Il segno fatale e crudele del bulino. Jean-Pierre Velly a Torino
Spazio Don Chisciotte, Torino – fino al 22 aprile 2017. Le circa trenta opere di Jean-Pierre Velly esposte nella sede torinese provengono dalla collezione Lattes e sono in prevalenza bulini di medio e grande formato. Un’antologica che parte dalle prime incisioni e approda all’uso della maniera nera, tecnica che testimonia l’interesse pittorico dell’artista nell’ultima fase della sua carriera.
Su Jean-Pierre Velly (Audierne, 1943 – Trevignano, 1990) sarebbe necessario scrivere un libro, o forse più di uno: un trattato sull’arte di incidere per la sua tecnica formidabile che, come afferma il curatore della mostra Vincenzo Gatti, “usa magistralmente il segno fatale e crudele del bulino”; un saggio dedicato alla sua estetica, che non solo prende spunto formalmente dalle “visioni cosmiche e apocalittiche” di Dürer, Seghers e Friedrich, ma riformula queste ultime in un tracciato tenacemente unico e squisitamente duplice, tradizionale e moderno, costruito con severità e cura nell’approccio; e infine un romanzo – o una raccolta di poesie – per catturarne la personalità profondamente essenziale (l’odio per la mondanità, la solitudine ricercata), legata indissolubilmente all’opera d’arte in quanto unica manifestazione possibile della noncurante inattendibilità del mondo. Grazie al suo bulino, Velly “scatena tutta la sua ansia e sete di libertà espressiva”; incide cioè sulla lastra un mondo che continua a inciamparsi e fieramente ricomporsi sotto il segno della calamità, dell’allucinazione (soprattutto spettrale e femminea) e del naufragio urbano. Lo Spazio Don Chisciotte, così sobriamente accogliente, rende giustizia a quel mondo, concedendo allo spettatore totale apertura di osservazione: una finestra che dà su un paesaggio semantico imperdibile.
– Federica Maria Giallombardo
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati