Basquiat la regalità l’eroismo e la strada
Incontro di approfondimento sulla figura di Basquiat con Francesca Amé e Luca Zuccala.
Comunicato stampa
Francesca Amé e Luca Zuccala prendono spunto dalla biografia Basquiat scritta da Michel Nuridsany, che ricostruisce passo passo l’odissea di questo artista fenomenale, primo afro-americano a imporsi sul mercato dell’arte e consacrato come il nuovo Picasso.
Da graffitaro per le strade di New York ad artista conteso dai grandi galleristi internazionali, in otto anni Jean-Michel Basquiat realizza oltre 1000 opere, di cui un centinaio a quattro mani con Andy Warhol, che raggiungono quotazioni stellari.
È il 10 febbraio 1985, e sulla copertina del New York Times Magazine campeggia Jean-Michel Basquiat seduto su una poltrona, con lo sguardo dritto nell’obiettivo mentre impugna sprezzante un pennello. Scalzo, con il piede sinistro poggiato su una seggiola rovesciata come fosse una carcassa di animale, mostra l’orlo dei pantaloni Armani sporchi di pittura.
Distanze siderali sembrano ormai dividerlo dai tempi in cui, sottrattosi all’indifferenza borghese del padre e all’instabilità psichica della madre, aveva scelto la strada, il mondo underground dei graffiti e della musica no wave, dei club, ma soprattutto i muri di New York per dare sfogo a quell’“ottanta per cento di rabbia” che alimentava la sua fame di successo. Dall’anonimato di SAMO – il marchio con cui aveva timbrato a fuoco la pelle di una città ancora ostaggio dei problemi razziali, del degrado urbano e della speculazione edilizia – nel giro di soli quattro anni Jean-Michel passa a firmare opere a quattro mani con Andy Warhol. È ormai il più importante pittore nero americano, anzi il “primo” pittore nero di fama internazionale. Un traguardo fortemente voluto e raggiunto con caparbietà, che non tarda a trasformarsi in un’etichetta da appiccicargli addosso, ad assumere i contorni di una gabbia dorata in cui l’establishment dell’arte sembra averlo rinchiuso e da cui nemmeno gli eccessi e forse l’ultimo, estremo tentativo di fuga – un ritorno alle origini, a quell’Africa meta del biglietto aereo trovatogli nelle tasche al momento della morte – riusciranno a salvarlo.
Personalità contraddittoria in un’epoca di contraddizioni, Basquiat vive sulla propria pelle e nella propria persona un turbinio di stimoli, un groviglio di sensazioni che riversa poi sulla tela e su qualsiasi supporto abbia a portata di mano: magicamente, parole, immagini e suoni si ricompongono in un’unità, una forma nuova che fa di lui uno dei maggiori poeti visivi del Novecento.