Biennale di Venezia. L’Azerbaigian raccontato da Elvin Nabizadeh

Intervista a uno degli artisti che animano il Padiglione Azerbaigian, ospite per la terza volta della Biennale di Venezia. Una panoramica su un Paese e una storia creativa fatti di complessità e affascinanti intrecci.

L’arte azerbaigiana vive di contrasti. Era chiaro fin dalla prima partecipazione alla Biennale di Venezia quando, a rappresentare la terra del vento e del fuoco, erano state le opere di Farid Rasulov con un mix vetri colorati (le antiche finestre “Shebeke”) e cemento (la modernità che avanza). Anche oggi, come allora, alla sua terza partecipazione alla Biennale, l’Azerbaigian usa, rilegge e mette in mostra contrasti, come testimonia l’esposizione a Palazzo Lezze dal titolo Sotto un unico sole. L’arte di vivere insieme, curata dal professor Martin Roth e da Emin Mammadov, il cui fulcro sono le diversità linguistiche, etniche e religiose che da secoli coesistono e si contaminano nel Paese, trasformandosi in ricchezza culturale.
Le opere in mostra sono affidate agli artisti azerbaigiani del gruppo Hypnotica – specialisti in progetti multimediali e di video mapping – e all’installatore e scultore Elvin Nabizadeh. Proprio con quest’ultimo abbiamo deciso di approfondire la sua esperienza alla Biennale e più in generale la fucina artistica azerbaigiana.

Come si è sviluppata la tua carriera artistica e quali sono stati i passi più importanti?
Provengo da studi artistici classici. Durante la mia esperienza all’Accademia non riuscivo a immaginare di diventare un “professionista”, ero concentrato maggiormente sulla storia dell’arte. La svolta, per me, è stata nel 2011 quando ho iniziato seriamente a pensare al significato della mia arte e ho incontrato l’arte contemporanea. Un ruolo fondamentale l’ha avuto la mia esperienza presso lo Zavot (in italiano fabbrica) a Baku. Uno spazio d’arte contemporanea dove ho avuto modo di fare le mie prime esposizioni e i miei primi lavori. Da questo momento in poi ho iniziato a “professionalizzarmi” sulla mia arte con un’attenzione speciale ai materiali come nell’esposizione From waste to art, dove abbiamo utilizzato materiali di scarto per creare arte.

57. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia 2017, Padiglione Azerbaigian, Hypnotiva, Traffic. Image courtesy of Ugo Carmeni

57. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia 2017, Padiglione Azerbaigian, Hypnotiva, Traffic. Image courtesy of Ugo Carmeni

L’arte azerbaigiana è il riflesso della sua straordinaria multi-cultura fatta di popoli, linguaggi e religioni che convivono da tempi remoti. Che influenza ha tutto questo sull’arte?
Molto forte. Io stesso sono nato in Georgia, un Paese cristiano, e poi mi sono trasferito a Baku. Qui ho amici e colleghi di fede ortodossa, musulmana ed ebrea. Tutti viviamo insieme e ci confrontiamo quotidianamente creando un interessante mix culturale nel più totale rispetto reciproco. Anche durante i miei studi accademici ho approfondito culture diverse prendendo ciò che ritenevo più interessante e cercando di farlo mio.

Come è stato l’impatto con la Biennale di Venezia?
Quando ho avuto l’opportunità di partecipare alla Biennale, come prima cosa ho cercato un aiuto sia logistico che economico, per poter affrontare questo impegno e, fortunamente, Emil Mammadov e l’Heydar Aliyev Foundation mi hanno sostenuto. Era la prima volta che esponevo in Europa. Per quanto riguarda la città avevo solo un’idea fotografica di Venezia e quando sono arrivato per la prima volta è stato emozionante. Uno spazio incredibile con una storia formidabile alle spalle. Ho provato la strana sensazione di “non poggiare i piedi su alcun suolo”.

57. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia 2017, Padiglione Azerbaigian, Elvin Nabizadeh

57. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia 2017, Padiglione Azerbaigian, Elvin Nabizadeh

Modernità e tradizione sono le parole chiave per comprendere l’Azerbaigian. Questo binomio è importante nell’arte?
Per quanto mi riguarda molto. Credo che nell’arte si debba mostrare il valore delle cose dopo averle perse e, in un qualche modo, ricrearle in maniera moderna. In questo modo si riconosce la bellezza del passato. Inoltre in ogni mio progetto cerco di cambiare soggetto e materiali. Sono passato dal legno al metallo e poi alla roccia anche se, negli ultimi due anni, sto approfondendo gli strumenti musicali come soggetto. Prima di tutto per una questione sentimentale. Sono gli strumenti che ho visto e toccato da piccolo, di mio padre. E ora che ho perso tutto questo cerco di ricrearli anche attraverso i suoni, come nelle musiche di sottofondo alla mia esposizione a Venezia. Tuttavia la mia è un opera fragile esattamente come il suono degli strumenti che ho utilizzato nelle installazioni.

L’Azerbaigian è un crocevia tra occidente e oriente. Quali di questi mondi ti ha influenzato maggiormente?
Durante l’Accademia sicuramente l’arte occidentale. Ma ora sto cercando di trovare una vena artistica orientale da poter aggiungere alla mia visione. In definitiva è il mix tra queste correnti a creare l’arte Azerbaigian. È come un codice genetico con diverse influenze culturali che sento profondamente nel cuore.

57. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia 2017, Padiglione Azerbaigian, Elvin Nabizade, Under One Sun, 2017. Image courtesy of Javid Guliyev

57. Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia 2017, Padiglione Azerbaigian, Elvin Nabizade, Under One Sun, 2017. Image courtesy of Javid Guliyev

Che ruolo dai alla tua arte?
L’arte per me è molto collegata con la morale e la maturità di un individuo. Ogni persona cerca di creare qualcosa per soddisfazione e per la necessità di indipendenza nell’esprimersi. L’arte per me è un concetto molto individuale. Dal momento in cui si mette il proprio nome su un’opera, questa diventa espressione di se stessi.

Come vedi l’arte contemporanea in Azerbaigian?
Negli ultimi anni c’è un buon fermento soprattutto per quanto riguarda l’arte contemporanea. Rispetto a dieci anni fa il numero di artisti sta crescendo. L’unica cosa ancora un po’ debole è il pubblico. Ma sono fiducioso.

Francesco Neri

www.labiennale.org

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