Livio Marzot – Opere dal 1959 al 2017
L’opera di Livio Marzot è protagonista di tre significative mostre milanesi, che presentano i diversi momenti e le sfaccettature tematiche e linguistiche di un artista il cui poliedrico percorso è ancora capace di riservare molte sorprese.
Comunicato stampa
L’opera di Livio Marzot è protagonista di tre significative mostre milanesi, che presentano i diversi momenti e le sfaccettature tematiche e linguistiche di un artista il cui poliedrico percorso è ancora capace di riservare molte sorprese.
Le tre gallerie Grossetti Arte, Antonia Jannone Disegni di Architettura e Galleria Milano, dedicano così tre mostre personali a questo singolare artista e alla sua opera che, tra il rigore minimale astratto degli anni Sessanta e il ritorno alla pittura figurativa degli ultimi anni, esplora sempre nuove modalità di rapportarsi alla vita, ai ritmi e ai cicli della natura.
Livio Marzot vive l’arte in diretta, senza mediazioni, come un incessante tentativo di accostamento al vivente che riesce a registrare micro-fenomeni naturali ed emozioni soggiacenti. Nel tempo il suo linguaggio espressivo si è adattato in modo diverso a questo movimento di ascolto e ha preso in considerazione tanto la pittura che la scultura, l’arte ambientale e l’installazione, in un movimento ampio fatto di costellazioni di segni e di rinvenimento di strutture primarie, di musiche sottili e di incontri inaspettati.
C’è una suadente malinconia unita a un fortissimo fervore di scoperta e di entusiasmo, che lo conduce dall’astrazione lirica della fine degli anni Cinquanta e degli inizi degli anni Sessanta fino alla ritmica serrata dei moduli in ferro nero presentati nella sala dedicatagli alla Biennale di Venezia del 1968 e poi fino al recupero della pittura figurativa negli anni Ottanta e Novanta, per giungere oggi alle opere più recenti su tela o su carta, in cui il colore sembra andare oltre la figura, tanto che le forme geometriche, le frecce, le impronte, le onde, si fanno più evanescenti e simboliche, verso una spazialità dall’energia sinuosa in cui vibra di nuovo quel sentimento naturale saettante e dinamico che sempre ha contraddistinto la ricerca di Livio Marzot.
La galleria Antonia Jannone Disegni di Architettura (inaugurazione il 3 maggio) espone una straordinaria collezione di grandi gouache realizzate su carta, insieme ad un gruppo di opere dei primi anni sessanta, in cui le sperimentazioni minimali evocano i linguaggi dell’architettura.
La galleria Grossetti Arte (inaugurazione il 3 maggio) presenta il lavoro prodotto da Livio Marzot in collaborazione con Carlo Grossetti (Salone Annunciata) dal 1958 alla metà degli anni Settanta. La selezione di opere è focalizzata sulla ricerca studiata e prodotta tra Italia e America dal 1965 al 1967: lamiere sagomate verniciate industrialmente come risposta attiva al minimalismo americano e alla nuova avventura delle shaped canvas.
Il tutto sarà coadiuvato da lavori chiave precedenti dove la pittura (su carta, tela e tavola), pur muovendosi con raffinata esperienza, libera in forme geometriche e metafisiche un’espressione umana degna di Cezanne e Severini.
Stupefacente sarà la sorpresa di chiunque voglia confrontare la sua opera con quella dei suoi contemporanei internazionali. Una vena italica, una libertà assoluta tra le cose naturali e l’infinito esserci dentro dell’uomo.
In questa occasione verrà anche presentato il libro Livio Marzot - Opere dal 1959 al 2015 realizzato nel 2016 dalla Fondazione Mudima a cura di Gianluca Ranzi.
La Galleria Milano (inaugurazione il 4 maggio) si focalizza principalmente sugli anni Sessanta e i primissimi anni Settanta, presentando un gruppo di tele e collages, alcuni smalti a fuoco su alluminio, una selezione di carte e tre piccole scatole con assemblaggi di fotografie e collages.
Breve biografia dell'artista
Livio Marzot (Induno Olona, 1934) espone per la prima volta al Salone Annunciata nel 1959. Nel 1968 allestisce alla Biennale di Venezia una sala personale di grandi sculture minimaliste, ma la chiude e rifiuta l’invito a partecipare alla successiva non per ragioni di natura ideologica, ma per un senso di soffocamento claustrofobico causato dalle cariche della polizia nelle anguste calli veneziane e dalle pressioni ricattatorie degli artisti esclusi, fortemente politicizzati. Si trasferisce quindi negli Stati Uniti dove presenta il suo lavoro concettuale sui processi creativi al California Art Institute e, invitato da John Baldessari, alla Stanford University e al Massachussets Institute of Technology. Rientra in Italia alla fine degli anni settanta e collabora con Bruno Munari per giochi didattici, pubblicando anche alcuni libri con Emme Edizioni ed Einaudi. Ritornato in Italia è del 1981 la sua mostra “Un ricercare e cento variazioni” alla galleria Studio Grossetti di Milano, a cui seguono le mostre presso la galleria di Philippe Daverio, in cui la pittura di Marzot approda verso la resa evocativa di paesaggi mediterranei assolati e mitici, animati da una presenza invisibile e panica. Dal 1991 torna ad esporre opere pittoriche prevalentemente di paesaggi e di animali, con le mostre alla galleria Antonia Jannone e da Jean Blanchaert. Nel 2009 la Fondazione Mudima gli ha dedicato una mostra antologica con opere dal 1961 fino a quelle più recenti. Del suo lavoro hanno scritto, tra gli altri, Emilio Tadini, Guido Ballo, Raffaele De Grada, Dino Buzzati, Gillo Dorfles, Lea Vergine, Tommaso Trini, Giovanni Raboni e Ettore Sottsass.