L’alienazione dell’era industriale. Giulio Turcato a Firenze
Galleria Il Ponte, Firenze – fino al 14 aprile 2017. Una retrospettiva sull’opera di Giulio Turcato, tra i maggiori esponenti dell’Astrattismo e dell’Informale italiano, incentrata sul fondamentale periodo degli Anni Sessanta e Settanta. La sperimentazione che si sublima nella concettualità, strizzando l’occhio a Jackson Pollock e al “cittadino estraneo” di Italo Calvino.
L’Italia del “miracolo economico” e del consumismo, l’alienazione urbana e lo smarrimento sociale: dalle opere di Giulio Turcato (Mantova, 1912 – Roma, 1995), autorevole esponente dell’arte contemporanea italiana, emerge una poetica dolorosa ma lucida, persino impietosa nel suo ritrarre in obliquo un Paese che stava cambiando. Sperimentatore di superfici come il catrame e la gommapiuma, cui aggiunge le pastiglie dei cachet così di moda in anni di “depressione professionale”, Turcato si fa anche interprete dell’anelito di evasione che la civiltà industriale cova nel suo intimo. Dalla serie Tranquillanti a quella delle Superfici lunari, è evidente lo stato di sofferenza sociale. Superfici oscure, campiture monocolori, che accolgono macchie, sbavature, bianche pastiglie, ben lontane l’una dall’altra, esattamente come gli esseri umani nelle affollate strade di una qualsiasi “Milano da bere”.
Niccolò Lucarelli
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