Jasmine Pignatelli / Patrick Tabarelli – Echo of hidden places
In Echo of Hidden Places, letteralmente Eco di luoghi nascosti, dove l’uso dell’inglese, la lingua franca delle modernità, pone l’accento sul vivere nell’oggi, si celano territori condivisi entro cui si muovono gli artisti.
Comunicato stampa
Sabato 25 febbraio 2017 alle ore 18.00 la Galleria FabulaFineArt presenta ECHO OF HIDDEN PLACES doppia personale di Jasmine Pignatelli e Patrick Tabarelli a cura di Maria Letizia Paiato. «L’arte non ripete le cose visibili, ma rende visibile. L’essenza della grafica induce spesso e giustamente all’astrazione. Nella grafica albergano i fantasmi e le fiabe dell’immaginazione e nello stesso tempo si rivelano con grande precisione. Quanto più puro il lavoro grafico, vale a dire quanto maggiore l’importanza attribuita agli elementi formali sui quali si basa la rappresentazione grafica, tanto più difettosa la disposizione a rappresentare realisticamente gli oggetti visibili». Sono trascorsi quasi cento anni da quando Paul Klee scrisse il saggio Confessione Creatrice, nel cui incipit si concentra il senso di molte ricerche d’avanguardia interessate alla destrutturazione delle forma e all’emancipazione dell’io creativo. Studi che hanno segnato indelebilmente molte delle espressioni artistiche del “secolo breve” e che, non possono essere negati nella lettura degli eterogenei e trasversali linguaggi dell’arte contemporanea. L’arte di Klee, di fatti, rende visibili i processi della natura e della mente e indica l’essenza dell’essere e del divenire degli accadimenti. Jasmine Pignatelli e Patrick Tabarelli appaiono visivamente distanti, eppure nel serrato dialogo fra le loro opere, si cattura il riflesso di un suono comune. In Echo of Hidden Places, letteralmente Eco di luoghi nascosti, dove l’uso dell’inglese, la lingua franca delle modernità, pone l’accento sul vivere nell’oggi, si celano territori condivisi entro cui si muovono gli artisti. Entrambi lavorano su un campo che contempla la geometria, riconoscendo nel concetto di forma e nella prassi qualcosa di essenzialmente non statico, la forma come metamorfosi di se stessa e creazione in costante movimento. Allo stesso tempo in questa espressione è radicato il concetto di una natura dinamica, di coscienza del circostante che spinge all’ideazione di una forma che diventa creazione pura. Sia Jasmine Pignatelli sia Patrick Tabarelli, nella consapevolezza di una tradizione artistica novecentesca, mostrano personali ricerche dedite a una sperimentazione su “punti, energie lineari, piane e spaziali” che producono forme. Patrick Tabarelli, nel perseguire una riduzione di questi elementi, arriva a una sintesi compositiva fatta essenzialmente di sole linee, espressione visiva di una disamina allargata dei meccanismi di creazione e fruizione dell’immagine. Ne consegue un’ambiguità formale, un’incertezza percettiva che porta ad accostare il suo lavoro al principio d’indeterminazione della meccanica quantistica, enunciato da Werner Karl Heisenberg, che contempla i concetti di gioco e caso per ciò che accade nello spazio e nel tempo circa le leggi naturali. L’idea d’incertezza percettiva è rafforzata nella sua più recente produzione, dove i dipinti non sono più realizzati a mano ma da drawing machine con hardware e software artigianali, attraverso cui si generano in autonomia le varianti dei pattern che in seguito appaiono sulle superfici. Quelle linee fluttuanti, oltre a rendere comprensibile il pensiero Heisenberghiano riferito al concetto di “onda”, rivelano il labile confine fra produzione umana e meccanica. Tuttavia, ciò che conta davvero è l’inaspettato risultato estetico. I suoi dipinti, dai colori accesi e brillanti, sono sorprendentemente empatici e sanciscono un inatteso legame emotivo con chi osserva, lasciando spazio all’immaginazione. «I concetti di modulo, di vettore (modulo provvisto di direzione e verso) e di segno plastico - sono gli strumenti che Jasmine Pignatelli rende - interpretabili come segnali capaci di materializzare un ambiente e che rappresentano gli oggetti reali di un concetto astratto di paesaggio e di un possibile altrove». Sono queste sue stesse parole a chiarirne la ricerca, le cui fondamenta poggiano su quegli elementi della rappresentazione grafica che lei materializza in senso formale, ma senza immolarne l’originaria natura. Nelle diverse e possibili combinazioni di questi “dispositivi spaziali” e statici, nella loro liberazione o raggruppamento, Jasmine Pignatelli crea raffinate composizioni generatrici di movimento, quest’ultimo sempre alla base di ogni divenire, di ogni espressione di vita. La sua arte è di conseguenza una similitudine dell’inquietudine antropica, della difficoltà umana “a individuare una direzione precisa e un luogo geografico di appartenenza”, e al contempo è una possibile traccia perché l’io possa definire un proprio luogo di azione. Il campo entro cui agiscono Jasmine Pignatelli e Patrick Tabarelli è di fatto un’estensione nello spazio e nel tempo tale da rendere l’arte – come scrisse Klee – un esempio della creazione, come il terrestre un esempio cosmico. L’arte, ovvero Echo of Hidden Places (Maria Letizia Paiato).
Jasmine Pignatelli vive e lavora tra Roma e Bari. I suoi recenti lavori sviluppano riflessioni intorno ai concetti di modulo, vettore (modulo cioè provvisto di direzione e verso) e di segno plastico, traducendoli in elementi/forme che determinano e interrogano lo spazio coinvolto. Jasmine Pignatelli è impegnata in un personale e convinto percorso artistico nella scultura. Dopo il liceo artistico a Bari e la laurea in Architettura al Politecnico di Milano, si avvicina all’arte contemporanea con un approccio storico-critico collaborando per diversi anni con numerose gallerie d’arte e riviste del settore. Ha all’attivo diverse mostre collettive e personali non ultima la partecipazione alla mostra La Scultura Ceramica Contemporanea in Italia presso la GNAM Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma (marzo/maggio 2015). In Puglia vince con bando pubblico la Residenza d’Artista “Made in Loco”, un progetto del Segretariato Regionale MiBACT per la Puglia e che ha portato alla realizzazione di una grande installazione site-specific dal titolo Locating Laterza | Segnali d’Arte. E’ sempre del 2015 la mostra personale a Bari Directionless a cura di Marilena Di Tursi, nel doppio spazio Misia Arte e Cellule Creative. Il 2016 si apre con la mostra personale a Roma presso la galleria Menexa dal titolo Dimensionless a cura di Francesco Castellani e si chiude con la residenza artistica “Bosc Art Cosenza” a cura di Alberto Dambruoso e dei Martedì Critici.
Patrick Tabarelli vive e lavora a Milano. La sua ricerca artistica si concentra sui meccanismi di creazione e percezione dell’immagine. Fortemente orientate al processo, le sue opere sono sempre aperte a una sorta d’incertezza percettiva e indagano le relazioni tra causa ed effetto, assenza e presenza. Lavora spesso in serie, seguendo regole precise per quanto riguarda l’elaborazione dell’opera e la composizione cromatica delle palette. Costruisce strumenti che gli permettano di ottenere oscillazioni dinamiche e minimali ottenute talvolta per interferenza, superfici quanto più piatte possibile, dalla resa quasi digitale, in grado di eludere la sua gestualità. Negli ultimi anni ha iniziato a canalizzare i processi creativi in algoritmi che, eseguiti da drawing-machines, generano superfici pittoriche ponendo un’ulteriore distanza tra opera e autore sia nella fase esecutiva sia in quella generativa. Ha all’attivo diverse mostre collettive e personali. Fra le più recenti si ricordano: nel 2016 la partecipazione alla collettiva Principio di Indeterminazione, curata da Ivan Quaroni alla galleria ABC-Arte di Genova e nel 2015 quella a Shapes presso Circoloquadro a Milano. Fra le personali si rammentano Elsewhere, Again presso Peninsula in Berlino nel 2016; 500 Unreachable Islands – Machines Dream of Electric Islands in Expo Milano, Ubiquity, curata da Ivan Quaroni, per Maryling|ABC Arte, Milano e crossing-over all’ HangarBicocca di Milano, tutte svoltesi nel 2015.