Corpo biologico e corpo politico. I migranti di Richard Mosse a Londra
Barbican Centre, Londra – fino al 23 aprile 2017. La Curve Gallery ospita “Incoming”, l’opera video multicanale realizzata dal fotografo irlandese Richard Mosse. Al centro del lavoro, la riproduzione del movimento dei rifugiati da Siria, Iraq e Afghanistan, Senegal e Somalia verso l’Europa, sullo sfondo della sorveglianza governativa.
Processate da termocamere – tecnica a grande raggio che identifica corpi umani fino a 30 km lungo le linee di confine – e proiettate su tre pannelli di otto metri ciascuno, le immagini heat maps di Richard Mosse (Kilkenny, 1980) oscillano tra gli attributi propri della fotografia documentale e la sua messa in critica, offrendosi simultaneamente come contesto rappresentativo dei paradigmi politici dominanti relativi al fenomeno migratorio.
Nel testo che accompagna la mostra, Mosse descrive il suo atto fotografico come un processo umanistico, in cui i rumori dronici del compositore minimalista Ben Frost, così come il tempo lento, agonizzante, mediato dallo sguardo viscerale del regime fotografico militare, concorrono ad avvertire sensorialmente l’audience del dramma migratorio, nel quadro della lotta quotidiana alla precarietà.
L’ANALISI BIOPOLITICA DI AGAMBEN
L’amplificazione del valore concettuale come prerequisito dell’estetica è giustificato da Mosse anche attraverso il riferimento all’analisi biopolitica del filosofo Giorgio Agamben, il critico del concetto di sovranità nello stato moderno.
In questo senso, le riprese di Mosse esplorano la distanza tra potere sovrano e nuda vita, stabilendo una forma di sperimentazione diretta dell’atmosfera politica circostante il corpo biopolitico, sintagma centrale alla filosofia di Agamben.
Il territorio della non-città, dell’inclusione e dell’esclusione, dell’“indistinzione”, per dirla alla Agamben, o grigiore apocalittico nelle immagini mossane è lo sfondo dell’eclissi politica del rifugiato, che sospende contemporaneamente anche il sovrano dall’esercizio regolare del diritto. Il circuito che lega assieme corpo politico e corpo biologico – entità connesse come lo sono quella di nascita e nazionalità, di uomo e cittadino – equivale a eccezione normalizzata.
UNA PRATICA IBRIDA
Il sistema rappresentativo di Mosse replica il campo virtuale dell’eccezione letteralmente e metaforicamente. Occupata dal processo di svuotamento politico del rifugiato, la pratica estetica è volutamente ibrida e decriptata. Inquadrature ampie percorse da orde di rifugiati come sottili linee scure, al limite col fuori campo. Primi piani di corpi separati sia da colori e calore che da voci, con le narrative finemente assorbite dai suoni e l’atmosfera satura di “vita sacra” – la vita uccidibile e insacrificabile dei migranti. Tuttavia, nella forma proposta da Mosse e riassumibile nell’inquietudine del sovrano davanti alla nuda vita del rifugiato, l’immagine risulta separata dalla fotografia stessa. Di quest’ultima, il potenziale critico e relazionale lasciato in dotazione alla sola termografia provoca la rinuncia all’uso della camera come luogo per riconfigurare il presente. E questa è anche la situazione eccezionale in cui il pubblico incontra il migrante di Mosse, ritratto nelle sembianze quasi ferine del suo corpo biologico.
– Valentina Caivano
Londra // fino al 23 aprile 2017
Richard Mosse. Incoming
BARBICAN CENTRE
Silk Street
www.barbican.org.uk
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