Artan (Shalsi)
Artista albanese, da tempo residente a Parma, Artan (Shalsi) (Berat, 1970) esprime in prevalenza con opere in acciaio o alluminio, spesso di formato monumentale, una personalità astratta e asettica.
Comunicato stampa
Artista albanese, da tempo residente a Parma, Artan (Shalsi) (Berat, 1970) esprime in prevalenza con opere in acciaio o alluminio, spesso di formato monumentale, una personalità astratta e asettica. Il metallo da lui plasmato in forme rigide o morbide, lucido o satinato, dà vita ad un dialogo tra luce riflessa e materia: ritmiche superfici, geometrici bassorilievi, parallele tastiere luccicanti che si compongono in una silenziosa sonata verticale. In altre opere, con la grafite, a volte l’artista ripropone una superficie quasi tradizionale: leggeri segni, fitte tracce, ritmici gesti. Anche qui, ogni riferimento a qualcosa di umano, organico, è completamente sublimato in una danza eterea, ineffabile. Poi in alcune superfici monocrome ritorna il colore: implicito omaggio alle pure superfici di Yves Klein e Mark Rothko, ma qui concentrato e disteso in una omogeneità, se possibile, ancora più rarefatta: oltre la natura, oltre l’uomo, oltre il tempo. Una presenza, un simbolo di una realtà depurata da ogni possibile trasformazione e disfacimento.
Artan (Shalsi) (Berat, 1970), Albanian artist living and working in Parma, expresses his abstract and aseptic artistic personality mainly through steel or aluminum works, often of monumental format. The metal molded into rigid or soft forms, polished or glazed, creates a dialogue between the reflected light and the matter. Rhythmic surfaces, geometric reliefs and parallel shimmering keyboards composing a silent vertical Sonata. In other works made with graphite, the artist presents surfaces that are more traditional: light signs, dense traces and rhythmic gestures. Any reference to something human, organic, is again completely sublimated into an ethereal dance. The artist plays with the colour in his monochrome surfaces: an implicit homage to the pure surfaces by Yves Klein and Mark Rothko, but here concentrated and extended in a homogeneity even more rarefied: over the nature, besides man, over the time. A presence, a symbol of a reality purified from any possible transformation and decline.