Un fotografo e la Street Art. Carlo Vannini a Reggio Emilia
Vicolo Folletto Art Factories, Reggio Emilia – fino al 30 aprile 2017. Enormi spazi industriali abbandonati che pian piano sono diventati palestra e luogo di sperimentazione per writer e street artist. L’area delle ex Officine Meccaniche Reggiane è ora in fase di risanamento, ma prima che gli abbattimenti provochino la scomparsa di molte opere, il fotografo Carlo Vannini ha documentato immagini e atmosfere, tra industria e arte.
A osservare l’area – defilata oltre la ferrovia – su Google Earth si nota come essa occupi l’equivalente di un quarto della superficie del centro storico di Reggio Emilia. Chi passa in treno non può non scorgere, affacciata sui binari dal lato opposto della stazione, la grande scritta gialla “Reggiane”: nome di un immenso stabilimento industriale che da inizio Novecento ha prodotto treni, per poi rifornire la Regia Aeronautica di aerei da caccia proverbiali e in seguito divenuta celebre per il più lungo sciopero della storia italiana. Le Officine Meccaniche sono chiuse dal 2011, ma da allora, nei venti capannoni abbandonati, è nata una nuova vita: quella che si distende sulle pareti che ancora sopravvivono alle progressive demolizioni – è infatti in corso un ambizioso progetto di riqualificazione– e che è la protagonista di una mostra in corso a Reggio Emilia.
UN LABORATORIO SORPRENDENTE
In molti, negli ultimi anni, si sono più o meno clandestinamente intrufolati negli stabilimenti per scattare fotografie, ma l’obiettivo di Carlo Vannini (Reggio Emilia, 1956) non era produrre una documentazione generica, bensì redigere una sorta di “catalogo” – pubblicato da Corsiero editore – di tutte le espressioni artistiche che in una manciata di anni sono comparse sulle pareti alte e spoglie di quelle carcasse architettoniche, a opera di writer e di street artist. I primi cinque a entrare furono Gas, Rhiot, Collettivo FX, PsikoPatik e Caker, come testimonia la bella memoria “ipotetica”, basata su interviste ed esperienze in prima persona, di Agnese Spinelli; l’autrice racconta anche l’eccezionalità di un contesto dove le differenze e i conflitti tra writer e street artist si sono annullati, tanto da innescare una rara collaborazione fra esponenti dell’uno e dell’altro movimento. Una vera e propria fucina di sperimentazione di tecniche – come l’uso dell’“asta e rullo”– e contaminazioni che ha catturato l’attenzione di artisti internazionali, attraendoli a Reggio Emilia per partecipare a un’impresa grandiosa in quanto a spazi e idee.
GLI SCATTI DI VANNINI
Quel che stava succedendo allora all’interno delle Reggiane pian piano è trapelato anche fuori dai suoi recinti, ha trovato l’attenzione del quotidiano locale, ha conquistato Ligabue il quale, proprio tra dipinti, polvere e travi nel 2014, ha girato il video Il muro del suono.
A Carlo Vannini è spettato quindi il compito di documentare e interpretare, con l’esattezza che lo caratterizza e con lo sguardo attento agli ambienti e ai punti di vista (molto alti, anche lui si è avvalso di una lunga asta per le riprese generali) le vicende recenti delle Reggiane: un compito particolarmente delicato perché molti dei graffiti e dei dipinti scompariranno assieme ai muri che li ospitano. E allora, “col passare del tempo la documentazione fotografica sarà l’unica forma in cui l’opera esisterà, diventando di fatto l’opera stessa” (Pietro Rivasi).
– Marta Santacatterina
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