Versus. Il dibattito tra affordable e high-end
Meglio acquistare arte accessibile o investire nella fascia alta del mercato? Per tentare di rispondere a questa domanda, sono ospiti della rubrica “Versus” la critica e curatrice indipendente Chiara Canali e la gallerista Raffaella Cortese.
Mentre si moltiplicano le fiere low cost e le iniziative rivolte ai collezionisti più giovani, c’è da chiedersi se il progressivo allargamento del bacino di utenza dell’arte contemporanea non stia avvenendo a discapito della qualità e dei contenuti. Nel campo della musica o del cinema, il pluralismo è decisamente più avanzato, perché tali forme di espressione artistica sono rapidamente diventate di massa (con tutti i rischi di appiattimento connessi). Ma la prospettiva di un’autentica democratizzazione nel settore delle arti visive è un’utopia o uno scenario realistico? Adeguare la proposta alle esigenze di una fruizione generalista costringe necessariamente a semplificare in maniera eccessiva e ad amplificare la dimensione dell’intrattenimento? Il pubblico è in grado di indirizzare consapevolmente e autonomamente il mercato, magari trovando il coraggio di spaziare oltre la ristretta cerchia dei nomi consolidati? Quale dovrebbe essere l’andamento delle quotazioni, nell’ottica di una positiva evoluzione del sistema? Raffaella Cortese e Chiara Canali si confrontano su questi temi nel quarto appuntamento con la rubrica Versus.
Ritenete sia da preferire, per un mercato dell’arte in buona salute, un approccio orientato all’accessibilità e all’allargamento del pubblico, oppure un modello che anteponga la qualità e la selezione al contenimento dei prezzi?
Chiara Canali: Oggi l’arte contemporanea deve stabilire un rapporto diretto con il pubblico, in una prospettiva di piena accessibilità, intesa dal punto di vista intellettuale, etico e sociale, ma anche economico. Jeremy Rifkin afferma che siamo entrati nell’“era dell’accesso”, dominata dalle potenzialità delle reti digitali. Arthur Danto constata che il modello attuale del sistema dell’arte è il libero mercato e non la gerarchia dei saperi. Nicolas Bourriaud e Claire Bishop hanno portato alla ribalta definizioni come “estetica relazionale” e “arte partecipativa” per riferirsi a pratiche artistiche di sempre maggiore interazione con il pubblico. Dopo la crisi economica si sono attivate nuove modalità di investimento, come la vendita diretta su piattaforme online o il crowdfunding, e soprattutto l’opportunità di rivolgersi a giovani artisti, con prezzi decisamente favorevoli.
Raffaella Cortese: Ho sempre pensato che l’arte appartenga a chi la voglia conoscere. Io ho un concetto alto dell’arte a livello di valori e contenuti, ma non sono contraria alla sua democratizzazione, processo, peraltro, nel suo pieno sviluppo. L’importante, però, è fornire strumenti utili per orientarsi, offrire un’informazione adeguata e un’educazione all’arte svincolata il più possibile da trend e mode effimere. La mia galleria si misura da sempre con un collezionismo molto eterogeneo, proponendo artisti di diverse generazioni e opere con fasce di prezzi differenti. Non ho mai abbassato la qualità in base alla richiesta, ma cerco di formare ed elevare il gusto.
Quanto incidono il giudizio dei critici, il rating di galleristi e collezionisti e il gusto del pubblico nel determinare il valore di un’opera d’arte? Prezzo e valore corrispondono sempre?
C. C.: Sicuramente il sistema dell’arte, con i suoi riconosciuti protagonisti come le gallerie, i critici, i collezionisti, le riviste, contribuisce a condizionare il mercato e a creare dei trend di gusto. Tuttavia alcuni fenomeni artistici come la Street Art (e io credo in futuro anche l’arte digitale), nati e cresciuti in background differenti da quelli del sistema dell’arte e approdati nel mainstream in un secondo momento, dimostrano come negli ultimi tempi il garante del successo di un artista sia il consenso del pubblico. A titolo esemplificativo di questa teoria vorrei riportare l’immagine Spectre of Evaluation di Thomas Hirschhorn, che visualizza una sempre più grande apertura nei confronti di un pubblico “non esclusivo”.
R. C.: Il prezzo di un’opera non sempre corrisponde al valore effettivo, ed è la storia dell’arte a insegnarcelo. Caravaggio vide i suoi capolavori rifiutati, gli Impressionisti esposero nel Salon des Refusés; senza andare troppo lontano, quante riscoperte di artisti degli Anni ‘60 oppure morti da poco? Ci dimentichiamo che il grande giudice del valore dell’opera è il Tempo. Georges Didi-Huberman dice che il tempo dell’immagine è plurale, sfalsato, eterogeneo e che le opere sono profezie, aggiungo io, anche in questo momento storico in cui l’arte è legata all’investimento economico-finanziario. Il sistema dell’arte contemporanea è articolato in strutture e circuiti di produzione, circolazione, vendita e valorizzazione culturale complessi e internazionali, che determinano il rapporto fra valore estetico e valore economico. I social hanno poi amplificato e potenziato le dinamiche dell’arte e il gusto del pubblico. Sul versante del mercato più speculativo, alla stregua del mercato azionario, l’arte è molto legata a fattori economici e politici.
Nella consapevolezza che ogni esemplificazione non può essere esaustiva e rappresenta semplicemente un punto di vista, vorrei provassimo a fornire qualche riferimento concreto. Raffaella, potresti citare alcuni artisti di fama consolidata le cui quotazioni sono, a tuo parere, più agganciate a una ricerca solida che a trend momentanei o a fenomeni speculativi? Chiara, mi piacerebbe che invece tu cercassi di indicare qualche giovane emergente le cui opere, pur essendo proposte a prezzi contenuti, ti sembrano degne di nota.
R. C.: Gli artisti di cui mi chiedi sono quelli legati a un mercato non speculativo e i cui curricula vantano mostre museali prestigiose, testi critici di qualità e appoggio di forti gallerie. Per questi artisti c’è ancora possibilità di crescita, soprattutto per alcuni cicli di opere non correttamente valutati dal mercato. Tra gli artisti che rappresento, il valore economico delle opere di Zoe Leonard e Miroslaw Balka si sta incrementando di pari passo a importanti retrospettive, premi prestigiosi e al sostegno di gallerie internazionali. Joan Jonas e Anna Maria Maiolino hanno avuto un riconoscimento tardivo, ma ora spiccano anche grazie al loro lavoro degli Anni Settanta. Anche gli artisti italiani stanno crescendo sul piano delle quotazioni, se avessimo un network più strutturato raggiungerebbero in tempi più brevi la giusta affermazione.
C. C.: Reputo interessanti nel panorama attuale una serie di artisti che lavorano con le nuove tecnologie sperimentando linguaggi innovativi, dal quadro digitale ed elettronico alle elaborazioni digitali, dalle animazioni in 3D all’interattività. Già presenti nelle collezioni museali o nei festival internazionali, ma ancora di facile investimento, le opere di Davide Coltro e Giuliana Cuneaz; e ancora di Vincenzo Marsiglia, Nicola Evangelisti e, tra i più giovani, Alessandro Brighetti, Marco Mendeni, Alessandro Borgonovo. Nel campo della ricerca pittorica, potrei citare Desiderio, Lapo Simeoni, Federico Unia, Giacomo Cossio e Paolo Ceribelli, mentre nell’ambito della Street Art e Urban Art, Pao, Orticanoodles, Zibe, No Curves, Opiemme e Mr. Savethewall.
Multipli, edizioni digitali, commercio online: quali sono le strategie più utili per avvicinare all’arte fruitori diversi dai collezionisti abituali? L’ampliamento del target espone al rischio di banalizzazione?
R. C.: Il commercio online crescerà, ma per noi rappresenta, al momento, una parte infinitesimale. La comunicazione attraverso il sito e i social coinvolge un pubblico sempre più vasto, ma coloro che vogliono davvero avvicinarsi all’arte e comprarla devono passare dal virtuale al fisico, altrimenti si precludono il piacere di emozionarsi! Per me la galleria resta un luogo importante per l’arte e per i rapporti umani e culturali tra gallerista e collezionista.
C. C.: Una modalità utile per avvicinare i giovani collezionisti è l’organizzazione di fiere satellite dedicate all’arte emergente. Io stessa avevo collaborato qualche anno fa allo sviluppo a Milano della fiera Arte Accessibile. A Bologna c’è SetUp Contemporary Art Fair, a Torino The Others… La banalizzazione è scongiurata grazie alla presenza di un valido comitato curatoriale!
Vincenzo Merola
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