I relitti di Hermann Nitsch. A Foligno
CIAC, Foligno – fino al 9 luglio 2017. Uno dei capisaldi dell’Azionismo viennese è in mostra nella città umbra. Evocando tutta l’intensità delle sue cerimonie attraverso gli oggetti e i cimeli che le hanno accompagnate.
In molti, sabato 25 marzo al CIAC di Foligno, di fronte alle opere di Hermann Nitsch (Vienna, 1938), per l’inaugurazione di O.M T. Colore dal rito, si sono chiesti se sia possibile provare le emozioni di un evento al quale non si è partecipato attraverso la sua documentazione storica. Ognuno dei cimeli esposti è testimonianza delle cerimonie compiute dal maestro dell’Azionismo viennese. Lo spazio espositivo si trasforma in un ambiente multisensoriale: le tele imbrattate di sangue, fluidi corporei e colore rosso esprimono la violenza delle azioni, si possono intravedere i gesti che le hanno segnate; il profumo di fragole, che aleggia nell’aria, per un momento allevia la sensazione di violenza provocata dalle immagini, ma quando si notano su di un tavolo i frutti ridotti in poltiglia, si viene proiettati nuovamente in un vortice di veemenza. Tutti i sensi sono messi alla prova, eccetto il tatto, ma le opere non si possono toccare, nonostante alcune siano così vicine e quella musica, ipnotica melodia nordica, tenti di persuaderci a farlo.
UNA MOSTRA IN EVOLUZIONE
È una mostra in divenire, come l’evolversi, giorno per giorno, delle emozioni provate durante le Orge dei Misteri, perché le fragole marciranno e non emaneranno più lo stesso profumo, i fiori appassiranno, come la ragione dei partecipanti che è abbandonata per affidarsi agli istinti più reconditi. Seguono un processo di catarsi e redenzione.
La mostra, però, attraverso i Relitti e gli “oggetti non ancora impiegati e materiali immacolati”, come li definisce Nitsch, è un punto di incontro tra passato e futuro, tra le azioni già avvenute e quelle che avverranno. Intervenendo sull’utilizzo banalizzato del valore cromatico, Nitsch ricodifica il colore attraverso la forza del gesto, dando vita a rituali liturgici.
– Emanuele Gurini
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