Escher e i grand tour siciliani. Intervista al curatore Marco Bussagli
Il genio visionario olandese arriva a Catania, con una grande mostra che espone anche un nucleo di opere realizzate in Sicilia. Ce ne parla il curatore Marco Bussagli, grande esperto del lavoro di Escher. Che tira fuori anche una vicenda romana.
Era innamorato dell’Italia, Maurits Cornelis Escher (Leeuwarden, 1898 – Laren, 1972). Ed era un viaggiatore incallito, con la voglia mai esaurita di perdersi, di appassionarsi ai luoghi e di sperimentare la fuga, spendendo la sua bulimia visiva tra gli scorci di paesaggio e le sue architetture mentali. In Italia arrivò nel 1922, giovanissimo, insieme alla famiglia: un regalo dei genitori, che provavano così a medicare le sue inspiegabili tendenze depressive.
E fu subito amore. Per il Belpaese ma anche per una fanciulla di nome Giulietta Umiker, sua futura moglie e compagna di avventure nei ripetuti grand tour italiani. Disegnando, sempre. E trovando poi nelle incisioni la forma ultima, compiuta. L’inquietudine si fece spinta creativa, il tormento si tradusse in ossessione indagatrice e il viaggio non fu più piacere occasionale ma modalità d’esistenza, metodo, urgenza, avventura dell’occhio e dell’intelletto.
Ne scaturì un universo magico in cui la luce radicale del concetto si capovolgeva nel suo contrario, diventando allucinazione. Fra labirinti, incastri impossibili, antinomie geometriche, vertigini ottiche, minuzie fiamminghe e illusionismi estremi.
VIAGGIO IN SICILIA
Al maestro olandese Catania dedica una mostra, con la produzione di Arthemisia e della M.C. Escher Foundation. Accanto a una serie di opere iconiche, il Palazzo della Cultura ospita anche un’inedita selezione prodotta durante i suoi vari soggiorni in Sicilia.
Le grafiche siciliane arrivano dalla Fondazione stessa o dalla collezione di Federico Giudiceandrea, il più grande collezionista privato di Escher in Europa, co-curatore dell’esposizione insieme a Marco Bussagli, tra i massimi esperti del genio olandese. Ed è proprio Bussagli a raccontarci delle esperienze siciliane di Escher: “Arrivò sull’isola per la prima volta nel 1928, anno della grande eruzione dell’Etna, per tornarvi a più riprese nel ’32, nel ’35 e poi nel ’36, quando decise di lasciare l’Italia per via della deriva militarista del fascismo. Si regalò così un ultimo tour nel Mediterraneo con la compagnia navale Adria, che pagò con alcune sue opere. Dall’Adriatico scese fino a Catania, dove si fermò il 3 e 4 maggio, realizzando dei bozzetti del porto, che tradusse in incisioni. Poi raggiunse Malta e quindi l’Alambra”.
UNA TARGA PER LA CASA ROMANA DI ESCHER
“La mostra”, continua Bussagli, “segue un ordine cronologico, ma è anche divisa per temi, dai rapporti col Liberty fino ai viaggi in Italia, dove abitò fra il 1923 e il 1935 in una palazzina romana con giardino, al civico 122 di Via Poerio”. Del passaggio di Escher in quell’appartamento oggi non resta più nulla, a parte la memoria. E se è impossibile immaginarvi una casa-museo, essendo oggi abitato da privati, lasciare un segno in onore del più celebre fra gli inquilini sarebbe doveroso. “Io stesso ho fatto una richiesta al Comune”, spiega il curatore e storico dell’arte, “per apporre una targa in italiano e olandese. I proprietari sono disposti a pagarla, per il prestigio che ne verrebbe. Ma nessuna risposta dall’amministrazione è mai giunta”. Dove stia l’impedimento (a parte la disattenzione e la sciatteria di chi amministra) non è dato sapere. “È un gran peccato”, conclude. “Basti pensare che gli interni del suo studio romano sono riflessi in ‘Mano con sfera riflettente’, tra le sue opere più celebri”. Anche questa esposta a Catania, con tutto quell’intreccio di quotidianità e di meraviglia, di ossessione cerebrale e incanto visionario, che fa del caso Escher un unicum assoluto nella storia dell’arte europea.
Helga Marsala
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