La storia dei lavoratori che si oppongono alla morte del Museo Richard Ginori
Due aste fallimentari più tardi, è ancora crisi per il Museo di Doccia e la sua collezione che racchiude oltre duecento anni di storia della manifattura italiana. Adesso ci provano i lavoratori, con una petizione diretta al Presidente della Regione Toscana e diffusa su Change.org, e il Comune di Sesto Fiorentino con un open day in fabbrica.
Nuovo capitolo nella saga che vede protagonista il Museo Richard Ginori di Sesto Fiorentino, voluto dal marchese Carlo Ginori per documentare fin dall’esordio le attività della prestigiosa manifattura di porcellana. Le due aste indette tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo nel tentativo di salvare quello che è a tutti gli effetti un pezzo di storia delle arti decorative italiana sono andate deserte, e tocca ai lavoratori scendere in campo con un appello per la salvaguardia del sito di Doccia e delle collezioni del museo diretto al presidente Enrico Rossi e all’insieme della cittadinanza. Il Comune di Sesto Fiorentino li sostiene con l’iniziativa OpenDoccia: il 27 marzo artisti locali e associazioni si daranno appuntamento all’ingresso della fabbrica per cercare di sensibilizzare cittadini e istituzioni locali con una giornata di performance artistiche e musicali.
LA PETIZIONE DEI LAVORATORI
“Qualcuno prima di noi ha già usato la locuzione I have a dream per manifestare cosa tenesse unita una comunità nella sua battaglia di civiltà” recita il testo della petizione firmata dalle organizzazioni sindacali e dall’RSU della Richard Ginori e condivisa sulla piattaforma Change.org “Anche noi, più modestamente, abbiamo un piccolo sogno”. Il sogno in questione è vedere la fabbrica Ginori rimanere a Sesto Fiorentino, su quei terreni oggi al centro di una diatriba che coinvolge la proprietà e i principali creditori, Unicredit, BNL e Popolare di Vicenza su tutti, e il Museo di Doccia riaprire le porte per accogliere nuovi visitatori. Un desiderio non dissimile da quello espresso nelle ultime settimane dai membri dell’associazione degli Amici di Doccia, che da più di un decennio si batte per la salvaguardia delle collezioni. L’appello ripercorre le vicende, diverse ma legate a doppio filo tra loro, del museo e dei terreni, evidenziando le possibili sinergie virtuose tra una manifattura ancora viva e attiva – e quindi in grado di rendere appealing la visione del patrimonio storico e convogliare visitatori – e uno spazio espositivo che, a fianco dei pezzi storici, potrebbe ospitare alcune iniziative aziendali con effetti benefici sul brand.
Il “piccolo sogno” dei lavoratori della manifattura non è proprio così piccolo – la base della prima asta, quella del 23 febbraio, era fissata a più d 4 milioni di euro, ai quali secondo le stime degli Amici di Doccia sarebbero da aggiungere circa 2 milioni di euro per la messa in sicurezza dell’edificio, provato da anni di abbandono e piagato dalle infiltrazioni – ma in Europa ci sono stati precedenti interessanti. Il Museo della manifattura di Wedgwood, in Inghilterra, paragonabile per fama e prestigio storico, è stato salvato da un massiccio intervento di crowdfunding, ha riaperto le porte al pubblico nel 2008 e ha vinto l’Art Fund Prize, che premia le migliori gallerie e istituzioni nel Regno Unito, l’anno successivo.
-Giulia Marani
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