Hsiao Chin – Una collezione
La Fondazione Marconi presenta per intero la sua collezione di opere di Hsiao Chin in un’ampia retrospettiva a lui dedicata.
Comunicato stampa
“La creatività nell’arte corrisponde a un mezzo,
a un’esperienza molto utile per arrivare al risveglio
della coscienza e per raggiungere un dignitoso stato
di autocoscienza. Io impiego il medium della pittura
e della scultura come altri utilizzano la filosofia,
la meditazione, il misticismo, la religione, ecc.”
(Hsiao Chin, 2005)
Hsiao Chin. Una collezione
Inaugurazione: 23 maggio 2017 dalle ore 18,00
dal 24 maggio al 15 settembre 2017
La Fondazione Marconi presenta per intero la sua collezione di opere di Hsiao Chin in un’ampia retrospettiva a lui dedicata.
Nato a Shangai nel 1935, Hsiao Chin compie gli studi a Taiwan. Dopo aver fondato in Cina una prima avanguardia astratta con il gruppo Ton-Fan, sbarca in Europa con una borsa di studio.
Si reca dapprima in Spagna, a Barcellona e Madrid, dove conosce Joan Miró e Antoni Tápies, poi a Parigi, per approdare infine a Milano nel 1959. Qui entra in contatto con l’avanguardia artistica, da Lucio Fontana a Piero Manzoni, Roberto Crippa ed Enrico Castellani, solo per citarne alcuni.
Il clima sperimentale e di ricerca che si respira in questi anni a Milano si sovrappone alla sua cultura orientale. Tuttavia, Hsiao Chin non dimenticherà mai gli insegnamenti del pittore Li Chun-Shan, suo maestro, e approfondirà nel tempo, attraverso numerose letture, lo studio delle filosofie orientali, considerando sempre il suo percorso artistico una continua ricerca spirituale.
Evidenti in tutta la sua produzione sono i richiami ai principi del taoismo filosofico di Lao Tse (570-490 a.C.), basato sulla dualità degli elementi, sul continuo alternarsi e ricomporsi dell’equilibrio fondamentale dello yin e dello yang, opposti e complementari al tempo stesso.
Mai refrattario nell’intraprendere nuove esperienze, sempre all’insegna dell’astrattismo, Hsiao Chin fonda nel 1961 il gruppo Punto con Antonio Calderara e Dadamaino, tra gli altri, e nel 1978 il movimento artistico internazionale Surya.
A New York (dal 1967 al 1971) entra in contatto con personalità del calibro di Mark Rothko, Willelm de Kooning, Robert Rauschenberg, Roy Lichtenstein, Sam Francis. Ciò determina nella sua pittura “un nuovo corso” che riecheggia nei titoli di alcune sue opere, in cui appare evidente l’avvicinamento al minimalismo americano e alla pittura hard edge di natura quasi costruttivista.
Conclusa la parentesi oltreoceano rientra a Milano, dove riprende con ancor più vigore ed entusiasmo il fortunato sodalizio con Giorgio Marconi e la sua galleria, iniziato nei primi anni Sessanta. Molte infatti sono le mostre a lui dedicate negli anni dal gallerista milanese.
Questo omaggio è l’ennesima testimonianza della sua lunga amicizia con il maestro che, tra i primi, ha fatto parte integrante della lunga storia di Studio Marconi.
Vi sono esposti oltre duecento lavori, dalle gouaches e inchiostri su carta di riso – materiale prediletto – in cui dominano i riferimenti ai principi del Tao e i rimandi alla calligrafia cinese, agli acrilici su tela, permeati dalla ricerca di un’armonia tra vuoti e pieni, bianco e colore, meditazione e gestualità; dalle radiose composizioni solari, caratterizzate da colori intensi che emanano da un nucleo centrale, ai lavori dedicati agli elementi naturali, alla “grande soglia”, al massacro di Tienanmen.
Se da un lato i dipinti di Hsiao Chin possono far pensare a una pagina scritta in cui l’artista fa appello alla simbologia orientale, realizzando un messaggio fatto di segni sottili, quasi ideogrammi, cui si alternano forme geometriche evocatrici di significati atavici e condivisi (cerchi, quadrati, spirali…); dall’altro le sue audaci scelte cromatiche, cariche di energia, e le pennellate, talvolta frenetiche e sfavillanti, talaltra più liquide e calibrate, appaiono “occidentali”, lasciando a tratti intravedere un Rothko, un Matisse, un Malevich…
Non è facile definire se il linguaggio visivo occidentale di Hsiao Chin traduca di fatto un messaggio intrinsecamente cinese. Sicuramente, a seconda della prospettiva da cui si guarda una sua opera, se ne possono trarre interpretazioni diverse e il felice connubio di matrice orientale ed espressività gestuale identificano il punto di forza e il carattere distintivo della sua arte.
“Un orientale e un occidentale ammirano una sua opera con occhi diversi, se non altro perché un certo grado di dimestichezza, o di mancanza di dimestichezza, con gli ideogrammi e con gli stili calligrafici fa una differenza, però rappresentanti di indirizzi culturali distanti tra di loro si trovano infine coinvolti in una esperienza che permette a tutti di accedervi in autonomia.” (A. Tagliaferri, in Hsiao Chin, ed. Cambi, Milano 2009)
Hsiao Chin coniuga dunque perfettamente l’Oriente delle pratiche spirituali e l’Occidente delle sperimentazioni artistiche e l’arte, da lui intesa come percorso di crescita e conoscenza, è in fin dei conti un viaggio spirituale, attraverso il tempo e lo spazio, che va al di là di qualsiasi limite geografico e culturale.
“Oggi la questione se la mia arte sia cinese o globale non è più importante per me. Cerco di andare oltre questi confini, con l’intento di creare nuove opere che non siano condizionate da tecniche e idee.” (Hsiao Chin, 2016)
Note biografiche
Hsiao Chin nasce a Shangai nel 1935 e, dopo i primi studi d’arte, nel 1956 partecipa alla fondazione del gruppo Ton-Fan, che raccoglie pittori di tendenza astratta. Grazie a una borsa di studio istituita dal governo spagnolo si reca a Madrid e a Barcellona, dove nel 1957 ha la prima personale e una collettiva dedicata al gruppo Ton-Fan. Alla fine degli anni Cinquanta si stabilisce a Milano, dove inizia a esporre regolarmente da Giorgio Marconi. Nel 1961, insieme ad Antonio Calderara, fonda il movimento Punto, al quale si aggiungono membri dell’avanguardia internazionale. La sua ricerca fonde elementi della cultura e della spiritualità orientale con la profonda conoscenza della modernità artistica occidentale. Con esiti vicini alla pittura della colorfield abstraction, le sue tele presentano stesure di colore fluido che si dispongono in superfici incorporee e vibranti, animate dall’energia interna dei campi cromatici.
Dopo lunghi soggiorni a Londra, Parigi e New York torna a Milano nel 1971 e inizia a dedicarsi all’insegnamento (prima all’Istituto Europeo di Design, poi all’Accademia di Belle Arti di Brera). Nel 1988 lo Studio Marconi gli dedica una prima grande retrospettiva. L’anno seguente inizia la serie Dalla primavera di Pechino al massacro di Tiananmen, ispirata ai drammatici eventi del 1989, mentre il ciclo La grande soglia, che realizza a partire dal 1990-91, nasce da una riflessione sulla vita e sulla morte dopo la scomparsa della figlia Samantha. Tra le principali esposizioni degli ultimi anni vanno ricordate le retrospettive di Taichung (1992), Taipei (1995), a Milano nel 2002 presso lo Spazio Oberdan, la Fondazione Mudima, Giò Marconi e la galleria Lattuada; al National Museum of Art di Beijing (2006) e alla Triennale Bovisa di Milano (2009).
Nel 2011 l’Académie Royale des Beaux-Arts e il Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain di Liegi gli dedicano una grande mostra. Nel 2012 è al Taipei Fine Arts Museum, nel 2013 alla Fondazione Marconi con la mostra Hsiao Chin. Opere su carta. Negli anni seguenti continua a svolgere un’intensa attività espositiva in Italia e all’estero; tra le mostre più recenti figurano: Hsiao Chin. Un viaggio attraverso l’universo alla galleria Robilant & Voena di Milano e al National Taiwan Museum of Fine Arts di Taichung (Taiwan) nel 2015 e la personale Hsiao Chin. The Universe Energy alla Die Galerie di Francoforte nel 2016.