salutare Goldsmiths, letteralmente: CIAO CIAO!
Parte del tuo lavoro si sviluppa dalla frequentazione di comunità online come Tumblr per indagare l’accelerazionismo tecno-sociale e le sue implicazioni. Durante lo studio visit ci hai raccontato della corrispondenza fra la coscienza collettiva degli utenti e il pensiero di Franco Berardi. Puoi parlarcene?
Sì, un bel domandone! Sono temi molto attuali e in pieno svolgimento, che animano il dibattito accademico. Quel che ti posso dire è come questo dibattito accelerazionismo vs Bifo abbia influito sulla mia ricerca. Mentre preparavo la mia tesi di laurea, stavo leggendo Heroes di Bifo e trovai intrigante come nel libro utilizzasse espressioni simili, o a volte addirittura identiche, a frasi malinconiche molto popolari che da anni girano sui social in forma di meme. Era come se la frustrazione derivata dall’introduzione sempre più veloce di nuove tecnologie e dall’ibridazione di vita online e offline, avesse raggiunto il dibattito accademico e, facendolo, non avesse neanche cambiato forma più d tanto, ma era stato contestualizzato in un discorso storico-sociale più ampio. In Heroes, Bifo utilizza un punto di vista che trovo interessante, perché prende in considerazione l’effetto dell’evoluzione tecno-sociale sugli adolescenti, in particolare quelli che poi sono stati protagonisti di casi di omicidi di massa.
Hai all’attivo cinque blog: Congratulations!, Peacocks Inside My Head Forever, Alone is the new together, #wildsimo e Stills from Evangelion. Che ruolo svolgono all’interno della tua ricerca?
In realtà al momento i blog sono 14, non tutti attivi, un paio ancora da iniziare. Quelli che hai citato, però, nel tempo hanno avuto più influenza sulla mia produzione artistica.
Mi piace tantissimo collezionare, o meglio, archiviare. Le collezioni mi piacciono perché sono il risultato di un processo di archiviazione. Il blog è una piattaforma dinamica che utilizzo per archiviare, attraverso gli hashtag, le immagini che potrebbero diventare rilevanti nell’ideazione di nuovi lavori, per la documentazione di un testo da scrivere, o la cover picture del mio Facebook… A volte alcuni blog molto attivi in passato sono poi diventati veri e propri lavori o, al contrario, è capitato di dover trasformare un lavoro in un blog per poter tenere traccia della sua diffusione online, come per Yesterday my Flight was Pretty Boring. Inoltre, spesso e volentieri, nella fase di brainstorming per l’ideazione di un nuovo lavoro, stampo immagini o interi post dai miei blog, li appendo al muro, si mescolano, la frase triste va vicino al palloncino, il palloncino vicino all’emoji, un pizzico di Rei e il prossimo mostro è servito!
/77
www.viafarini.org
http://progetto77.tumblr.com/
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