L’omaggio di Milano ad Aldo Rossi
Ordine degli Architetti P.P.C della provincia di Milano – fino al 5 maggio 2017. Inaugurata in occasione della Milano Design Week, la mostra “Aldo Rossi e Milano, 1955-1995” riunisce documenti e testimonianze che attestano il profondo legame tra l’architetto e la città.
Aldo Rossi muore nel 1997, prematuramente, dopo quarant’anni di intensa attività professionale e di ricerca. A due decenni di distanza, l’Ordine degli Architetti di Milano, in collaborazione con la Fondazione Aldo Rossi, gli dedica una mostra ricca di bellissimi materiali originali – soprattutto disegni, ma anche fotografie, modelli di studio, scritti, libri –, che racconta il suo rapporto complesso con i territori del capoluogo lombardo, sua città natale. Mentre le estetiche e le soluzioni formali e spaziali dei più di quaranta progetti in mostra, immaginati o costruiti, sono la testimonianza preziosa di un momento storico e di una scuola precisa – di cui Rossi fu prima fondatore, poi interprete brillante e in seguito nume tutelare –, ciò che stupisce maggiormente è l’estrema attualità dei temi trattati e dei luoghi esplorati dal progetto rossiano. Rossi ha riflettuto sugli spazi oggi chiacchieratissimi degli scali ferroviari – a San Cristoforo, dove sopravvive il rudere di una stazione mai conclusa, e nel gigantesco vuoto di Farini; ha progettato la Bovisa, nuova centralità tuttora in attesa di un vero rilancio, e l’area Garibaldi-Porta Nuova, la cui rinascita come downtown meneghina iper-iconica farà discutere ancora per molti anni. Ha immaginato la possibilità, ancora tutta in divenire, di una qualità non gerarchizzata tra la città consolidata – l’hotel Duca di Savoia in piazza della Repubblica – la prima periferia – l’unità residenziale Monte Amiata 2 al Gallaratese – e l’area metropolitana – il Monumento ai partigiani di Segrate.
PAROLA ALLA CURATRICE
Come racconta Chiara Spangaro, che è curatore scientifico della Fondazione diretta da Germano Celant, oltre che co-curatrice della mostra con Franco Raggi, “Milano, con la sua complessità e le sue stratificazioni storiche per molti versi sorprendenti, era per Rossi il territorio campione dove esprimere una visione personalissima, che spaziava a 360 gradi sulla disciplina, dalla pratica all’elaborazione teorica e all’insegnamento. I progetti sono realizzati solo in parte, ma percorrendo i suoi archivi si può comprendere appieno l’ampiezza e il valore della sua riflessione sulla città”.
Bistrattata nei cantieri da tanti epigoni professionisti poco brillanti, troppo spesso ridotta a dogma nelle aule universitarie, ma anche riscoperta e reinventata da una nuova generazione di studiosi e progettisti, l’eredità di Aldo Rossi resta oggi un potente centro di gravità con cui la cultura architettonica milanese (e non solo) si rapporta continuamente per assonanza o per distacco, con affetto o con diffidenza, un passato vivo che riesce ancora a suggerire possibili percorsi progettuali presenti e futuri.
Nell’ambito della mostra, il 5 maggio l’Ordine degli Architetti di Milano ospiterà la presentazione del volume dedicato ad Aldo Rossi e Milano, a cura di Alberto Ferlenga, Massimo Ferrari e Claudia Tinazzi.
– Alessandro Benetti
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati