L’arte ti guarda insight (I)
Un libro, un centro espositivo, adesso un premio, che il 28 gennaio, ad Arte Fiera Art First annuncia il suo primo vincitore. Tutti i tasselli di questo mosaico portano lo stesso nome di battesimo e fanno pensare a un progetto di ampio respiro, con un’identità ben definita. Sotto l’egida di Videoinsight, Rebecca Luciana Russo racconta, in due puntate, come l’arte contemporanea può incontrare la psicologia.
Come nasce l’idea di coniugare la tua passione di collezionista d’arte contemporanea con il tuo lavoro di psicoterapeuta?
L’idea di utilizzare le immagini dell’arte contemporanea ai fini diagnostici e terapeutici nella pratica clinica è il risultato di un processo di integrazione fra la mia professione di psicologa psicoterapeuta e la mia travolgente passione di cui parli. Grazie all’esperienza intensa e congiunta di entrambe sono arrivata spontaneamente a intuire la potenzialità diagnostica e curativa dell’opera d’arte contemporanea. È stato, quindi, naturale decidere di mostrare ai miei pazienti i pezzi della mia Collezione Videoinsight: in sintonia con il mio carattere personale e con il mio spirito professionale ho voluto condividerle, farle diventare patrimonio anche di altri e soprattutto utilizzarle per aiutare, per promuovere il benessere psicologico.
Il benessere psicologico?
Credo assolutamente che nella vita sia fertile superare le barriere e le separazioni tra le risorse umane per integrare i punti di vista, ampliare le prospettive e ottenere una visione interdisciplinare. I risultati del mutuo scambio tra psicologia e arte nella mia persona hanno prodotto la nascita della Collezione Videoinsight, una raccolta di opere caratterizzate da contenuti dotati di elevata potenzialità clinica; la messa a punto del nuovo metodo di diagnosi e di cura Videoinsight, la fondazione a Torino del Centro Videoinsight, un luogo dove il pubblico interagisce in gruppo con un’opera d’arte sola secondo il concept Videoinsight.
Ma cosa significa esattamente Videoinsight?
Videoinsight significa “presa di coscienza, visione interiore, intuizione, illuminazione, risoluzione di un problema da tempo incubato con un’idea improvvisa, immediata, vissuta come esperienza interiore, rivisualizzazione di una situazione nella sua globalità, promossa dall’interazione visiva con le immagini dell’arte”. Significa “avere un insight a causa della visione di un’opera d’arte“. Il termine inglese insight letteralmente significa vedere dentro. In italiano la parola insight è traducibile con intuizione o illuminazione. Indica la rivisualizzazione di un problema nella sua globalità e il raggiungimento in pochi attimi della soluzione cercata. Nella psicoanalisi indica la capacità di capire la propria dinamica psichica e il tessuto simbolico in cui si esprime, e di accedere di conseguenza a trasformazioni terapeutiche.
E come interviene l’arte?
Il Videoinsight è il risultato dell’attivazione di transfert, cioè di proiezioni e di rispecchiamenti sul prodotto artistico, e dell’elaborazione inconscia che porta alla trasformazione evolutiva. È il processo d’innovazione psicologica che avviene attraverso ristrutturazioni cognitive e affettive. Individua l’uso specifico di opere d’arte contemporanea per stimolare intuizioni intese come prese di coscienza trasformative. Indica il fine e l’effetto psicologico potenzialmente provocato dall’interazione con opere d’arte contemporanea. Alcuni video d’artista sono particolarmente potenti e penetranti a causa della musica o dei testi che li accompagnano e soprattutto del movimento intrinseco che facilita la ri-narrazione: via privilegiata per il rinnovamento del Sé.
E come avviene l’incontro tra paziente e opera d’arte?
Le opere d’arte selezionate per l’applicazione del metodo Videoinsight devono contenere stimoli dotati di elevata potenzialità diagnostica o terapeutica. È fondamentale che esprimano un messaggio significativo e universale, un contenuto dotato di valore trasformativo, seppur con misteriosità e ambiguità. Non possono essere vuote di senso e neanche indecifrabili, criptiche, assurde. Devono stimolare la ricezione emotiva, la risonanza interiore, l’insight, appunto. Sono dunque valutate in primis sulla base del messaggio di cui sono portatrici, al di là della loro estetica e poetica. I contenuti clinici presenti nell’opera devono essere in sintonia con i bisogni del paziente diagnosticati in precedenza e il paziente deve essere potenzialmente in grado di coglierli, riconoscerli e assimilarli a livello intellettuale e cosciente.
Come si valuta l’efficacia?
Affinché il metodo Videoinsight sia efficace è fondamentale che il paziente e il terapeuta abbiano una buona motivazione al trattamento. Le opere devono essere anche equilibrate dal punto di vista estetico, non violente, volgari, inquietanti, disturbanti, traumatizzanti, choccanti. Il terapeuta data la sua competenza e sensibilità clinica deve essere in grado di valutare le caratteristiche psicologiche dell’opera, non solo nei suoi aspetti di sostanza e contenuto, ma anche di forma. Le opere adatte non devono annoiare o risultare banali e nemmeno troppo enigmatiche. Devono essere le traduzioni in immagini del sapere clinico, le rappresentazioni estetiche dei concetti che costituiscono il sapere teorico e tecnico del terapeuta. Il terapeuta deve essere a suo agio con l’opera, deve sentire di conoscerla e di contenerla intellettualmente, deve risuonare emotivamente rispetto ai suoi contenuti, deve riconoscere in essa potenza diagnostica e terapeutica, deve avere fiducia nelle sue potenzialità.
In pratica?
L’introduzione dell’opera d’arte nel setting clinico deve aggiungere valore trasformativo, non distrarre, ma aumentare l’efficacia dell’intervento clinico. Il trattamento psicoterapeutico deve avere una storia basata sulla fiducia reciproca, una buona alleanza di lavoro, l’empatia e la capitalizzazione dell’aiuto. L’opera d’arte deve apportare nuove risorse, deve poter contribuire al superamento degli ostacoli, degli elementi di stallo, di blocco, di non piena risoluzione, delle resistenze al trattamento. Il paziente deve risultare disponibile e motivato e dare il suo consenso all’esperienza. L’opera scelta per l’interazione secondo il concept Videoinsight deve poter potenzialmente promuovere un’esperienza di gratitudine terapeutica per l’evoluzione psicologica che può provocare.
Che ruolo ha il terapeuta?
Il terapeuta deve conoscere e sentire in modo approfondito e armonico l’oggetto dell’arte che diventa strumento professionale per poterlo usare con serenità, prudenza e spirito protettivo al fine di aumentare il benessere psicologico del paziente, dunque solo a suo vantaggio. Può utilizzare le immagini dell’arte solo se gli appartengono intimamente, se divengono parte della sua personalità, se le ha precedentemente introiettate e integrate nella sua persona come ha fatto con le parole, le conoscenze e le esperienze dell’apprendimento. Il terapeuta non può mostrare un’opera estranea, incomprensibile, vuota di potenziale tra-sformativo, brutta, oscena o pericolosa per i pazienti.
Questo genere di fruizione in cosa si distingue dall’esperienza, ad esempio, di un normale visitatore in un museo?
I pazienti, a differenza degli usuali fruitori dell’arte, nel setting terapeutico devono essere tutelati e protetti, non esposti. Il materiale proposto deve presentare contenuti psicologici utili, potenti e incisivi, ma mai violenti o privi di censure. Lo stimolo dell’arte non deve mai urtare la sensibilità di chi si affida, accettando di partecipare all’occasione interattiva. L’opera d’arte è come un abito: il terapeuta e il paziente devono poterlo portare con naturalezza, devono sentirlo. Il terapeuta non può proporre un lavoro artistico che ritiene vuoto o incomprensibile nei contenuti oppure pericoloso a causa della sua violenza o della sua bruttezza. Può promuovere e gestire l’esperienza con sicurezza e naturalezza solo se “sente” emotivamente e “stima” intellettualmente l’opera d’arte e la ritiene idonea allo scopo: efficacemente provocatoria e perturbante, ma equilibrata rispetto all’intensità. Il terapeuta utilizza la sua competenza professionale per selezionare il materiale artistico su cui lavorare, per contenere le dinamiche interattive che si vengono a creare. Dunque, non tutte le opere d’arte possono essere utilizzate a fini clinici. Così come non tutte le parole e non tutti i gesti. Il terapeuta tecnicamente ed eticamente deve saper decidere a seconda dei casi quali opere sono più adatte per il raggiungimento degli obiettivi diagnostici e terapeutici.
Il libro Videoinsight. Curare con l’arte edito da Silvana Editoriale presenta il racconto di alcuni casi clinici. Inoltre, nel testo, numerosi sono gli artisti citati, da Sissi a Francesco Vezzoli, da Regina José Galindo a Marina Abramovic, per tacer degli altri. Perché hai scelto proprio loro?
Scelgo le opere d’arte sulla base del messaggio che mi trasmettono a livello mentale ed emozionale. Seleziono solo le opere che mi toccano, che mi fanno risuonare affettivamente, che traducono in immagini i concetti fondamentali del mio sapere diagnostico e psicoterapeutico. Raccolgo le opere che mi folgorano, quelle che si gemellano con il mio sapere e il mio sentire professionale oltre che personale.
A Bologna presenti la prima edizione del premio, in cui concorreranno dieci opere, da te selezionate. Cosa succede nel concreto?
Durante l’opening di Arte Fiera ho selezionato dieci opere, tra quelle incontrate in loco, sulla base della loro potenzialità di insight. Sabato 28 alle ore 16 nello spazio Art Talk assegnerò il Premio Videoinsight all’opera che tra le candidate più risulta dotata di contenuti significativi di tipo psicodiagnostico e psicoterapeutico; alle ore 17 condurrò una walk in gruppo focalizzandomi sulle opere selezionate illustrandone i risvolti psicologici.
Santa Nastro
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