Le gallerie milanesi preferiscono MiArt? Buona fortuna. Tanto Arte Fiera va forte, e anche il taglio delle gallerie ha funzionato, dice Silvia Evangelisti. Ecco l’intervista ad Artribune
“Le gallerie milanesi disertano Arte Fiera per sostenere MiArt? Mah, sono già due o tre anni che non vengono, e non mi sembra che abbiano ottenuto grandi successi…”. Ostenta distacco e sicurezza, la direttrice della rassegna bolognese Silvia Evangelisti, quando abbandoniamo i temi “canonici” della chiacchierata dopo fiera per tirarla dentro il discorso portato alla […]
“Le gallerie milanesi disertano Arte Fiera per sostenere MiArt? Mah, sono già due o tre anni che non vengono, e non mi sembra che abbiano ottenuto grandi successi…”. Ostenta distacco e sicurezza, la direttrice della rassegna bolognese Silvia Evangelisti, quando abbandoniamo i temi “canonici” della chiacchierata dopo fiera per tirarla dentro il discorso portato alla luce in questi giorni da Artribune: che fine hanno fatto le big galleries meneghine? “Non è una novità, ripeto: tentano di far qualcosa per risollevare la fiera milanese, ma i problemi di MiArt non sono legati alla presenza o meno di qualche singola galleria. E sono un po’ in confusione: uno di loro mi ha detto che preferisce Milano piuttosto che Bologna perché così ha modo di conoscere collezionisti milanesi. Ma io mi domando: e allora tutto l’anno in galleria con chi lavora?”.
Quanto ai risultati dell’edizione che si è appena conclusa, appare serena: “Considerando il delicato momento di crisi, la risposta pressoché unanime che ho avuto dai galleristi è che è andata meglio di come temevano. Questo, in una fase come l’attuale, non significa sempre che le vendite siano state alte, ma comunque la temperatura del mercato ha tenuto buoni livelli, e la fiera è riuscita a richiamare visitatori”. E la scelta di tagliare robustamente il numero delle gallerie? La ripeterebbe? “Questa è la mia più grande soddisfazione, perché anche su questo punto ho raccolto solo opinioni favorevoli. E la cartina di tornasole di queste scelte, alla fine, si ha quando gli espositori confermano che anche il prossimo anno torneranno”.
Qualcuno ha notato uno sfasamento, più o meno marcato, fra il settore del “contemporaneo”, più brillante ed animato, e quello del “moderno”, più opaco. “Sì, l’abbiamo notato anche noi, e del resto lo conferma anche la ricerca di Nomisma: in questo momento si seguono di più i giovani artisti e le sperimentazioni, piuttosto che gli artisti stabiliti. E questo per diversi livelli di motivazioni, per il piacere della scommessa, e anche perché i budget in ballo sono spesso molto diversi…”.
– Massimo Mattioli
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