Giorgio Morandi e Edmund de Waal a Stoccolma. Il mistero degli oggetti fra ceramica e pittura
Grande accoppiata negli ampi e prestigiosi spazi di Artipelag, a Stoccolma. L’immenso Giorgio Morandi a confronto con un noto artista britannico di casa Gagosian. Vibrazioni poetiche e luminose, mettendo in fila oggetti comuni.
La figura di Giorgio Morandi si è ammantata nel tempo di un’allure mitologica. Non solo un fatto di prestigio, di passione della critica, di attenzione dei musei e di crescita esponenziale del mercato. Qualcosa di imponderabile si è insinuato tra le maglie del sistema, che di questo solitario artista bolognese ha determinato le magnifiche sorti e progressive. Molto ha contato quella sua figura schiva, riservata, stanziale, estranea alla girandola dell’arte, ai salotti e ai grandi centri internazionali. Morandi trascorse la sua esistenza tra la casa di famiglia in via Fondazza, dove aveva anche il suo studiolo, e la villetta di Grizzana, dove con le sorelle e i genitori trascorreva le vacanze. Null’altro. Stesse mura, stessi paesaggi, stesse stanze e abitudini, dipingendo due sole tipologie di soggetto, con infinite variazioni su tema: file di bottiglie e barattoli, apparecchiati su un piano, e ogni tanto vedute di campagna, colte en plein air durante le sue fughe in provincia.
Tutto così semplice, lineare, da risultare miracoloso. Ed ecco l’altra ragione. La vette poetiche raggiunte da quelle piccole tele, cromaticamente aggraziate, pulviscolari, restano nel campo di certi unicum: un esercizio ottico-spirituale per afferrare lo scorrere del tempo, l’enigma della visione, la sostanza ontologica delle cose, la voce silenziosa degli oggetti.
IN COPPIA CON DE WAAL A STOCCOLMA
Non si contano le mostre istituzionali di Morandi in tutto il mondo, i record nelle aste, le collezioni prestigiose (inclusa quella di Barack Obama), ma anche gli artisti che ai suoi luoghi e alla sua iconografia si sono direttamente ispirati (da Tacita Dean a Luigi Ghirri, per fare giusto due esemepi). Si aggiungono poi quelle figure che la critica gli ha accostato, qui e là, immaginando o evidenziando possibili affinità.
Tra questi c’è Edmund de Waal, artista e scrittore britannico, classe 1964, noto per il suo romanzo best-seller The Hare with Amber Eye. La sua produzione artistica ha la forma di un’ossessione gentile: installazioni su larga scala accolgono schiere di vasi in porcellana, minimali, delicati, dalle tinte pastello, pensati come accordi di una partitura spaziale. Tra i nomi di punta della scuderia di Gagosian, de Waal ha esposto per colossi come la Royal Academy of Arts di Londra, il Kunsthistorisches Museum di Vienna o il Kunsthaus di Graz, insieme ad Ai Weiwei.
Il 7 aprile una sua mostra – la prima in terra svedese – è stata inaugurata dal centro espositivo Artipelag di Stoccolma: un dialogo fra una trentina di lavori e circa cinquanta opere di Morandi, quasi tutte nature morte provenienti dal MAMBO di Bologna. E il fil rouge non è da cercare, banalmente, nel tema: bottiglie, oggetti d’uso comune, contenitori, sì. Ma nel tentativo di indagare ciò che vi sta intorno, al di là. L’idea di sequenza, la patina aerea e la collocazione spaziale, l’impermanenza e il flusso ininterrotto, la natura della luce in rapporto alle ombre lievi, la sostanza dell’immagine e quella del reale.
Tra le esposizioni più attese in città per il 2017, “Edmund De Waal Giorgio Morandi” è curata da Bo Nilsson e sarà visitabile fino al prossimo 1 ottobre.
– Helga Marsala
Edmund De Waal Giorgio Morandi
fino al 1 ottobre 2017
Artipelag
Artipelagstigen 1 – 134 40, Gustavsberg (Svezia)
+(46) 8 570 130 00
[email protected]
www.artipelag.se
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