Ancora sul Colosseo e il ricorso di Virginia Raggi. L’analisi e i dati del Ministro Franceschini
Dopo il durissimo scontro dello scorso 21 aprile, giorno del Natale di Roma, il Ministro dei Beni Culturali torna a parlare del nuovo Parco Archeologico del Colosseo. La sua analisi suona come una risposta dettagliata (ma indiretta) alla Raggi. E non solo.
Dopo le reazioni decise e risentite, a colpi di tweet e post su Facebook, il Ministro Dario Franceschini torna sul tema: l’uscita di Virginia Raggi dello scorso 21 aprile ha segnato una spaccatura, probabilmente non sanabile. Del resto, si è trattato di un atto di forza: inoltrare un ricorso al Tar, chiedendo la sospensione del decreto che istituisce il Parco Archeologico del Colosseo a completamento della grande riforma sui musei e i parchi archeologici nazionali, non è roba da poco. Le motivazioni addotte, per altro, fanno acqua da tutte le parti, come abbiamo avuto modo di spiegare, fuori dai denti, in una lunga disamina. Nessuna sottrazione di risorse al Comune di Roma e agli altri siti monumentali, nessuno scippo ai romani, nessuna invasione di campo da parte del Ministero dei Beni Culturali, che fa solo il suo dovere. E che, semmai, sta provando a riorganizzare il comparto – non senza margini d’errore, s’intende – a svecchiare, a restituire autonomia ed efficienza ai luoghi della cultura, a garantire trasparenza nella selezione dei direttori (cosa che ancora la giunta Cinque Stelle si è guardata bene di fare) e a raggiungere gli standard internazionali.
Torna dunque Franceschini sull’argomento, ma stavolta in maniera ufficiale, senza alcun riferimento diretto alla querelle in corso. Un semplice comunicato, che mette in fila ragioni e virtù del nuovo organo: un’area estesa, che include Colosseo, Arco di Costantino, Foro Romano, Palatino, Domus Aurea e Meta Sudans. E il titolo è già una frecciata alla Raggi: “Con Parco Archeologico più risorse per Roma e per il sistema museale italiano”. Più e non meno, come sostenuto dai polemisti a 5 Stelle.
Senza dimenticare, in premessa, di sottolineare quanto accaduto ieri: il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di un’associazione di centurioni e risciò a pedali, facendo decadere la delibera firmata da Virginia Raggi che provava a impedirne la scandalosa presenza dinanzi al Colosseo. Ora, se non riesci neppure a garantire la decenza e la normalità nelle strade che circondano un importante monumento, con che faccia ti intrometti sulla gestione del monumento stesso?
PIÙ RISORSE PER IL PATRIMONIO CULTURALE DI ROMA.
“L’istituzione del Parco archeologico del Colosseo non determinerà alcuna diminuzione dei finanziamenti destinati alla tutela del patrimonio culturale di Roma”. Ecco i numeri (che avevamo già anticipato nel nostro editoriale): l’incasso dei biglietti del Parco Archeologico contribuirà per il 50% alla tutela e valorizzazione dei beni culturali presenti nell’area archeologica centrale (come è avvenuto negli ultimi anni), per il 30% al sostegno del patrimonio statale presente sul restante territorio cittadino, di competenza della nuova Soprintendenza speciale di Roma, mentre il 20% andrà – come avviene dal 2015 – all’intero sistema nazionale, in quanto “fondo di solidarietà”.
FONDI CERTI E DIRETTI
“La nuova Soprintendenza speciale di Roma riceverà, in modo diretto e con cadenza quadrimestrale, i fondi dal Parco archeologico del Colosseo”. Quel 30%, pari a circa 11 milioni di euro annui (stima effettuata sulla base degli incassi del 2016) si aggiungerà ai regolari trasferimenti assicurati dal Ministero, ma sarà garantita con certezza e senza passaggi ministeriali. Ed ecco l’importante notazione: secondo l’ordinamento precedente, “il Soprintendente avrebbe astrattamente potuto destinare al Colosseo o al Palatino l’intero ammontare delle risorse derivanti dalla bigliettazione, senza assegnare alcunché ai restanti monumenti”. Oggi il tutto viene regolamentato e dunque sottratto all’arbitrarietà.
TEMPISTICHE
“Il Parco nasce nei tempi previsti. Sono stati definiti i confini, che coincidono con l’area prevista dall’accordo tra il Ministero e Roma Capitale per la valorizzazione dell’area archeologica centrale sottoscritto il 21 aprile 2015”. Nessun ritardo e nessun abuso o prevaricazione da parte dello Stato: il percorso è stato condiviso nel tempo. E la tabella di marcia, a oggi, è stata rispettata. Il 27 febbraio 2017 è stato pubblicato il bando per l’individuazione del nuovo direttore, che sarà nominato entro il 30 giugno (sono attualmente in esame le candidature di 84 profili internazionali); il 26 aprile 2017 il Parco ha ottenuto l’autonomia speciale, con cui potrà nominare i suoi organi. Di questi, come per tutti gli istituti autonomi, faranno parte anche dei membri designati dal Comune e dalla Regione.
AUTONOMIA
“Tutti i musei autonomi di Roma hanno i propri organi di governo”. È questo un aspetto centrale della Riforma Franceschini: selezione dei direttori con bando pubblico internazionale, dotati di reali poteri (come avviene in tutto il mondo) e nomina indipendente delle proprie governance, nel quadro di una autonomia gestionale, tecnico-scientifica, amministrativa. Hanno già concluso il percorso di rinnovamento: Galleria Borghese, Galleria nazionale d’arte moderna, Gallerie di arte antica, Museo delle civiltà, Museo etrusco di Villa Giulia, Museo nazionale romano, Parco archeologico dell’Appia antica, Parco archeologico di Ostia antica e di Villa Adriana, Villa d’Este a Tivoli.
RIFORMA A COSTO ZERO
“La retribuzione annua lorda prevista per l’incarico di direttore del Parco archeologico del Colosseo è pari a 145.000 euro, più eventuale retribuzione di risultato massima di euro 35.000”. Proprio come tutti gli altri 9 istituti autonomi dirigenziali generali. E naturalmente, a fronte del nuovo incarico, è stato soppresso l’equivalente ufficio presso il Gabinetto del Ministro. Dunque, nessun trattamento speciale e non un euro in più rispetto a ieri. L’apparente aumento di spesa di stipendi per i 10 nuovi direttori (da 400mila a 1 milione di euro) viene bilanciata dalla soppressione di incarichi in altre sedi (quasi sempre presso gli uffici centrali delle Direzioni generali, dove il taglio è stato di oltre il 20 per cento).
PIÙ TUTELA
“I paventati rischi per il sito Unesco del centro storico di Roma sono privi di fondamento. Anzi è vero l’esatto contrario”. Il riferimento è alle preoccupazioni dell’associazione ambientalista Italia Nostra, che già prima di Virginia Raggi aveva depositato un ricorso contro il decreto Franceschini. Il rischio? Che il centro storico di Roma venga escluso dalla lista dei siti patrimonio mondiale dell’umanità, per l’assenza di una gestione unitaria sul piano delle risorse, dei regolamenti e delle strategie di tutela: è questa la conditio sine qua chiesta dall’Unesco, per sfuggire alla classificazione di area “abbandonata a sé stessa”. Posto che ipotizzare uno stato d’abbandono, in presenza di normative, investimenti, finanziamenti e azioni di tutela, concertati per tutto il territorio, è quantomeno bizzarro. Ma restando in tema unitarietà, rassicura il Mibact: “Fino a prima della riforma, i beni culturali del centro storico di Roma erano sottoposti, oltre che alla sovrintendenza capitolina, a tre diverse soprintendenze dello Stato (beni archeologici; beni storico-artistici; beni architettonici e paesaggistici). Oggi lo Stato ha una sola soprintendenza, dotata di autonomia speciale, con un consiglio di amministrazione, un comitato scientifico, e soprattutto più risorse”.
Dunque, dove sarebbe il fattore penalizzante che scoraggerebbe l’Unesco? Anche in questo caso una polemica di cui non si comprende il senso e che pare più mossa da fattori ideologici o da diffidenze a priori. Proprio come per la querela annunciata da Virginia Raggi e dall’assessore Luca Bergamo. Ben vengano i suggerimenti e le critiche per migliorare un processo di rinnovamento (soprattutto se discussi civilmente, durante i tavoli istituzionali, evitando trame alle spalle e denunce eclatanti a sorpresa). Ma l’azione dura che nega evidenti benefici e che punta a bloccare in tribunale un’intera azione riformatrice, ecco, quello è un segnale triste. A farne le spese, va da sé, è il patrimonio culturale nazionale. Trasformato in casus belli, al centro dell’agone politico.
– Helga Marsala
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