Tavola Aperta: video e foto del nuovo format della Biennale di Venezia. A pranzo con gli artisti
È stata una delle grandi novità introdotte nell’ambito dell’edizione di Christine Macel. Abbiamo visto per voi gli incontri con Kiki Smith, Noa Latham e Hans Ulrich Obrist, Michelle Stuart e Nancy Shaver. Ecco le foto e i video.
Grande novità della 57. edizione della Biennale di Venezia, nell’ambito di “Viva Arte Viva” è il format della “Tavola Aperta”, che dà “la parola agli artisti” per voler citare lo statement della organizzazione. Una bella sfida, questa, per i quattro giorni della inaugurazione dove si corre da una parte all’altra a caccia di mostre, eventi e notizie, e si ha poco tempo per fermarsi a riflettere e discutere. Lo si fa, in questo frangente, in puro stile italiano e “conviviale”: a pranzo, naturalmente. Ma il ciclo d’incontri non si conclude con la preview e va avanti per tutti i sei mesi, ogni settimana nella parte antistante del Padiglione Centrale dei Giardini e nella Sala d’Armi dell’Arsenale. E naturalmente su streaming.
KIKI, OBRIST E NOA
Cordiale, spiritosa e aperta alla condivisione. Così si è presentata Kiki Smith (Nuremberg, 1954) all’appuntamento con il secondo evento del ciclo Tavola Aperta, organizzato ai Giardini proprio accanto al Padiglione Centrale, dove Christine Macel ha allestito un’intera stanza a lei dedicata. L’artista americana, seduta al centro di una tavolata affollata di addetti ai lavori, ha raccontato le origini delle sue opere esposte in Biennale (“avevo presentato un lavoro diverso, ma Christine ha voluto un’opera figurativa, intima e su carta”, ha spiegato), ma anche tanti aspetti del suo percorso, come il rapporto con i materiali e la relazione con il padre, anche lui artista.
In bilico tra memoria privata e storia collettiva, Noa Latham ha ripercorso le tappe creative e individuali del padre John, fra i protagonisti della mostra allestita nel Padiglione Centrale. Un racconto emozionato ma rigoroso, che ha fatto da contraltare ai ricordi di Hans Ulrich Obrist legati all’artista noto per la multidisciplinarietà della sua pratica. Fra gli ospiti d’eccezione seduti attorno alla “tavola aperta”, la direttrice Christine Macel e un incredibile David Medalla.
LE MEMORIE ORGANICHE NELL’ARTE DI MICHELLE STUART
Tempo, spazio e materia: sono i tre elementi al centro delle opere di Michelle Stuart, classe 1933, cui Christine Macel dedica un’ampia sala all’Arsenale. Proprio durante la preview della Biennale, abbiamo pranzato insieme alla combattiva artista statunitense che, incurante dell’aver già superato gli 80 anni, rievoca con vividezza ricordi adolescenziali e in modo altrettanto immediato analizza il presente, o meglio la necessità di “fare qualcosa”.
La sua arte, fatta di terra e istantanee, di luoghi e delle tracce che il tempo vi sedimenta, è sicuramente un conforto in un mondo “in pericolo“, ma è anche un antidoto: “Non potrà risolvere tutti i problemi“, ma lo stesso preserva memorie ancestrali – “il paesaggio costiero, dove terra e mare si incontrano, nella sua semplicità incontaminata porta ancora con sè il ricordo del tempo in cui i primi esseri senzienti abbandonarono l’acqua per la terraferma”. Partendo dalla fascinazione per l’arte pre-colombiana della giovinezza, Michelle Stuart ha ripercorso il tempo di interi ecosistemi, facendo di fossili e semi altrettanti simboli esistenziali. Rendendosi portatrice di un’arte che, più che viva, “tiene in vita” la memoria organica del mondo.
LE ATMOSFERE FAMILIARI DI NANCY
L’incontro con Nancy Shaver (Appleton 1946) si svolge in un’atmosfera ovattata, quasi familiare con l’artista seduta tra il marito e la sorella. La pittrice, scultrice e fotografa newyorchese anima l’incontro raccontando del rapporto molto forte con la letteratura, che è da oltre quarant’anni un punto di partenza fondamentale per la sua ricerca. Il discorso si dipana tra racconti personali (la descrizione dello studio di New York, semplice e spartano, dove la Shaver trascorre la maggior parte del suo tempo, ma anche l’emozione di ricevere l’invito dalla Macel per partecipare alla Biennale) e chicche lavorative (la passione per il collezionismo di oggetti di ogni tipo che ha dato vita ad Henry, un negozio nel cuore di Hudson gestito dall’artista che sceglie personalmente i pezzi da vendere). È sul suo ruolo di insegnante presso il Bard College e sul suo rapporto con le giovani generazioni che si concentrano molte domande. La Shaver sottolinea come lo scambio e il dialogo tra persone di età diversa sia un atto urgente e necessario, oltre ad essere uno stimolo alla creazione artistica.
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