La Biennale di Venezia. Nell’editoriale di Paolo Baratta
La Biennale di Venezia è un sistema interdisciplinare – e lo è veramente, nel significato più profondo del termine. Dal Cinema all’Arte, dal Teatro alla Musica. Un meccanismo complesso, raccontato qui – in esclusiva per Artribune – dal suo presidente: Paolo Baratta.
Tra poche ore apre la Biennale Arte 2017, e tra i molti presenti non so quanti saranno al corrente della natura e dell’attività complessiva della Biennale di Venezia. Il mondo che frequenta l’Arte in realtà è ancora costituito da mondi diversi, e se ciò vale per il pubblico, vale anche per gli specialisti, la stampa, la critica. Quanti esperti, abituali frequentatori del Festival del Cinema, hanno messo piede alla Biennale Arte, o Architettura, che pure si svolgono negli stessi giorni?
Ogni tanto qualcuno invoca l’interdisciplinarietà, pur non avendo dimestichezza con la multidisciplinarietà. Le arti, in realtà, sono fondate su pratiche specifiche: un danzatore coreografo dedica la sua vita intera a misurarsi con il proprio corpo, un regista la dedica alle varie professionalità che si richiedono per fare un film, non parliamo di un musicista.
Ma la Biennale è una grande istituzione che opera in molti settori. La ragione è in gran parte storica. Fu scelta autonoma della Biennale – che iniziò la sua esistenza con la prima mostra d’Arte nel lontano 1895 – la decisione di organizzare un Festival di Teatro. Fu poi sempre nell’ambito della Biennale Arte che si sentì il bisogno di occuparsi della “nuova arte visiva”, il Cinema, e quindi di avviare il primo festival cinematografico del mondo nel 1932 (Cannes aprì nel 1947); festival che appunto chiamiamo ancora “Mostra d’Arte Cinematografica” (quest’anno ripristineremo anche la scritta sul Palazzo del Cinema).
“Ogni tanto qualcuno invoca l’interdisciplinarietà, pur non avendo dimestichezza con la multidisciplinarietà. Le arti, in realtà, sono fondate su pratiche specifiche”.
E fu poi nell’ambito del settore Teatro che si organizzarono spettacoli di Danza e che si portarono a Venezia performance famose; l’Architettura fece la sua comparsa all’’interno della stessa Mostra d’Arte in un padiglione dedicato. Dopo alcuni cenni negli anni precedenti, fu infatti nell’ambito della Mostra d’Arte del 1980 che si tenne la mostra Strada Novissima di Paolo Portoghesi. Gli statuti poi recepirono e formalizzarono la presenza dei vari settori.
Stiamo sviluppando iniziative promozionali al riguardo, anche verso il pubblico dei “conoscitori” (anche della stampa!) visto che ovunque sembrano dominare “appartenenze” a questo o quel settore artistico con scarsa “mobilità”. Mi capita ancora adesso, anche se sempre meno per fortuna, di incontrare chi dice di essere sorpreso che mi occupi anche di arte, visto che mi identifica con il cinema e viceversa.
Eppure la multidisciplinarietà è uno dei principali punti di forza della Biennale. Al di là del maggiore o minore afflusso di persone e di glamour, tutte le attività hanno per noi eguale importanza. La compresenza delle attività è un fatto che coinvolge tutta la struttura della Biennale. In questi giorni stiamo affinando gli ultimi dettagli del catalogo di Arte, e abbiamo riunioni con le nuove curatrici della Biennale Architettura (Yvonne Farrell e Shelley McNamara) in preparazione per il prossimo anno, e la direttrice della Biennale Danza, Marie Chouinard, sta già lavorando con i giovani del College, mentre stiamo organizzando il Festival di Danza che apre il 23 giugno. Il direttore della Biennale Teatro, Antonio Latella, sta procedendo con i nostri uffici alla selezione degli ammessi al College per registi di teatro, mentre stiamo organizzando il Festival del Teatro che inizierà il 25 luglio. Per Biennale Musica sono in corso i lavori di composizione dei tre lavori di teatro musicale del College, che saranno presentati nell’ambito del Festival che inizia il 29 ottobre, sotto la curatela di Ivan Fedele; per Danza, Teatro e Musica abbiamo già diffuso da tempo i programmi. Per non parlare del Cinema, che vede l’organizzazione già avviata, così come sono da tempo operanti i College previsti nel settore, e che hanno portato negli anni scorsi sorprendenti risultati.
“Un luogo che deve ottenere e conservare come patrimonio prezioso la stima del mondo, unico viatico per misurare il valore di una istituzione culturale, e che deve avere consenso, ma anche svolgere una funzione dialettica e mai deve inchinarsi al conformismo e alla facile popolarità”.
Tutto ciò assume straordinaria importanza, ed è una premessa importante per capire e definire l’identità della Biennale come istituzione culturale. L’immersione totale durante tutto l’anno aiuta anche noi a considerare la nostra missione e la nostra regola come quella di una istituzione di ricerca, quella di un soggetto che vive con gli artisti, che ne deve rappresentare al meglio aspirazioni, utopie, ossessioni, nel rispetto del loro lavoro e avendo come guida null’altro che finalità di tipo artistico.
E qui si verifica anche il paradosso. Ci vedono e ci vogliono come istituzione che porta turisti a Venezia, e noi lo facciamo; ci vedono come istituzione capace di generare “eventi” (ah! l’eventismo, mal du siècle!), e facciamo anche questo. Ci vedono come istituzione che deve incassare e fare numeri, e lo facciamo, ma paradossalmente nessuno di questi, che per altri sono metri di successo, risultano tra gli obiettivi primari della nostra azione. Sono essi piuttosto i mezzi per avere maggiori disponibilità, mai però sacrificando quello che consideriamo il bene più importante che possiamo ottenere, il senso di freschezza, diciamo pure di libertà, e di autonomia che si respira in un luogo di incontro e di dialogo internazionale. Un luogo che deve ottenere e conservare come patrimonio prezioso la stima del mondo, unico viatico per misurare il valore di una istituzione culturale, e che deve avere consenso, ma anche svolgere una funzione dialettica e mai deve inchinarsi al conformismo e alla facile popolarità.
Mi chiedo spesso perché lo Stato (la comunità nazionale) abbia deciso di istituire la Biennale, di darle autonomia e di aiutarla; trovo risposta solo nell’interesse pubblico che si ottiene attraverso una voce autonoma, capace di coraggiose azioni.
– Paolo Baratta
Presidente de La Biennale di Venezia
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #37
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