L’eroismo secondo Georg Baselitz. A Roma
A cinquant’anni dalla sua realizzazione, la serie degli “Eroi” di Baselitz approda al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Dopo le tappe a Francoforte e Stoccolma, e prima di raggiungere Bilbao.
Georg Baselitz (Kamenz, 1938) è oggi riconosciuto come uno dei più importanti pittori viventi, e non soltanto per le famose tele capovolte che, a partire dagli Anni Settanta, fecero conoscere al grande pubblico, ma soprattutto per l’autonomia della sua pittura, da sempre alla ricerca di uno stile fortemente individuale. Nato alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, Baselitz crebbe nella DDR e si trasferì nella Repubblica Federale Tedesca poco prima della costruzione del Muro di Berlino, in un momento topico della storia della Germania e del mondo. Fin da subito l’artista, in opposizione al dilagante astrattismo, propose una pittura reale caratterizzata da un’accentuata e straniante violenza cromatica di matrice espressionista.
Le opere in mostra fanno parte della serie Eroi (o Nuovi Tipi) realizzata esattamente cinquanta anni fa nel biennio 1965-66, dal 27enne Baselitz. Sono presenti altri dipinti, disegni e xilografie legati a quel periodo, che spiegano la genesi creativa della serie, oltre ai cosiddetti Remix, una selezione di sette opere compiute dopo il 2000 che riflettono, alla luce dei nuovi tempi, sul destino dei suoi Eroi.
EROI E INDIVIDUI
Gli Eroi di Baselitz sono massicci come telamoni, ma sono incrinati, hanno una testa piccola rispetto al corpo, come fossero portatori di una tara genetica. Vivono in un’agiografia senza merito, senza santità, e, inscritti in piccoli scenari, questi eroi vengono presentati con qualche attributo che ne suggerisce l’individualità: sono pittori, partigiani, ribelli o soldati. Presenze iconiche da idolo o da manifesto di una generazione, gli Eroi non sono portatori di vani messaggi di speranza né di disperazione, né di vuoto individualismo, perché l’eroe di Baselitz, il “nuovo tipo”, si limita (e non è poco) a svelare le proprie incertezze, si denuda letteralmente agli occhi di chi vorrà prestare attenzione, forse un Ecce homo con un concetto nuovo di pietas o, come lo stesso artista ha affermato, un semplice medium di trasporto, capace di veicolare le idee dell’epoca da cui viene.
TRA ARTAUD E IL MANIERISMO
Durante la conferenza stampa di presentazione della mostra, Baselitz, rispondendo ad alcune domande, ha come preso le distanze da ogni forma di realismo o oggettivismo in pittura (sul modello di Renato Guttuso in Italia), sottolineando che la sua espressione è un soggettivismo puro ed escludendo ironicamente qualsiasi collegamento con la Transavanguardia, alla quale pare non ami essere assimilato. Piuttosto la sua arte è vicina spiritualmente ad Antonin Artaud o ad Anselm Kiefer, del quale ha dichiarato di possedere almeno due opere, ma soprattutto la sua poetica è prossima a un soggettivismo che richiama i pittori del Manierismo italiano, dove l’artista, pur inserendosi nel solco della storia e della tradizione, ha il potere di ricondurre alla propria visione (lo stile proprio, la “maniera” di ognuno) una rappresentazione intrinseca del reale.
– Calogero Pirrera
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati