Il 2017 segna i cento anni del Mandato britannico della Palestina, che ha inaugurato un secolo di confusione e conflitti e Banksy ne celebra l’anniversario aprendo un hotel con vista sul muro di Betlemme – The Walled Off – che allo stesso tempo è alloggio, museo, galleria d’arte e luogo di riflessione politica.
Ad accogliere i visitatori una scimmia e un portiere, entrambi in livrea. Poi – ricordare il controllo britannico – si è proiettati nel più stereotipato dei gentlemen’s club di epoca coloniale, con il the servito in tintinnanti tazze di fine porcellana cinese e un pianoforte meccanico a mezza coda che trasmette le sue melodie in sottofondo.
Ma siamo al giorno d’oggi: un gatto cerca di catturare la colomba della pace, già in gabbia; nei paesaggi marini a olio compaiono i giubbotti di salvataggio dei profughi; le statue d’arte classica soffocano nel fumo dei gas lacrimogeni; un Cristo è nel mirino degli aerei militari che lo sorvolano e i cherubini, affamati d’aria, cadono dagli affreschi.
LE STANZE E IL MUSEO
L’offerta delle stanze varia dalla sontuosa suite presidenziale “dotata di tutto ciò di cui un capo di Stato corrotto avrebbe bisogno” – dall’idromassaggio per quattro persone al roof garden – al dormitorio no frills, arredato con le eccedenze di una caserma dell’esercito israeliano, in cui un letto costa attorno ai trenta dollari a notte. Sono infine tre le camere personalizzate da artisti, a opera di Banksy, Sami Musa e Dominique Petrin, ma ne seguiranno presto altre.
L’ascensore è “fuori servizio”, il muro è arrivato anche qui, a bloccarne l’accesso.
Prendiamo le scale, e raggiungiamo la stanza numero 3. È questo il luogo dell’edificio dove Banksy ha lasciato una delle sue più emblematiche chiavi di lettura del conflitto israelo-palestinese: un soldato israeliano e un attivista palestinese che combattono. Ma stanno facendo la lotta coi cuscini e le piume si disperdono per la stanza fino a entrare nei quadri alle pareti e a proiettarsi, come ombre, sul soffitto. Qui, come dalla stanza a fianco e da tutte le altre, il panorama è lo stesso: cemento grigio e torri di vedetta; le uniche note di colore date dai numerosi graffiti. La sensazione è opprimente: situato a soli cinque metri dall’enorme muro di sicurezza che separa Israele dai territori palestinesi, l’hotel gode di luce solare diretta per soli 25 minuti al giorno. Non a caso The worst view in the world è il payoff scelto per l’hotel, riportato su tutte le t-shirt e i gadget in vendita al negozio.
Dal negozio accediamo al museo interno, “l’unica attrazione turistica al mondo interamente dedicata alla biografia di una singola struttura in cemento armato”, pensata con l’intento di spiegare il muro ai numerosi turisti che ogni giorno lo oltrepassano per raggiungere i monumenti di Betlemme. Un video realizzato in collaborazione con l’Essex University accompagna foto e oggetti che testimoniano le vicende e la situazione odierna dei territori palestinesi. Al primo piano dell’edificio, poi, una galleria d’arte è interamente dedicata ad artisti e opere locali.
UN MESSAGGIO DI APERTURA
Il Walled Off è stato ideato e finanziato da Banksy, che non ne trarrà profitto; dopo essersi assunto gli oneri della messa in cantiere della struttura, l’artista l’ha infatti affidata al manager palestinese Wisam Salsaa. L’hotel non è legato ad alcun partito politico o gruppo d’influenza, è una risorsa della comunità locale e come tale è pronto a dare il suo benvenuto a ospiti da tutto il mondo. “Vorrei invitare tutti, compresi i cittadini israeliani a venire a visitare il nostro hotel”, ha dichiarato Salsaa, “vorrei che imparassero a conoscerci, perché solo grazie alla conoscenza si abbatteranno gli stereotipi e la situazione potrà cambiare”. Il Walled Off si trova nella cosiddetta Area C, zona che – a differenza di molte aree della Cisgiordania – è aperta anche agli israeliani. Tuttavia, tutte le strade per arrivarci comprendono un passaggio attraverso territori sotto controllo palestinese e ciò rende illegale per i cittadini israeliani raggiungerlo.
Il muro è ricco di graffiti, messaggi di speranza e di lotta, disseminati ovunque. Lo stesso Banksy ne ha realizzati molti nei suoi oltre dieci anni di attività in Palestina, da Ramallah a Betlemme. “I muri sono di tendenza in questo periodo”, ha dichiarato l’artista, “ma io ero già nel settore ben prima che Trump lo rendesse così figo”.
L’hotel ha aperto i battenti l’11 marzo, al momento l’artista e il proprietario vorrebbero mantenerlo attivo durante tutto l’anno del centenario, ma potrebbero decidere di continuare anche oltre, se ci saranno richieste. L’obiettivo, in ogni caso, è andare in utile e reinvestire i profitti in progetti locali.
– Valentina Rota
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