Il Ferdinando / Paolo Pellegrin – Frontiers
Le nuove sale espositive dell’Opera Ferdinando ospiteranno la prima mondiale dell’esposizione “Paolo Pellegrin. Frontiers”.
Comunicato stampa
Un coinvolgente viaggio attraverso l’evoluzione delle tecniche difensive, dei sistemi di assedio e del concetto di frontiera, tema ormai al centro dell’attualità politica internazionale. Il 30 aprile 2017 il Forte di Bard apre “Il Ferdinando, Museo delle Fortificazioni e delle Frontiere”.
Partendo dalla necessità di fornire maggiori chiavi di lettura storiche del Forte, il grande polo turistico-culturale della Regione autonoma Valle d'Aosta, si è reso necessario allargare – nel tempo e nello spazio – la conoscenza della fortezza ottocentesca nella storia di lunga durata dei sistemi di fortificazione attraverso una lettura delle Alpi in quanto limite, ostacolo, barriera naturale, frontiera mobile, territorio e linea di confine politico abitato e vissuto, attraversato e percorso, difeso e fortificato.
All'ambizioso progetto museografico che comprende già il Museo delle Alpi, dei percorsi tematici Le Alpi dei Ragazzi e delle Prigioni accanto a spazi dedicati a mostre temporanee di respiro internazionale, il Forte aggiunge un inedito prezioso tassello.
Collocato nell'Opera Ferdinando, situata al primo livello della rocca fortificata di Bard, il museo si estende su una superficie di oltre duemila metri quadri.
Il nuovo affascinante percorso storico si sviluppa in tre sezioni: il “Museo del Forte e delle Fortificazioni”, “Le Alpi Fortificate (1871-1946)” e “Le Alpi, una frontiera?”.
La prima parte, il “Museo del Forte e delle Fortificazioni”, allestita nell’Opera Ferdinando Superiore, presenta una serie di ambientazioni storiche corredate da plastici, filmati e armi autentiche, con un iter narrativo che mette in luce l’evoluzione delle fortezze delle Alpi Occidentali attraverso il progredire delle armi e delle strategie militari, dei materiali e delle tecniche costruttive, a partire dall’epoca romana per giungere sino alle nuove soluzioni architettoniche e balistiche del Novecento. La visita permette un apprendimento rapido: grazie alla riproposizione cinematografica di celebri spezzoni di film contenenti scene di guerra (Le Crociate - Kingdom of Heaven, Ridley Scott, 2005; Masada, Boris Sagal, 1981; Il mestiere delle armi, Ermanno Olmi, 2001; Alatriste, il destino di un guerriero, Augustin Diaz Yanks, 2006; The last valley, James Clavell, 1971; Revolution, Hugh Hudson, 1985; L’ultimo dei Mohicani, Michael Mann, 1992; Glory. Uomini di gloria, Edward Zwick, 1989, Cold Mountain, Anthony Minghella, 2003) e percorsi narrativi, cartografia d’epoca e contemporanea e scenografie ricreate con armi e ricostruzioni in scala di sezioni murarie di fortificazioni, lo spettatore è proiettato nell’epoca di pertinenza di ogni singola sala in un viaggio che lo vede protagonista.
La seconda parte del museo, “Le Alpi Fortificate (1871-1946)”, collocata nelle sale dell'Opera Ferdinando Inferiore, è dedicata alle trasformazioni intervenute tra la fine del XIX e il XX secolo, e inserisce il Forte di Bard all’interno del sistema delle fortezze ottocentesche. Al suo interno sono riproposti modelli in scala e ricostruzioni scenografiche, volti a evidenziare non solo i caratteri considerati maggiormente rappresentativi delle fortificazioni nell’arco alpino, ma cercando anche di rendere protagoniste le Alpi stesse, teatro di un’evoluzione tecnologica che le ha portate a divenire “la frontiera d’Italia”. Un racconto nell’evoluzione delle fortezze attraverso il progredire delle armi, il mutare dei materiali e delle tecniche costruttive, il graduale ispessimento dei muri, la collocazione dei Forti in luoghi sempre più dominanti, l’evolversi delle metodologie strategiche e delle soluzioni architettoniche, il tutto costantemente rapportato alle capacità offensive del nemico.
Il tema della montagna militarizzata è toccato nelle sezioni dedicate alla Prima e alla Seconda Guerra Mondiale e alla Resistenza, sempre puntando sull'impatto evocativo affidato a un approccio multimediale.
La terza e ultima parte del museo pone l’interrogativo “Le Alpi, una frontiera?” con l’obiettivo di mettere il visitatore nella condizione di riflettere sul percorso compiuto e sul significato da dare al termine frontiera: confine o barriera? Ostacolo o tratto d’unione?
Si delinea così un percorso espositivo che trasmette una visione complessa e strutturata non solo del Forte di Bard, ma anche del contesto storico, sociale, culturale e geopolitico all'interno del quale esso è inserito nelle diverse epoche storiche: un viaggio nel passato che si conclude con una riflessione estremamente attuale sul presente.
Il visitatore è così protagonista di un dialogo con il luogo in cui si trova, alla ricerca di un’identità, quella delle Alpi, in continua evoluzione, che diviene crocevia delle grandi vicende del passato e di quella storia degli uomini fatta di semplici memorie e azioni.
“Paolo Pellegrin. Frontiers”: una mostra nel percorso
A integrazione di questa tematica, le sale espositive dell’Opera Ferdinando ospiteranno dal 30 aprile al 26 novembre 2017 la prima mondiale dell’esposizione “Paolo Pellegrin. Frontiers”. Gli intensi scatti del celebre reporter di Magnum Photos documentano il dramma dei viaggi della speranza delle migliaia di migranti che fuggono in cerca di un futuro migliore: l’orrore delle traversate del Mar Mediterraneo, l’esperienza degli sbarchi e della permanenza nei centri di accoglienza.
La visita al museo è supportata da testi didascalici in tre lingue (italiano, francese, inglese), animazioni ed effetti scenografici come la ricostruzione (in scala reale o miniaturizzata) dei muri delle fortificazioni, delle armi da offesa o da difesa, delle divise dei soldati nelle varie epoche storiche.
Risultato dell’attento restauro dei locali delle opere basse del Forte, il Museo delle Fortificazioni e delle Frontiere corona l’intera operazione di recupero effettuata dalla Regione autonoma Valle d’Aosta nell’ambito del progetto Sentinelle delle Alpi, cofinanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regione nell’ambito dell’iniziativa comunitaria Interreg IIIA Italia-Francia. Il Museo consentirà al pubblico di conoscere più da vicino il Forte stesso: i vecchi locali, i vecchi pavimenti e i materiali d’epoca, a cominciare dal ponte levatoio, dialogheranno con i nuovi apparati allestitivi raccontando una storia di cui il Forte di Bard è senza dubbio protagonista. Un Museo che contribuisce in maniera ulteriore ad arricchire la già ampia e variegata offerta culturale del Forte. Il progetto museografico originario del Forte di Bard si avvia così al completamento inserendo quell’elemento di ricostruzione storica e di ambientazione del Forte, spesso sollecitata in questi anni dai visitatori. Raccontando la storia delle fortificazioni, Bard racconta sé stesso.
Cenni storici
Il Forte di Bard è un’imponente struttura militare realizzata nella prima metà del XIX secolo, posta alla sommità di una rocca all’ingresso della Valle d’Aosta. Dopo la demolizione del precedente castello ordinata da Napoleone Bonaparte a seguito dell'assedio del maggio 1800, la sua riedificazione fu disposta da Carlo Felice nel 1827 e affidata al capitano del Corpo Reale del Genio, Francesco Antonio Olivero il quale portò a termine il progetto nel 1830. I lavori durarono otto anni, e l’attuale piazzaforte, fu consegnata a re Carlo Alberto il 30 luglio 1838.
Grazie ad un articolato intervento di recupero, la fortezza è oggi un polo culturale e turistico sede di musei, esposizioni, eventi, servizi informativi e di accoglienza all’avanguardia.
Il complesso militare
La visita al Forte consente di ammirarne l’imponente architettura militare. La struttura è costituita da tre corpi di fabbrica, posti a diversi livelli, tra i 400 e 467 metri di altitudine: dal più basso, l’Opera Ferdinando, a quello mediano, l’Opera Vittorio, al più alto, l’Opera Carlo Alberto. In tutto 283 locali che potevano ospitare una guarnigione di mille uomini. Una cinquantina le bocche da fuoco, 296 le feritoie. Due le piazze situate al culmine della rocca che si sviluppano su 2.036 metri quadrati di superficie sedi di eventi ed happening.
Gli ascensori
La salita al Forte regala emozioni grazie ai tre ascensori panoramici in cristallo che superano in pochi minuti il dislivello di 106 metri che separa il Borgo dalla sommità della rocca. Il suggestivo panorama spazia dalla valle centrale solcata dal fiume Dora Baltea, ai tetti in lose di pietra del Borgo di Bard, all’ingresso della Valle di Champorcher.
I servizi
All’interno del Forte sono aperti al pubblico una Caffetteria, un Ristorante, un Bookshop e attività commerciali. Nell'Opera Carlo Alberto è inoltre aperto l'Hotel Cavour et des Officiers. Il Forte dispone di sale conferenze ed auditorium per eventi privati, meeting e convegni. Il Borgo medievale ai piedi della rocca vanta la presenza di case monumentali risalenti ai secoli XIII-XVI e importanti testimonianze storiche.
Il migrante ci smaschera. Lo straniero che approda sulle nostre sponde rompe il ritmo della quotidianità. È l’irregolare per eccellenza. Perciò ci costringe a riflettere sulle regole della nostra vita sociale e politica. Ce ne spalanca gli abissi insondati, ce ne illumina gli angoli oscuri. Mette in questione tutto ciò che per noi non è questionabile. E ci espone alla più radicale delle domande:
chi siamo?
Lucio Caracciolo, direttore di “Limes – rivista italiana di geopolitica”, editoriale #6/15
In anteprima mondiale, dal 30 aprile al 26 novembre 2017, il Forte di Bard presenta la mostra “Paolo Pellegrin. Frontiers”, un reportages esclusivo che documenta il dramma dei viaggi della speranza delle migliaia di migranti che fuggono in cerca di un futuro migliore. Gli intensi scatti di Paolo Pellegrin testimoniano l’orrore delle traversate del Mar Mediterraneo, l’esperienza degli sbarchi e della permanenza nei centri di accoglienza. Tra i più importanti fotoreporter al mondo, membro di Magnum Photos dal 2001, Pellegrin lavora con le più affermate testate internazionali e ha ottenuto innumerevoli riconoscimenti, tra cui dieci World Press Photo e la Medaglia d’oro Robert Capa.
Realizzata in collaborazione con l’Agenzia Magnum Photos di Parigi e prodotta site specific per l’architettura delle sale espositive dell’Opera Ferdinando, la mostra integra e attualizza i contenuti del nuovo Museo delle Fortificazioni e delle Frontiere evidenziando il tragico racconto del fenomeno migratorio in atto, ormai diventato tratto distintivo del nostro tempo. Un fenomeno che secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni non si arresterà prima del 2050. Le fotografie, in bianco e nero, di notevole impatto visivo ed emotivo, sono state scattate nel 2015. La maggior parte di esse racconta la situazione sull’isola greca di Lesbo dove, secondo i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), sono sbarcati più di 500.000 degli 850.000 rifugiati giunti in Grecia nel corso del 2015.
Il tema dell’esposizione offre un punto di vista quanto mai attuale sul dramma dei migranti, oltre a un’esplicita riflessione sulle frontiere – visibili o invisibili, geografiche, politiche e sociali – che dividono le persone, in un’Europa che oggi è chiamata alla sfida dell’accoglienza. Nelle sue fotografie Pellegrin documenta i fatti di cui è testimone dalla prospettiva del fotogiornalista, ma soprattutto interpreta la tragicità del dolore attraverso la sua esperienza di essere umano. Il suo intento è rinnovare la visione degli accadimenti che registra: “Quella che mi interessa di più è una fotografia non finita, dove chi guarda ha la possibilità di cominciare un proprio dialogo… Io presento la domanda che mi sono fatto davanti ai morti, alle guerre, alla sofferenza, poi lascio spazio ad ognuno perché si interroghi, perché si faccia un'idea” .
Paolo Pellegrin ha compiuto innumerevoli reportage in Medio Oriente per documentarne la complessità. Tra questi, quello compiuto dall’aprile del 2015 per sedici mesi con Scott Anderson, giornalista americano che collabora con il New York Times Magazine, con cui si è recato in un lungo viaggio dal Kurdistan alla Libia. Un itinerario nella storia contemporanea testimoniato attraverso le parole di sei persone qualunque, per comprendere la crisi attuale e le origini dell’imponente flusso migratorio che stiamo vivendo e che parte dalle primavere arabe che in una certa misura hanno coinvolto la maggioranza dei 22 paesi che compongono il mondo arabo. Di questi, tre si sono disintegrati completamente - Iraq, Libia, Siria - con le tragiche conseguenze che tutti noi conosciamo.
“Scriveva il grande filosofo Emmanuel Lévinas, che ha dedicato tutta l’esistenza alla ricerca sull’alterità: «Io sono nella sola misura in cui sono responsabile dell’altro». Ecco ciò che siamo chiamati a vivere anche nell’incontro con lo straniero, al di là della paura e al cuore della nostra identità: incontrare l’altro non significa farsi un’immagine della sua situazione, ma assumersi una responsabilità senza attendersi reciprocità, fino all’ardua ma arricchente sfida di una relazione asimmetrica, disinteressata e gratuita. Solo così la vicenda dell’incontro con lo straniero si fa occasione di umanità per tutti”.
Biografia
Paolo Pellegrin nasce nel 1964 a Roma. Attualmente risiede a Londra. Studia Architettura all'Università La Sapienza, prima di frequentare l'Istituto Italiano di Fotografia a Roma. Comincia a fotografare negli anni Ottanta. Tra il 1991 e il 2001 collabora con l’Agenzia VU di Parigi e successivamente con Grazia Neri. Nel 2001 entra a far parte dell’agenzia Magnum Photos, di cui diventa membro a pieno titolo nel 2005. Realizza ampi reportage seguendo l’attualità internazionale e, oltre a pubblicare sulle principali testate, dal 2000 collabora stabilmente con Newsweek. Pellegrin ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui ben dieci World Press Photo award, numerosi Photographer of the Year award, la medaglia d’eccellenza Leica, l’Olivier Rebbot Award, il Premio Hansel-Meith e la Medaglia d’oro Robert Capa. Nel 2006 riceve il W. Eugene Smith Grant in Humanistic Photography. Insieme ad altri fotografi dell’Agenzia Magnum crea il progetto “Off Broadway”. Nel 2007 vince il Leica European Publishers Award for Photography e il suo libro As I Was Dying (Actes Sud, Francia, 2007) viene pubblicato in sette paesi vincendo l’anno seguente il The Lucie International Photography 2008 Book Award. Tra le sue pubblicazioni figurano inoltre: 100 Photos of Paolo Pellegrin for Press Freedom (Reporters Sans Frontières, Francia, 2013); Paolo Pellegrin (Kunstfoyer der Versicherungskammer Bayern 2012); Dies Irae (Contrasto, Italia, 2011); Photo Poche (Actes Sud, Francia, 2010); Double Blind (Trolley, 2007); Kosovo 1999-2000: The Flight of Reason (Trolley, USA, 2002); L'au delà est là (Le Point du Jour, Francia, 2001); Cambogia (Federico Motta Editore, Italia, 1998), Bambini (Sinnos, Italia, 1997).