Boom Beat Bubble
Il mezzo è l’incisione, arte in cui i giapponesi sono maestri dalla notte dei tempi, i temi sono mille, le opere 54, i nomi 24.
Comunicato stampa
AMANO Kazumi, Ay-Ō, FUKAZAWA Yukio, FUKITA Fumiaki, HIWASAKI Takao, KAMIYA Shin, KANAMORI Yoshio, KIMURA Kōsuke, KUROSAKI Akira, KUSAMA Yayoi, KIYOTSUKA Noriko, NAGAI Kazumasa, NODA Tetsuya, OKABE Kazuhiko, ONOGI Manabu, ONOSATO Toshinobu, OZAKU Seishi SAITO Yoshishige, TAKAMATSU Jirō, TAMURA Fumio, YAYANAGI Go, YOKOO Tadanori, YOSHIDA Katsurō, Lee U-FAN
Dal BOOM economico degli anni ‘60 al BEAT post68, fino alla bolla speculativa, la BUBBLE (economy) nata negli anni ‘80 ed esplosa nel decennio a seguire: il racconto per icone di un paese che si guarda attorno concentrandosi su se stesso. Il mezzo è l’incisione, arte in cui i giapponesi sono maestri dalla notte dei tempi, i temi sono mille, le opere 54, i nomi 24. In collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, dalla collezione dell’Istituto Giapponese di Cultura in Roma; storia nella storia, tra acquisizioni e motivazioni, museologia, sociologia e relazioni internazionali. E arte, sopra e nonostante i tempi.
“la stampa non può esistere senza che l’artista faccia uso dei propri occhi e del proprio cervello..che è una ragione per cui gli artisti incisori oggi riescono a esprimere il genio artistico del popolo giapponese in modo più creativo rispetto qualunque altro collega…” (Chisaburō Yamada, 1967)
Il corpus delle incisioni di proprietà dell’Istituto Giapponese di Cultura, oggi in mostra, è per lo più costituito da opere degli anni sessanta-settanta, caratterizzate da un altissimo livello tecnico mutuato, anche, dalla tradizione autoctona dell’ukiyo-e, da un linguaggio flat, dai colori sgargianti e dai contenuti cosmici, in una reinterpretazione particolarissima, fluttuante e intimista, del Pop statunitense dei primi anni sessanta, ponte alle successive cosiddette “subculture” artistiche multimediali dilaganti nel Paese da fine millennio ad oggi, in un affascinante paradosso culturale dove non soltanto la concezione corporativa della bottega incisoria tradizionale rivive trasformandosi nell’avveniristica “factory” del mondo globalizzato e assimila, nel frattempo, brandelli di occidente di cui non resterà traccia in superficie; ma, anche, dove l’ultra-contemporaneo Takashi Murakami è libero di sostenere che l’arte del terzo millennio in Giappone, più sembra superficiale, più è profonda. Marcella Cossu